Al Giffoni Film Festival il film
https://www.giffonifilmfestival.it/en/film-edition-2021/260-generator-18/4930-cowboys.html

I giurati del Giffoni Film Festival, come ogni anno, si ritrovano a vedere, dibattere e valutare i film in concorso della propria categoria che toccano sempre tematiche differenti. “Cowboys” è il titolo del settimo film in concorso per la categoria dei Generators +18, prodotto negli Stati Uniti nel 2020 dalla regista Anna Kerrigan. Il film segue la storia di Joe, un bambino transgender, e del padre Troy, affetto da bipolarismo, in fuga tra le montagne dello stato del Montana.

Joe (Joesy) Johnson non ha mai sentito il corpo in cui vive come “suo”, sapeva da sempre di essere un maschio: odiava portare i capelli lunghi, i vestiti e gli stivali rosa, privilegiava attività maschili che non andavano d’accordo con il suo aspetto. Si rivedeva nelle storie dei cowboys che gli raccontava il padre e voleva diventarne uno. Un giorno decide di raccontare la verità al padre Troy perché l’unico in grado di capirlo: all’inizio il padre non capisce bene cosa sta cercando di dirgli, «sei un tomboy e non vuoi più indossare vestiti, ho capito» gli dice, scatenando una reazione forte del figlio che gli spiega «i tomboy sono un altro tipo di ragazze, sono nel corpo sbagliato, sono un maschio!». Tory ne parla con la moglie Sally, la quale non vuole credere alle parole del marito, accusandolo di aver deviato la figlia con i suoi racconti sui cowboys e gli chiede di allontanarsi da loro. Il clima in casa diventa insostenibile: Sally non permette a Joe di vivere in armonia con se stesso, lo veste come una bambina, vuole che si comporti come tale e quando, durante alcune compere, Joe chiede di acquistare delle pistole giocattolo da cowboy ed altri accessori, la madre si arrabbia riponendo i giochi al loro posto e trascinandolo via. Il punto di rottura di Joe arriva la sera stessa quando, una volta a letto, la mamma, dandogli la buonanotte gli dice «tu hai un solo corpo, una sola strada e Dio ha un piano», allora Joe chiama il padre e gli chiede di salvarlo. Troy arriva e inizia la fuga tra le montagne del Montana per arrivare in Canada. Non sono poche le difficoltà affrontate durante il viaggio: la macchina si rompe e rubano il cavallo di un amico, Troy perde le medicine per salvare il figlio dalla corrente del fiume che lo stava trascinando via causando quindi difficoltà per il suo stato di salute. Joe infatti inizia a preoccuparsi perché l’euforia del padre è eccessiva, alternata a momenti di rabbia che non sa come gestire. Nel frattempo la polizia locale è sulle loro tracce. Quando finalmente riescono a trovarli, quasi a confine con il Canada, la polizia vede Troy armato, pronto in realtà a deporre le armi, e gli sparano davanti agli occhi di Joe. La conclusione del film vede un lieto fine: Troy sconta la sua condanna in carcere dove studia grazie a dei corsi che si tengono lì, Sally accetta il figlio e Joe può essere finalmente se stesso.

Durante il dibattito sono state rivolte tante parole positive sul film, ma tra le domande che la giuria ha potuto rivolgere alla regista collegata con il festival di Giffoni via Skype, ne spicca una in particolare di critica al film «non mi è piaciuto come lei ha mostrato la madre, facendola passare per quella cattiva che non accetta il figlio transgender, quando in realtà voleva solo aiutare la figlia, mentre il padre viene messo su un piedistallo come il salvatore del bambino», la risposta della regista è stata abbastanza forte «il mio compito è quello di creare una scossa nell’audience, non sono d’accordo con quello che dici, ma almeno sto creando un dibattito su una tematica importante come quella della transessualità. Quello che ho mostrato sono cose che succedono, un genitore può rinnegare il figlio all’inizio e poi capire le ragioni della sua scelta.» Purtroppo si tocca sempre la stessa questione: quello che si ritiene “diverso” viene visto con disprezzo e paura, molte volte ci si nasconde per paura del giudizio altrui, perché gli altri non riescono a capire. È questo quello che si vede con Sally: lei in primis non capisce il figlio transgender, perché legata alla sua visione del mondo, della sessualità anche collegata alla religione dove esiste solo l’uomo e la donna e non si può cambiare, mentre, per esempio, nell’ultima scena del film, mentre Joe è sull’autobus per andare a scuola i bambini non si fanno domande sul perché lui da femmina sia diventato maschio, sono più incuriositi dall’avventura che ha vissuto.

Joe quindi attraverso le storie avventurose dei cowboys è riuscito a trovare la forza di essere se stesso e pronto a perdonare la madre che all’inizio non lo capiva e che lui detestava per questo. Il film è riuscito a inviare il suo messaggio: anche se gli altri non riescono ad accettare come siamo, non si può vivere nell’ombra per sempre, prima o poi loro lo accetteranno, nel frattempo è meglio vivere liberi.

Gaia Russo

Eterna bambina con la sindrome di Peter Pan. Amante dei viaggi, della natura, della lettura, della musica, dell'arte, delle serie tv e del cinema. Mi piace scoprire cose nuove, mi piace parlare con gli altri per sapere le loro storie ed opinioni, mi piace osservare e pensare. Studio lingue e letterature inglese e cinese all'università di Napoli "L'Orientale".

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