Tra le fobie più diffuse figura, senza ombra di dubbio, la belenefobia che altro non è che la comunissima paura degli aghi, siringhe, pezzi di vetro, o più in generale, qualsiasi tipo di oggetto tagliente o appuntito. Circa il 10% della popolazione italiana ne soffre.
Insomma per un gran numero di italiani, e non parliamo solo di bambini, fare un semplice prelievo o un’iniezione sono situazioni vissute con paura irrazionale e spesso accompagnate da episodi d’ansia ingiustificata.
C’è una giovane infermiera che, tuttavia, ha deciso di trasformare un “mezzo” che in molti crea senso di fastidio e disagio, in uno strumento di bellezza: stiamo parlando di Kimberly Joy Mallo Magbanua, infermiera filippina di 24 anni, che ha avuto la brillante idea di utilizzare vecchie siringhe per dipingere.
Come racconta Kimberly, la singolare intuizione le è venuta mentre svolgeva regolarmente il suo lavoro: somministrando i farmaci ai suoi pazienti, si è immaginata come sarebbe stato “iniettare l’arte“.
«Inietta un po’ di arte nella tua vita per renderla più colorata.»
La maggior parte delle sue opere si staglia su sfondi neri: vivaci, colorate e “vive”; in qualche modo in contrasto con l’idea associata alle siringhe che, anche nel caso in cui non generassero paura, sono comunque ricollegabili a una situazione di turbamento o rottura di normalità. La sensazione di contrasto è ben richiamata anche dalla contrapposizione tra il nero dello sfondo e i molteplici colori che la giovane infermiera utilizza.
In un certo senso, Kimberly con la sua arte va a ricreare una dimensione speciale: a tratti esotica e, pur scegliendo soggetti ordinari, li rappresenta in un modo che non ha nulla di comune o convenzionale.
E non si fa semplicemente riferimento alla natura bizzarra del mezzo che impiega per creare, ma anche e soprattutto all’effetto che l’utilizzo della siringa, al posto di un pennello, crea sulla tela.
Amante dell’arte fin dalla più tenera età, Kimberly ha trovato il modo per distinguersi da altri giovanissimi aspiranti artisti come lei. Per creare ogni opera, impiega dalle tre alle cinque ore.
Spinta da un’intuizione, che potremo anche definire geniale, Kimberly ha deciso di sperimentare questa insolita tecnica pittorica, inventando così dal nulla, un suo stile e un suo modo di esprimerlo.
“Kristo“, la prima opera che realizza utilizzando questa tecnica pittorica, in qualche modo è solo uno schizzo. Nasce utilizzando una tela bianca, vernice nera e un soggetto che definire popolare nell’arte è riduttivo. Ciò che fa da spartiacque con mille altri bozzetti e tele è semplicemente la facilità con cui riesce a rompere gli schemi.
Il risultato è sorprendente e allora Kimberly decide di imboccare questa strada, di diventare quella che potremo etichettare come “l’artista con la siringa”, dando così il via a una serie di esperimenti che man mano portano alla luce opere sempre più articolate, che mescolano e ricreano effetti cromatici particolari. Prendono vita colorati dipinti di uccelli, pesci e trovano spazio figure umane e volti sacri.
Il mantello rosso vivido della “Little Red Riding Hood” rappresenta, paradossalmente, il colore del sangue e non lascia dubbi sulla sua identità. È un’opera che Kimberly ha deciso di creare per accompagnare una poesia che ha scritto: oltre che pittrice e infermiera, la giovane ragazza è, infatti, anche una poetessa. Un’artista a tutto tondo, insomma.
E forse Kimberly è proprio la dimostrazione che quando c’è talento e voglia di fare, i mezzi che si hanno a disposizione sono irrilevanti. Perché l’arte nasce anche così.
“Iniettare arte” è probabilmente il modo più giusto di definire quello che fa Kimberly. Dal nulla crea opere che già di per sé sono notevoli, ma è il modo in cui nascono che le rende uniche.
È riuscita a prendere un qualcosa che, nell’immaginario collettivo, è associato a paura o, più comunemente, a disgusto e l’ha reso un mezzo per creare. La siringa è diventata “flessibile” tra le sue mani e non è l’artista che si piega al mezzo, ma è quest’ultimo che deve sottostare alla volontà di chi lo impugna.
Perché l’arte deve fare anche questo. Deve, in qualche modo, piegare la definizione di ciò che è normale. Deve rompere le convenzioni e spostare i confini, perché non esistono barriere imposte che non possano essere scardinate.L’arte non va solo contemplata, l’arte vera deve creare una tregua dal mondo attraverso gli universi paralleli in cui può trascinare.
Non ci sono regole o linee da seguire, perché il linguaggio dell’arte è universale e non segue consuetudini. È quello spazio sconfinato in cui ognuno trova il posto giusto per esprimersi come meglio può e come meglio crede.
Kimberly si mette in mano una siringa e “inietta” colori su tela.
Il contrasto che dovrebbe esistere tra ciò che è considerato raccapricciante e ciò che è, contrariamente, meraviglioso viene colmato e il risultato sono opere che uniscono due significati di per sé inconciliabili; l’uno dovrebbe esprimere il contrario dell’altro eppure l’equilibrio è perfetto.
E anche questa è arte.
Vanessa Vaia