Lo abbiamo ribadito e sentito dire ormai fin troppe volte nei giorni scorsi: è stata la stagione di calcio più strana di sempre, quella conclusasi con la finale di Champions League tra PSG e Bayern Monaco. Il formato delle Final Eight adottato per terminare la competizione più attesa dell’anno è ciò che più ha lasciato spazio per le discussioni – e stranamente poche polemiche – negli ultimi giorni e sopratutto un grande interrogativo: è giusto riproporre questo format?

Partite meravigliose e tensione alle stelle

Il presidente della UEFA Aleksander Ceferin ha parlato della possibilità di rivedere le Final Eight in futuro, pur ricordandoci che si è trattata di una soluzione derivata dalla situazione che stiamo vivendo per via della Covid-19 e che il formato “andata-ritorno” è bloccato fino alla stagione 24/25. Tuttavia, la tensione vissuta durante le gare è stata molto simile a quella che le competizioni delle Nazionali ci lasciano in eredità e ha reso ogni partita affascinante in modi differenti, e il quarto di finale tra Atalanta e PSG è un esempio più che lampante di quanto di buono ci abbiano lasciato le Final Eight: una vera altalena di emozioni che ci ha tenuti incollati allo schermo fino all’ultimo minuto e culminato con la vittoria dei francesi negli ultimi minuti di gioco.

Da appassionati abbiamo anche assistito alla clamorosa eliminazione del Manchester City e al roboante 8-2 del Bayern ai danni di ciò che rimaneva del Barcellona, che tanto ci ha ricordato il 7-1 della semifinale Mondiale tra Germania e Brasile. Partite uniche che però devono farci chiedere se questa sia la scelta migliore per la Champions League o un caso che non deve più ripetersi. Perché è vero che la partita secca ha il suo fascino e la sua tensione inimitabile, ma le Final Eight presuppongono che le squadre si riuniscano in una sola città al termine della stagione e si giochino il titolo in stile play-off degli sport statunitensi. Ciò implica non solo l’ampliamento delle squadre da 8 a 16 – visto che avere gli ottavi di finale a febbraio e il resto a fine maggio/giugno avrebbe poco senso – ma anche campionati più corti, con meno squadre oppure da giocare in un minor lasso di tempo, con stagioni da iniziare circa ad inizio agosto e da terminare a inizio maggio e probabilmente senza pausa invernale.

La festa del Bayern al termine della finale
Portugal, 23 August 2020. EPA/Miguel A. Lopes / POOL

Eppure le Final Eight lasciano dubbi

Da ricordare anche che le Final Eight (o Sixteen come prevedibile e giusto che sia) farebbero slittare anche l’inizio di Mondiali e competizioni continentali di un paio di settimane, con il primo match che avrebbe luogo verosimilmente a fine giugno e la finale da giocare quasi al termine di luglio. Un problema di tempistiche che risulterebbe particolarmente fastidioso, ad esempio, nelle prossime due stagioni, con Euro 2020 da giocare l’estate prossima e i Mondiali in Qatar che obbligatoriamente vanno disputati tra novembre e dicembre per via del caldo oltre i 38 gradi dell’estate qatariota. Le squadre di club si troverebbero costrette a 3 ritiri molto corti in 3 anni consecutivi (includendo questo) e i calciatori non avrebbero il tempo necessario per recuperare dalle fatiche della stagione precedente, aumentando così sensibilmente il rischio di infortuni muscolari dovuti alla stanchezza. Bisogna anche aggiungere che non sono tante le città con due o più stadi adatti alla Champions League e in grado di accogliere squadre ed eventualmente tifoserie provenienti da diverse parti d’Europa.

Parlando delle tifoserie è importante ricordare che la Champions League è la competizione più attesa di tutte, sin dalla fase a gironi, e privare i tifosi della gioia di andare allo stadio della propria città per una semifinale europea potrebbe essere un grosso errore. E il formato adottato per l’Europa League, svoltasi interamente nella regione della Renania Settentrionale in Germania, è ancora più sconveniente data la necessità di spostarsi tra diverse città (basti pensare che l’Inter ha giocato in 3 città differenti) con conseguenti spese economiche che rischiano di scoraggiare anche i tifosi più affezionati. Abbiamo già aspramente criticato la delocalizzazione della Supercoppa Italiana in Arabia e Qatar proprio perché il tifo diventava “finto” e spesso a senso unico nei confronti della squadra più popolare. E pensare di giocarsi un quarto di Champions League contro squadre come Real Madrid, Barcellona o Bayern Monaco vorrebbe spesso dire avere tutto lo stadio a sfavore, per le squadre di minor tradizione.

La festa del Siviglia al termine della finale di Europa League
fonte immagine: eldesmarque.com

Ma ciò che abbiamo visto di buono in queste due settimane di Final Eight ci fa obbligatoriamente chiedere se le due competizioni europee necessitino di alcuni cambiamenti. E il primo passo potrebbe essere già stato fatto, con la rimozione del famoso gol in trasferta che dalla prossima Champions League varrà 1, nella speranza di limitare il più possibile quei match esageratamente difensivi in favore dello spettacolo. Una scelta che dà continuità al formato attuale e che rimanda momentaneamente le discussioni su un cambiamento più radicale, e, vista l’attuale immaturità del sistema adottato quest’anno per necessità, è l’unica strada percorribile. Ci sarà tempo e modo per rivedere un torneo tra le migliori d’Europa per il premio più ambito di tutti, fatto di scontri diretti e della determinazione di chi sa di giocarsi tutto in 90 minuti, ma per ora ci teniamo stretta la Champions League per come la conosciamo.

Fonte immagine in evidenza: calcioefinanza.it

Andrea Esposito

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