Stefania Formicola nasce a Scampia nell’ottavo piano della cosiddetta Vela Celeste, ma ci resta per un breve periodo perché si sposta insieme alla sua famiglia a Melito. Durante la sua infanzia e la sua adolescenza, Stefania ha cambiato spesso casa, ma il luogo in cui è cresciuta e si è formata è stato Scampia. È qui che ha frequentato le scuole, che si è avvicinata al volontariato ed è proprio in questo quartiere che ha iniziato a prendere forma la sua personalità.

Stefania amava incondizionatamente la vita, l’amava così tanto che non voleva sottostare alle ingiustizie, era sempre in prima linea per difendere i più deboli. «Potrebbe fare l’avvocato» gli dicevano i professori a scuola perché non si tirava mai indietro, era sempre pronta a battersi per la verità.

«Mi ricordo che durante l’esame di Stato litigò con la commissione – racconta Adriana, la mamma di Stefania – Mi chiamò quella mattina e me lo disse: “Ho visto delle ingiustizie. Ho detto al professore che all’orale farò scena muta e voglio vedere come si porrà nei miei riguardi considerando che in questo momento sta facendo un grosso errore nel mandare avanti persone che durante l’anno non hanno fatto niente. Solo perché sono persone di… Io non sono persona di… Non sono niente e nessuno, quello che io sto dando è farina del mio sacco”.»

Stefania alla fine si diplomò in ambito turistico commerciale e nel frattempo covava tanti sogni nel cassetto, uno in particolare: arruolarsi nell’esercito. Il 2 ottobre, nel giorno del suo compleanno, andò a fare le visite per poter accedere a quel sogno tanto voluto da bambina ma non riuscì a passare a causa di due chili in più. «Il generale che quel giorno la visitò le disse: “Stefania vai a casa e togliti questi due chili. Non ti preoccupare, hai un bel curriculum, riprovaci.” Stefania tornò a casa, ormai scoraggiata, e invece di perdere due chili, ne mise 10.»

Stefania aveva solo 18 anni e una vita davanti per capire cosa farne del proprio destino. Dopo un attimo di scoraggiamento continuò per la sua strada, continuò nel fare volontariato e per un periodo si impegnò anche nel servizio civile della Caritas. A 23 anni conobbe l’amore, o almeno quello che in apparenza sembrava l’amore.

«All’inizio vivevano in casa mia e non è mai stata una relazione sana, sempre violenta, sempre questi tira e molla, sempre questi litigi. Poi quando hanno deciso di andare a vivere in un’altra casa, lontano da noi, sono nati i problemi», sostiene la madre.

Andava via per giorni dopo i litigi, lasciando da sola Stefania con il bambino. Se ne andava, senza dire dove e quando sarebbe tornato. Sarebbe stato meglio se non fosse ritornato, ma lui da quei viaggi improvvisati ritornava puntualmente e ogni litigio era sempre più violento. Nonostante ciò, Stefania diceva a tutti di stare bene ma non era affatto così. Non l’ha mai denunciato perché aveva paura delle conseguenze, di quello che sarebbe potuto accadere.

La minacciava in continuazione, era geloso di una gelosia malata. Stefania non doveva truccarsi, non doveva mettere gli occhiali da sole scuri perché lui doveva vedere i suoi occhi cosa guardavano, non poteva avere un profilo facebook. Lui invece poteva fare tutto, lei addirittura non poteva uscire con la sorella perché conduceva una normale vita di una qualsiasi ragazza: quella di avere amici, di frequentare la palestra, di avere un lavoro.

«Lasciarono casa a Lusciano e vennero ad abitare nel mio stesso condominio. Nacque il secondo figlio. Non li ho mai visti felici, potevano stare un’ora, due ore, una giornata che sembravano la famiglia del Mulino Bianco, ma poi il giorno dopo c’erano sempre altre tragedie. Lui non ha mai lavorato, è sempre stato saltuario. Io aiutavo mia figlia fino a quando lei ha deciso di iniziare a lavorare. Prese il diploma come OSA e come OPI. Iniziò ad inviare curriculum e venne presa in una clinica per anziani e da lì è cambiata la sua vita. Era più indipendente, non è che chissà cosa portava a casa, però il solo fatto che a fine mese riusciva a pagare l’affitto e le bollette era già importante.»

Dopo l’ennesima violenza subita, Stefania decise di dire basta: lasciò la casa e insieme ai due bambini si trasferirono dai genitori. Si era decisa a chiedere il divorzio dopo sei anni in cui aveva subito stalking, violenza psicologica, violenza verbale e fisica.

Alle 5.30 di mattina del 19 ottobre 2016 Stefania esce per andare a lavoro, lui si fa trovare sotto casa. Sale in macchina con lui e la porta a Sant’Antimo, ha una pistola con tre colpi in canna e cinque in tasca, ma ne basta uno sparato sul cuore per ammazzare Stefania.

«Denunciate. Non abbiate paura di denunciare e di far riferimento ai centri antiviolenza perché loro lavorano in anonimato. Confidatevi con un’amica, con un amico, con una sorella, con una mamma, andata dai carabinieri a denunciare. Non dovete sottostare a queste persone. Il giorno che il vostro compagno vi dice di essere di sua proprietà, questo è già un campanello d’allarme. Tu non sei di nessuno, tu sei tua e basta. Ci deve essere un percorso di sensibilizzazione nelle scuole, già dalla più tenera età. Oggi non esiste più la parità, stiamo tornando ai vecchi tempi. I bambini devono rispettare le bambine. I docenti devono fare in modo di far arrivare ai bambini questo messaggio. Ci deve essere comunicazione e le donne non devono avere paura di denunciare

Maria Baldares 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui