Economia circolare, PNRR, Greenpeace
Fonte: www.ciriesco.it

Il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il pacchetto di investimenti e di riforme in risposta alla crisi pandemica inviato alla Commissione Europea nell’ambito del fondo Next Generation EU, include fra le sue missioni per l’Italia anche progetti per la transizione ecologica. Molte risorse vengono destinate alla costruzione di impianti di riciclo, ma l’associazione ambientalista Greenpeace Italia ritiene che questi sforzi non siano sufficienti a cambiare approccio verso un’economia circolare e presenta 5 proposte concrete per creare un sistema economico basato sulle risorse rinnovabili.

Economia circolare vs. economia lineare

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Fonte: Arpa Piemonte

Secondo Greenpeace il PNRR potrebbe essere un’occasione perfetta per il nostro Paese per cambiare rotta verso una maggiore sostenibilità ambientale, come previsto dallo European Green Deal presentato dalla presidente della Commissione Europea Von Der Leyen che ambisce a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. In particolare, la Commissione ha adottato nel 2020 un piano d’azione per l’economia circolare volto a ridurre la pressione sulle risorse naturali e promuovere il consumo sostenibile

Tuttavia, l’interpretazione italiana di queste strategie europee scontenta l’associazione ambientalista che ravvisa una maniera errata di concepire il riciclo. Il PNRR sembra infatti intendere questa pratica come un’attività potenzialmente infinita, destinando molte risorse alla costruzione di nuovi impianti di riciclo che, seppur necessari in molte zone della Penisola, non risolvono da soli il grande problema della gestione dei rifiuti

Perché si parla di economia circolare? Esiste dunque un’economia lineare? I principi economici maggioritari del XX secolo si sono fondati su una certa visione del mondo, caratterizzata da risorse infinite e immensi spazi disponibili per lo smaltimento dei rifiuti. Questa concezione lineare dell’economia, che inizia con l’estrazione della materia prima e termina nella discarica, è soprannominata “economia dei cowboy”. Non a caso, nell’epoca della conquista dell’Ovest i territori sconfinati del continente nordamericano e le immense risorse ancora non sfruttate apparivano come una promessa e un’ideale di libertà. 

Negli ultimi decenni si è compresa l’insostenibilità di un’economia depredatoria, che esaurisce le risorse e produce immense quantità di rifiuti. Un mondo dallo spazio e dalle risorse limitate non può essere compatibile con un ciclo produttivo che necessità costantemente di nuove risorse e produce sempre nuovi rifiuti. In questo senso, consentire alle generazioni future di vivere dignitosamente significa promuovere un modello economico capace di rigenerarsi da solo e attraversato da due flussi materiali:

  • I flussi biologici capaci di rientrare nella biosfera;
  • I flussi di tipo tecnico che possono essere rivalorizzati e reintegrati nel ciclo produttivo dei residui.

Il merito di aver diffuso e dato coerenza a questo concetto è attribuito ad una fondazione, la Ellen McArthur Foundation dal nome della prima donna che ha battuto ogni record di circumnavigazione del globo, che ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare attori politici, imprese e mondo accademico sull’importanza dell’economia circolare per la tutela ambientale.

Il PNRR dovrebbe dunque includere: l’abbandono di pratiche come l’obsolescenza programmata e l’utilizzo di prodotti usa e getta come prevenzione dei rifiuti, la condivisione, il prestito, il riutilizzo, la riparazione e il ricondizionamento come passi necessari a promuovere la transizione verso l’economia circolare. Come afferma Greenpeace: «Si tratta di un nuovo modello di produzione e consumo che ha un unico grande obiettivo: far durare, il più a lungo possibile, i materiali naturali e avviarli a riciclo solo quando non è più possibile utilizzarli per essere trasformati, auspicabilmente, negli oggetti di partenza». Il riciclo, dunque, non basta.

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Fonte: Parlamento Europeo

Le proposte di Greenpeace per il PNRR

Meno del 50% di tutti gli imballaggi gettati nella spazzatura riescono ad essere riciclati. Immaginando l’immensa quantità di contenitori di plastica, flaconi, bottiglie e prodotti usa e getta che ogni giorno produciamo, si comprende facilmente che il solo riciclo non è sufficiente a ridurre l’impatto sull’ambiente dei rifiuti e ridurre l’inquinamento.

Le proposte di Greenpeace da inserire nel PNRR per agevolare la transizione verso l’economia circolare sono dunque rivolte al presidente del Consiglio Mario Draghi e il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani:

  •  Agevolare fiscalmente le aziende che adottano sistemi basati sullo sfuso e sulla ricarica affinché la quantità di beni venduti con tali modalità arrivi al 50 per cento entro il 2030; 
  •  Introdurre meccanismi di responsabilità estesa dei produttori che producono manufatti che oggi non possono avere una seconda vita;
  •  Promuovere obiettivi che riducano a monte il consumo di prodotti imballati, come avviene in Francia con la riduzione del 50% del consumo di bottiglie di plastica entro il 2030;
  •  Non rinviare ulteriormente l’entrata in vigore della Plastic Tax, i cui proventi potrebbero essere destinati alle aziende virtuose che fondano il proprio modello di business sullo sfuso e la ricarica. Questa imposta potrebbe avere un maggiore raggio d’azione, includendo tutti i contenitori monouso, a prescindere dal materiale.
  • Impiegare risorse per il settore tessile, un comparto chiave per il Made in Italy. Agli Stati membri viene chiesto nelle linee guida europee per il PNRR di prevedere la costruzione di hub di riciclo per le fibre tessili. La mancanza di sforzi in questo senso significa per Greenpeace uno spreco di competenze già presenti nel nostro territorio, nei grandi distretti tessili. In aggiunta, un esempio unico al mondo proviene dal nostro Paese: il Consorzio Italiano Detox che si occupa di sostenibilità ambientale nelle imprese del settore fashion, con l’obiettivo di rimuovere dai capi d’abbigliamento le sostanze nocive per l’ambiente e l’essere umano.

L’Italia sembrerebbe il primo Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sul totale di rifiuti prodotti (79%), secondo il rapporto “L’economia circolare italiana per il Next Generation Ue” della Fondazione Symbola e da Comieco. Eppure, continuare a indicare il riciclo come panacea di tutti i mali ambientali (come nel PNRR), non è sufficiente senza una messa in discussione del modo di produrre e consumare in un mondo dalle risorse finite.

Come scrive Antonio Massarutto in “Un mondo senza rifiuti? Viaggio nell’economia circolare”, edito Il Mulino:

«Ogni processo vitale produce scarti. C’è però una differenza tra produrre scarti e produrre rifiuti. Gli scarti di ogni essere vivente, Homo sapiens, a parte, costituiscono una parte del processo ecologico: alla fine della loro vita, altri esseri viventi, le piante, attingendo all’energia solare, danno nuova origine al ciclo vitale. Solo gli scarti di Homo sapiens sono rifiuti: cose di cui la natura non sa cosa farsi, o che perfino interferiscono negativamente con i suoi processi».

Rebecca Graziosi 

Dottoranda in Global Studies e laureata magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche. Mi interesso di diseguaglianze di genere, questioni ambientali e approcci di economia alternativa.

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