Giornalisti, guardiani. Così il Times ha definito la categoria più bersagliata del 2018, eleggendo proprio questi “guardiani della verità”, e della libertà di stampa, persone dell’anno, con il merito di lottare per poter ottenere e divulgare la verità contro i potenti e contro i violenti. Il Times, come spesso ha fatto nella sua storia, ha anticipato i tempi: questa definizione è di qualche mese fa, e a distanza di poco tempo anche il nostro Paese si è infiammato contro la casta (così popolarmente definita) dei giornalisti.
Nelle scorse settimane, a ridosso della finale del Festival sanremese, andava in onda un episodio eclatante di questa escalation: il cantante Ultimo, preso dalla foga della competizione, in conferenza stampa post-Sanremo si scaglia contro la sala stampa; la settimana successiva viene dunque caratterizzata da un rigurgito anti-giornalistico con la limitante tendenza, ultimamente diffusa, di “fare di tutt’erba un fascio”.
Ed è così che i giornalisti in generale, dal direttore della testata più importante del Paese al pubblicista, sono stati accusati di essere corrotti, servire i potenti e di difendere a spada tratta i propri interessi senza curarsi dell’oggettività dell’informazione e dell’onestà intellettuale.
La libertà di stampa vista dal Consiglio d’Europa
A soccorrere questa tormentata categoria professionale e la libertà di stampa è arrivato il rapporto annuale del Consiglio d’Europa.
Premettiamo: questo organo non ha davvero nulla a che fare con l’Unione Europea, è infatti un osservatorio sui diritti umani e sullo stato di democratizzazione dei Paesi che fanno parte del suddetto Consiglio (quarantasette Stati membri compresi Turchia e Russia) – negli ultimi anni, ad esempio, il Consiglio ha dovuto spesso richiamare l’Italia sul tema dei diritti umani in relazione alla CEDU e al mancato rispetto dei suoi diritti fondamentali.
Tornando alla condizione dei giornalisti, questo organo redige ogni anno un rapporto sul livello di libertà di stampa in ogni Paese aderente. Il rapporto è importante non solo perché rende note le violazioni fatte da ogni Stato anno per anno, ma anche perché indica il livello di democratizzazione dell’informazione e quindi della vita pubblica di ogni Paese.
Giornalisti, una categoria da salvaguardare
I dati del Consiglio d’Europa relativi al nostro Paese sono pietosi: l’Italia è tra i paesi del Consiglio con più segnalazioni di violazioni dei diritti della stampa libera – sono ben tredici, per fare un esempio, le segnalazioni che riguardano un paese come la Russia discusso per la limitazione della libertà in ogni sua forma.
Secondo il rapporto, i giornalisti italiani non devono lottare soltanto contro le mafie locali e i gruppi criminali, perché nel 2018 sembra che i giornalisti abbiano dovuto guardarsi bene anche da chi governa: Matteo Salvini e Luigi Di Maio emergono quali responsabili di un diffuso malcontento nei riguardi della categoria in questione, questo poiché attraverso interviste e post sui social media hanno rilasciato spesso dichiarazioni ostili nei confronti della stampa libera.
Non è un caso infatti notare come le segnalazioni di violazioni sono triplicate dal 2017 al 2018, ovvero da quando questo governo ha preso il potere.
In più, sono ben ventuno poi i giornalisti italiani sotto scorta per aver ricevuto minacce dalla malavita e da gruppi criminali. Insomma una situazione tutto fuorché tranquilla per la libertà di stampa.
I giornalisti non piacciono a nessuno
Cerchiamo ora di comprende come mai l’attuale governo abbia un profondo astio per la categoria dei giornalisti. Non basta sicuramente l’aspetto economico per giustificare l’avversione gialloverde: il problema non è dei fondi che il governo può tranquillamente risparmiare cessando il flusso di denaro verso le testate giornalistiche, c’è qualcosa di più, che va oltre.
Per mestiere, un giornalista racconta i fatti, li porta alla luce e li rende noti alla gente, al popolo che tanto è a cuore ai nostri ministri. Ma la verità è particolarmente nemica di un governo che, con campagne neanche troppo velate e con una martellante presenza sui social unita a fake news e false dichiarazioni, cerca in tutti i modi di nasconderla perché particolarmente avversa alle proprie politiche.
Ad esempio, analizziamo il presunto problema della sicurezza. In campagna elettorale, tramite fake news e un incremento di notizie su piccoli crimini commessi dagli immigrati, il ministro Salvini ha fatto credere a buona parte del popolo che in Italia esista un problema di sicurezza interna che va combattuto aumentando armi, polizia, telecamere e riducendo gli sbarchi degli irregolari.
Ma, dati alla mano, siamo sicuri che l’Italia sia un paese così poco sicuro? Non è quello che molti giornalisti, anche non italiani, sostengono, dato che nel nostro Paese non si sono mai verificati attacchi rivendicati da cellule terroristiche mediorientali (a differenza di tutti gli altri grandi paesi europei) e il numero di crimini lontano dai grandi centri è tra i più bassi in assoluto, soprattutto stranieri (semmai in Italia i veri problemi di violenza sono quelli ai danni delle donne e quelli perpetrati da gruppi di stampo criminale).
Non fare “di tutt’erba un fascio”
Certo è vero, anche in questa variegata categoria (come in tutte le altre) ci sono giornalisti e giornalisti. C’è chi risponde a interessi particolaristici e chi cerca di portare le persone dalla sua parte, distorcendo la realtà e rendendo difficile discernere ciò che è vero da ciò che è falso.
Ma c’è anche chi, come i guardiani eletti dal Times, ricerca la verità, informa il popolo, le persone, e cerca di democratizzare il più possibile la vita del proprio Paese, facendo ottimo uso della libertà di stampa. La figura del giornalista è ben diversa da quella stigmatizzata che è ormai presente nella mente di tanti italiani, ed è necessario invertire questa tendenza, cercare voci che raccontano il vero e non limitarsi ad ascoltare la voce di chiunque infanghi una categoria da sempre pericolosa perché mostra le cose per quello che sono.
I giornalisti sono oggi ciò che viene comunemente definito capro espiatorio: i politici e di conseguenza le persone si sfogano contro questa ipotetica casta (composta in gran parte da precari o sottopagati) e in questo modo ignorano i reali problemi, ignorando la verità, quella scomoda e che fa riflettere, raccontando a se stessi che “tutti i giornalisti servono i potenti e sono menzogneri”.
La tendenza di oggi è totalitaria: attribuire l’aggettivo di vero a tutto ciò che viene detto dai propri rappresentanti politici è una pulsione particolarmente antidemocratica. In questo modo la stampa viene screditata, la libertà di espressione ridotta e tutto il resto appare veritiero anche quando la verità è distante anni luce.
Alessandro Leuci