Da martedì 10 aprile a domenica 6 maggio, debutta al Teatro Bellini in prima assoluta L’ultimo Decamerone, uno spettacolo di Stefano Massini, con la regia di Gabriele Russo, in collaborazione con la Fondazione Teatro di San Carlo.
Si tratta di una rielaborazione del Decamerone di Giovanni Boccaccio, influenzata da una concezione novecentesca del romanzo e del novellare. In un’epoca in cui è già stato detto tutto, l’atto del raccontare appare arduo e frustrante, tanto da svuotarsi del suo ruolo catartico e porre gli scrittori su una strada difficoltosa.
«A volte, dopo tanto narrare mi chiedo: ancora?» Riecheggia dal palco, perché il racconto ha sete di una sola cosa: guardarsi intorno, scrutare la gente, poi scoprire una nuova melodia. Narrare non significa “dire”, ma “inventare”.
Stefano Massini seguendo questo filo conduttore intende lui stesso evitare i soliti luoghi comuni che gravano intorno il Decamerone di Boccaccio e lasciare ben scoperto solo lo scheletro con la pregnanza del suo significato. A cavallo tra i valori antichi e quelli moderni emerge quindi l’urgenza del narrare, in tutti i suoi meccanismi e nel suo fine più puro: salvare se stessi e i propri valori, ritrovare la strada proprio nel racconto.
Massini così immagina che i dieci personaggi del Decamerone, forse per timore o per semplice casualità, non siano più usciti dal loro rifugio dalla peste. Nessuno li ha mai più visti, finché di loro non si è perso memoria, come se fossero stati risucchiati dal luogo che hanno abitato e che hanno animato per tanto tempo, all’improvviso scomparsi nel silenzio.
Come testimoniato dal regista Gabriele Russo, si tratta di un’opera molto distante da una qualsiasi analisi filologica dell’originale, ma ricca di rimandi ed evocazione di temi ed atmosfere. In questo modo si è andata delineando un’unica storia, costellata da altre narrate, in cui lo spettatore può riconoscere i propri beniamini, i quali però vivono ora situazioni rocambolesche o tragiche, con sfumature diverse rispetto alle solite. Così Massini scrive di Simona e Pasquino che si nascondono da una guerra e cercano disperatamente di fuggire dalla morte, illudendosi di poter vivere da soli e per sempre; mentre Calandrino si vendica di tutte le cattiverie subite da coloro che lo additavano come “scemo del villaggio”.
Questo lavoro monumentale consta di un cast di sole attrici donne, scelta non casuale.
Da un lato si rispecchia la volontà di Boccaccio di voler dedicare l’opera alle donne sole e annoiate («E chi negherà questo, quantunque egli si sia non molto più alle vaghe donne che agli uomini convenirsi donare?»), dall’altra sembra anche capovolgere l’antica usanza teatrale di far recitare solo gli uomini, costretti quindi ad interpretare ruoli femminili. L’ultimo Decamerone dà quindi spazio alla donna riuscendo anche a creare un importante effetto:
Gabriele Russo ha deciso, infatti, che tutti i personaggi maschili della riscrittura di Massini fossero rappresentati da donne per evidenziare la forte presenza dell’uomo proprio tramite la sua assenza. Inoltre, la partecipazione di sole attrici donne mette in secondo piano la mimesi che deve esistere tra attore-personaggio, ponendo in primo piano la rappresentazione totale della scena proposta.
Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnieri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro e Chiara Stoppa si ritrovano quindi in un luogo fermo nel tempo, intrappolate in una dimensione quasi onirica, sole e isolate, con un mucchio di storie già sentite e già raccontate, da cui cercano di trarre delle varianti per riscoprire la vitalità che può nascere da questo Decamerone.
Sulle musiche di Nello Mallardo e le coreografie di Edmondo Tucci, il corpo di ballo del Teatro San Carlo incornicia il genio di Massini. I ballerini hanno interpretato le proiezioni delle attrici e i sentimenti e le conseguenze emotive nate dalle loro novelle. Diventano espressione di gioia e di dolore, di afflizione d’amore e di coronamento dello stesso; entrano nelle scene come personaggi, assumono il ruolo di scenografie umane e comunicano il loro sentire.
È questo uno spettacolo che fa bene all’animo, in una società come quella attuale bombardata ogni minuto da contenuti di ogni tipo e che quindi è alla disperata ricerca dell’originale e del nuovo, che non esiste e sembra non poterci mai soddisfare.
Alessia Sicuro