La celebrazione dei 70 anni della NATO ha permesso ai leader di confrontarsi sullo stato attuale dell’unione e discutere delle prossime sfide internazionali. Tuttavia, il vertice di Londra si è concluso con un nulla di fatto su molte questioni e un’unica certezza: la NATO vive con difficoltà la contemporaneità. Figurarsi il futuro. Ad anticipare lo stato insalubre sono state le tensioni e le divergenze dei leader emerse prima della celebrazione, in particolare da Macron che ha definito l’organizzazione “in uno stato di morte cerebrale” (intervista al settimanale The Economist). A difenderla ci ha pensato invece Trump, lo stesso che in passato l’ha criticata e ha dichiarato di considerarla come un debole alleato militare in confronto alla potenza statunitense. C’è una rottura storica che è quella tra Francia e Stati Uniti, resa instabile da due personalità forti. Ma dentro la NATO del vertice di Londra ci sono anche Erdogan e la questione della Turchia.
Lo squilibrio dei contributi per la Difesa nella NATO
Donald Trump ha criticato spesso la struttura dei contributi per la Difesa della NATO, evidenziando quanto gli Stati Uniti sostengano la spesa più alta per l’alleanza e per la sicurezza europea.
Secondo il report dell’organizzazione sui contribuiti dei Paesi membri presentato in occasione del vertice di Londra, la quota del PIL destinata alla difesa è per gli statunitensi del 3,5%. Frequenti le pressioni del presidente americano affinchè gli altri leader aumentino le spese per la difesa e raggiungano il 2% stabilito; l’intento sarebbe di raggiungere anche il 4%. La difficoltà è naturalmente per i Paesi dell’organizzazione che non riescono a sostenere tali spese: nel mirino delle critiche trumpiane c’è soprattutto la Germania, mal vista dagli Stati d’oltreoceano per i rapporti con la Russia sulla politica energetica, che si difende comunque bene e ha mostrato il proprio impegno a raggiungere la percentuale stabilita. In effetti negli ultimi anni un aumento dei contributi da parte dei leader della NATO c’è stato, a confermarlo è il segretario generale Jens Stoltenberg. A oggi superano il 2% paesi come la Grecia, il Regno Unito, l’Estonia e la Lettonia. Resta bassa la percentuale italiana i cui contributi per la difesa si aggirano all’1,22% del Pil.
Ma aumentare le risorse per la difesa significa sacrificare altri campi di ricerca e scegliere di investire sugli armamenti e sulle spese militari e sulle nuove tecnologie. Inevitabili le ripercussioni sulla politica commerciale e sugli assetti internazionali: qui si giocano gli interessi degli Stati che producono più armi ma anche l’interesse di riconoscere una propria supremazia politica e militare.
Il Ruolo dell’alleata Turchia nell’organizzazione
La Turchia, dal canto suo, rappresenta un punto di criticità nel mondo e all’interno della NATO. Il ritiro degli americani dalla Siria ha lasciato il via libera all’invasione turca. Erdogan, con l’invasione in Siria, ha attaccato le forze curde che avevano aiutato l’Europa a combattere il terrorismo e gli estremisti islamici. Cosa ne è derivato? Incrinatura dei rapporti con i curdi e instabilità nei rapporti europei con la Turchia e gli USA. E mentre i vertici vanno avanti, le strade siriane continuano a riempirsi di morti nel silenzio degli alleati.
A mettere ancora più in dubbio la posizione turca è il suo rapporto con la Russia. L’acquisto dei sistemi di difesa russi S-400 da parte dello Stato comandato da Erdogan è considerato una minaccia dalla NATO perché si tratta di mezzi che non comunicano con i sistemi degli alleati, e impediscono la realizzazione di un sistema di controllo. Trump ha quasi giustificato l’atto turco scaricando le responsabilità su Obama che si era rifiutato di vendere missili. Un vertice NATO teso, quello di Londra, segnato da screzi e sorrisi tirati, dove non è apparsa ben chiara la linea comune seguita dall’organizzazione, se una linea comune esiste, e si è invece palesato quanto esistano allineamenti all’interno dell’organizzazione e ambizioni nazionali.
Quando c’era un nemico comune era più semplice
Dopo la fine della Guerra Fredda, il nemico è venuto meno. Ma la NATO ha continuato ad operare. Solo che oggi è chiaro quanto all’interno dell’organizzazione da una parte le nazioni rivendichino autonomia, dall’altra l’esigenza economica di stare insieme. Bisogna poi dire che la situazione internazionale non è più bipolare quanto piuttosto multipolare, poiché nello scacchiere mondiale gioca un ruolo rilevante anche la Cina.
I leader hanno comunque riaffermato il legame tra Europa e Nord America, e hanno accolto una dichiarazione congiunta al vertice di Londra: “Fino a che lavoriamo insieme per prevenire i conflitti e preservare la pace, la NATO rimane la base per la nostra difesa collettiva e il forum essenziale per le consultazioni e le decisioni di sicurezza tra gli alleati”.
Ai posteri l’ardua sentenza?
Alba Dalù