Il fenomeno Hikikomori trae origine dal contesto sociale giapponese. Il termine, coniato negli anni ’80 e composto dai verbi hiku (tendere) e komoru (ritirarsi), nel suo insieme significa ‘stare in disparte’ e sta a designare chi rifugge dalla società a lungo termine per evitare l’ambito scolastico o lavorativo. Errato è pensare che questa tipologia di alienazione afferisca ai ragazzi che giocano compulsivamente ai videogames; per questo esiste una categoria a parte: gli otaku, coloro che, in realtà, sono oltremodo appassionati di fumetti, cartoni animati o videogiochi. La condizione psicologica degli hikikomori, invece, riflette dinamiche più complesse e profonde. Tentare di avvicinarsi alla cultura orientale, cercare di comprenderla ed emularla è desio di molti, ma i propugnatori del suo ascetico modo di pensare così lontano dal nostro e dei suoi affascinanti usi e costumi non sempre riescono a figurarsi i danni collaterali con cui questa comunità deve fare i conti. Il mondo giapponese, edulcorato dagli anime e dai manga, nasconde un lato oscuro della società nipponica che riverbera nel quotidiano, instaurando meccanismi troppo spesso letali.
Che succede quando una realtà così astrusa come quella giapponese sottopone i ragazzi a considerevoli pressioni sociali? Il paese del Sol Levante va a configurarsi su un rigido schema sociale costituito da regole gerarchiche e una smodata centralizzazione del lavoro. Si paga di più o di meno in base all’età, più si è maturi più si è costretti a versare un’ingente somma di denaro. Molto diffuso è il fenomeno Karoshi, concernente un’altra piaga sociale; il termine indica, infatti, la morte causata dal troppo lavoro. Il suicidio in Giappone è, purtroppo, all’ordine del giorno e, risultando una consuetudine, non inquieta tantomeno rattrista la popolazione, il che comporta un’inevitabile disumanizzazione. La scuola sottopone a delle allarmanti pressioni psicologiche i ragazzi, i quali avvertono non solo il peso sociale rispetto alla classe di appartenenza (può capitare di essere sfruttati per svolgere determinate mansioni solo perché delle prime classi), ma devono anche competere sin da piccoli per una corsa frenetica all’arrivismo. Vige un sistema scolastico molto ferreo e selezionato. I giovani decidono così di ribellarsi, facendo della propria stanza il loro piccolo mondo, rifiutando qualsiasi contatto umano reale e allontanandosi dagli obblighi e dalle aspettative. La scelta di recludersi non comporta una stasi o un annichilimento, anzi si tratta spesso di menti brillanti che impiegano il loro tempo in maniera costruttiva e sapiente.
A onta dei diversi aspetti che la differenziano dalla società giapponese, l’Italia ha riscontrato un numero non molto elevato ma comunque rilevante di hikikomori. Con dinamiche differenti ma pur sempre insidiose, anche i ragazzi italiani si ritrovano ad essere vittime di bullismo, a subire vessazioni, a vivere gravi dinamiche familiari e ad osservare falsi miti mediatici. I giovani vedono così nell’isolamento l’unica barriera in grado di proteggerli dal mondo spietato che ferisce, che dilania interiormente, senza rendere conto della sensibilità altrui. La paura e l’avvilimento offuscano il cervello fino a catalizzare l’attenzione solo sugli aspetti negativi del vivere comune. Per questi motivi, è stata fondata l’associazione “Hikikomori Italia” atta a sostenere e affiancare tutti coloro che soffrono di questa sindrome. Tra gli obiettivi dell’associazione vi sono l’interazione tra gli hikikomori attraverso l’utilizzo di spazi sociali virtuali e l’immissione graduale dei genitori nella loro realtà per comprendere la scelta dei figli senza giudicarli e senza avere l’impellenza di curarli, ma rispettando i loro tempi avvicinandosi al loro mondo.
Le analisi desunte dalla contingenza della pandemia e dai suoi rapporti di causa-effetto rispetto al distanziamento sociale hanno rilevato un considerevole aumento del fenomeno. Nel 2020 un team di esperti ha prodotto un videogioco chiamato Nostalgici anonimi, una visual novel suddivisa in capitoli in cui ad avere la parola sono proprio gli hikikomori. Una storia interattiva creata passo dopo passo, in tempo reale, dai partecipanti e in cui la nostalgia viene vista paradossalmente come una malattia (natsukashii) da sconfiggere sguainando l’arma della razionalità. Lo scopo di affidare le redini del videogame ai ragazzi è creare un meccanismo di cooperazione che possa ruotare intorno al dialogo e l’ascolto. In alcune interviste gli ideatori di Nostalgici anonimi hanno tenuto a specificare soprattutto che non si tratta di un percorso psicologico, poiché non si confà allo spirito del fenomeno; vuole essere, piuttosto, puro intrattenimento che inviti a riflettere su quanto ognuno abbia effettivamente bisogno dell’altro per progredire realmente e su quanto, essendo animali sociali, non possiamo esimerci dal farne parte, nonostante qualsivoglia tipo di abuso psicologico, nonostante le delusioni, nonostante tutto.
Debora Incarnato