Il genio artistico di Escher in mostra al Palazzo Reale di Milano fino al 22 gennaio 2017.
Con Escher si ribaltano alcune concezioni dell’Arte e non soltanto da un punto di vista tecnico: è indubbio che siamo di fronte ad un artista geniale, capace di fondere scienza, arte, geometria, ma anche e soprattutto di fronte ad un artista sopravvissuto allo scorrere del tempo ed ancora oggi capace di influenzare il cinema, la letteratura, i fumetti. Un’opera come Relatività è nota a tutti gli amanti dei The Simpsons, ma in pochi probabilmente l’avrebbero associata al volto e al nome di Maurits Cornelis Escher.
Un artista le cui opere sono note ai più, ma il cui nome è sconosciuto alla maggior parte. Un paradosso, a ben pensarci. Ed è proprio questa sensazione di familiarità che si assapora fin da subito, non appena si scosta il velo nero e ci si immerge in quella che è sicuramente molto di più di una semplice esposizione. Per la prima volta è possibile ammirare una retrospettiva quasi completa, con più di 200 opere, e non è un caso che la mostra abbia sede in Italia: Escher ha trascorso moltissimo tempo in Italia, in special modo nel sud che egli amava particolarmente – il viaggio di nozze ad Atrani, ad esempio – affascinato soprattutto dal paesaggio che, in più di un intervista, ha affermato essere il più bello del mondo.
La mostra, suddivisa in sei sezioni, cerca di ripercorre tutta la vita artistica di Escher: la prima sezione è, giustappunto, dedicata al periodo trascorso in Italia e le opere, principalmente miniature, hanno come soggetti dei paesini arroccati sulle montagne – Alfedena, in Abruzzo – squarci di centri storici, ma è una piccola xilografia raffigurante il Vesuvio la sua prima opera dedicata all’Italia.
Un artista sempre molto attento ai movimenti a lui contemporanei: in un’opera come Il Secondo Giorno della Creazione è chiara l’ispirazione orientale, molto vicina alle incisioni dei maestri giapponesi come Hokusai, Hiroshige e Utamaro – anche loro esposti al Palazzo Reale in questo periodo e fino al 29 gennaio – ma è già ben individuabile la passione di Escher per l’uso del bianco e del nero, delle ombre, dell’alternanza statica in grado di simulare l’illusione del movimento. Così come la suddivisione dello spazio in modo regolare, individuabile in opere come Bellezza, riesce a restituire una percezione di buona forma e allo stesso tempo fornisce una struttura ben riconoscibile, ripetibile potenzialmente all’infinito.
Una mostra che non è soltanto una semplice mostra grazie al tentativo dei curatori di spingere il pubblico a comprendere e giocare con le invenzioni di Escher attraverso una serie di esperienze ludiche: piccoli giochi in grado di illustrare praticamente, senza troppi giri di parole, concetti – spesso matematici – cari all’artista e presenti nelle sue opere. La legge del pieno e del vuoto, la buona forma, la legge di prossimità, la legge del concavo e del convesso, la legge di continuità, tutti principi sui quali sarebbe possibile spendere degli interi saggi ma per i quali risultano invece efficacissimi questi giochi intuitivi e immediati.
Tra i soggetti delle opere di Escher ritroviamo anche animali, rettili ed insetti su tutti. Cavallette, scarabei, farfalle e camaleonti. Un mondo infinito di ispirazioni e di stimoli quello a cui ha attinto: dalla natura, alla geometria, sfidando l’irraggiungibile infinito attraverso l’escamotage delle forme ripetute e dei collegamenti logici che vede nell’opera Metamorfosi II il più grande dei suoi capolavori. Un’opera circolare, chiusa in sé stessa, ma potenzialmente illimitata: indescrivibile e assolutamente da ammirare. E io mi fermo qui, invitandovi a lasciarvi travolgere anche voi dalla eschermania.
Francesco Spiedo