La festa dell’Albero, che ricorre ogni anno il 21 novembre, fu celebrata per la prima volta nel 1898 su iniziativa di Guido Baccelli, che ricopriva allora la carica di Ministro della Pubblica Istruzione. Solo con una legge del 1923 fu però istituita ufficialmente e soltanto nel 1951 il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste decise che il 21 novembre sarebbe stata la giornata ufficiale.

Secondo alcune fonti L’Arbor Day (dal latino arbor: albero) nasce in America, in Nebraska, il 10 aprile 1872. Secondo altre, il primo paese a celebrare una giornata dell’albero sarebbe stato la Svezia, nel 1840. Nel corso dei decenni successivi, la tradizione si sarebbe diffusa in tutto al mondo: da Cuba, dove venne celebrata per la prima volta il 10 ottobre 1904, alla Nuova Zelanda, che l’aveva già festeggiata ufficialmente almeno dalla fine del 1892.

Già ai tempi dei Romani e dei Celti, comunque, le popolazioni pagane avevano per i boschi e gli alberi una grande devozione.

Non è un caso che proprio le radici pagane siano considerate importanti da un artista interessato agli alberi come Giuseppe Penone (1947).

Penone, il più giovane esponente dell’Arte Povera, ha esplorato le possibilità scultoree degli alberi in vari momenti della sua carriera e la sua ricerca ha forse avuto il culmine nella personale di quest’anno, Matrice. Qui Penone ha presentato un tronco di abete svuotato che, per la disposizione, ricorda, secondo Daniela Lancioni, un corpo animale.

Penone arriva a questi risultati, come detto, dopo una lunga carriera che lo ha visto prendere parte a mostre importanti come a Documenta, un importante appuntamento di arte contemporanea internazionale che ha sede a Kassel. Alla Documenta di Kassel, qualche anno dopo Penone, avrebbe partecipato anche un altro scultore contemporaneo, Joseph Beuys.

Per Beuys, «è impossibile un’attività artistica senza una presa di coscienza con la natura». L’artista tedesco nato a Krefeld nel 1921, una delle figure di spicco dell’arte concettuale del secondo Novecento europeo, ha dedicato molte opere al problematico rapporto tra l’uomo e la natura. Una di queste, I like America and America likes me (1974), consisteva in una performance che vedeva Beuys rimanere chiuso in una gabbia insieme ad un coyote, cercando di instaurare un contatto e una certa fiducia reciproca con l’animale.  Alla Documenta del 1982, Beuys ha presentato quello che per Dorfles è il suo progetto più ambizioso. Beuys dispose davanti al museo ospitante ben 7000 pietre di basalto. In cambio di una somma, le pietre potevano essere “adottate”. Con i soldi ricavati, Beuys avrebbe fatto piantare 7000 querce (questo il titolo dell’installazione). Le querce sono state già tutte piantate, ma l’installazione è potenzialmente destinata a non avere fine. Lo stesso Penone, parlando dell’importanza del tempo nella sua arte, diceva che già nei suoi primi lavori considerava «la crescita dell’albero come una proiezione nei confronti del futuro».

La figura dell’albero ha avuto una certa importanza anche per quanto riguarda il Novecento pittorico: dai quadri dei primi decenni del secolo scorso, come quelli di Mondrian raffiguranti l’albero grigio e l’albero rosso o “L’albero della vita” di Klimt, alle interpretazioni più recenti di Haring e Schifano, passando per le donne-albero di Rita Kernn-Larsen, probabilmente influenzate da alcuni quadri di Paul Delvaux.

Nel fumetto Andrea Pazienza (che si vantava – a buon diritto – di essere capace di disegnare qualsiasi cosa in qualsiasi modo) ci ha lasciato un albero come questo.

Alla fine degli anni sessanta, nel suo volume Arte Povera, Germano Celant scriveva: «animali, vegetali e minerali sono insorti nel mondo dell’arte. L’artista si sente attratto dalle loro possibilità fisiche, chimiche e biologiche, e riinizia a sentire il volgersi delle cose del mondo, non solo come essere animato, ma come produttore di fatti magici e meraviglianti.»

Negli ultimi anni, anche in seguito alla conferenza di Kyoto, il senso ecologico della Festa dell’Albero è andato acuendosi. Proteggere e piantare alberi, però, non è solo un gesto da ambientalisti, ma anche un tentativo di preservare esempi di bellezza spesso più fragili di quanto la loro maestosità faccia pensare. Poeti e artisti, in giornate come questa servono a ricordarci anche questa bellezza, il loro mistero, per prendere in prestito l’espressione di Celant, il loro essere «fatti magici e meraviglianti». Celebrare la festa dell’albero significa anche celebrarne il fascino, quello che ha portato Zagajewski a scrivere versi come quelli che aprono la poesia “Negli alberi”:

«Negli alberi, nelle loro chiome, sotto sontuose

Vesti di foglie e sottane di luce,

sotto i sensi, sotto le ali, sotto gli scettri,

negli alberi si cela, respira, palpita

una vita quieta, sonnolenta, un abbozzo d’eterno.»

Luca Ventura

 

 

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