Bologna non smette mai di sorprendere; dunque si svelano per noi due dei talenti nascosti del capoluogo emiliano: il complesso francescano dell’Osservanza e il colle di San Benedetto che ospita Villa Aldini, noto edificio di età neoclassica.
La Chiesa di San Paolo in Monte, meglio conosciuta come Chiesa dell’Osservanza, prelude ad una delle panoramiche più suggestive del territorio bolognese. La tradizione affonda le sue radici nel XIII secolo che vuole la presenza di Sant’Antonio da Padova in ritiro, tra il 1223-1227, durante il suo magistero di teologia.
Il primo complesso, che prevedeva una chiesa e il convento, fu edificato nel 1417 dopo la generosa donazione del giurista Antonio da Budrio ai Frati Minori Osservanti. Il convento assunse immediatamente grande prestigio, anche in ambito culturale; ma per facilitare la predicazione tra la gente e la giurisdizione sull’Università, i frati preferirono un ritrovo a ridosso del centro cittadino. Venne costruita allora la chiesa di SS. Annunziata all’inizio di via San Mamolo. Da quel momento in poi l’Osservanza ricoprì il ruolo di luogo di ritiro e preghiera.
Fu oggetto delle soppressioni napoleoniche; per mano di Aldini venne distrutta così da ottenere il materiale per la costruzione della villa. Ciò che restava dei soprusi subiti, tornò nelle mani dei frati per gentile concessione della nobildonna Baccilieri. I restauri vennero calorosamente sostenuti da tutta la popolazione, sia economicamente sia con prestito di manodopera, e nel 1828 nacque la nuova chiesa di San Paolo in Monte. Le tristi vicissitudini non erano finite e il colpo di grazia venne assestato da un bombardamento aereo del 1944. Quello che osserviamo oggi è frutto del restauro ottocentesco, che lascia intendere ben poco dell’originale progetto seicentesco dell’architetto Paolo Canali. Il lavoro d’intervento, richiesto da Girolamo Farnese, prevedeva persino la realizzazione di “incassamenti” per far defluire le acque delle piogge torrentizie, così da rendere utilizzabile la strada nuova.
A pochi minuti di distanza dall’Osservanza, a ridosso del belvedere, padroneggia indiscussa Villa Aldini avvolta da una polverosa coltre d’oblio e noncuranza. Dopo una serie di sfortunati eventi, la Villa impone fiaccamente la sua presenza accanto all’Istituto San Giovanni XXIII, ex casa di riposo ora adibita all’accoglienza di extracomunitari.
È stata costruita lì dove precedentemente sorgeva il complesso della Madonna del Monte, per volontà del conte Antonio Aldini con l’intenzione di farne la residenza napoleonica durante i soggiorni bolognesi. Si racconta che l’imperatore fosse rimasto affascinato dalla vista dei colli dopo essersi lanciato in una selvaggia corsa a cavallo ma in realtà pare che lui non abbia mai visitato le zone. Grazie agli studi di Zucchini (1938) sono state riportate alla luce le tracce precedenti agli interventi ottocenteschi. Si è scoperto dunque che la sala da pranzo nascondeva la pianta circolare della Rotonda della Madonna del Monte e la carta da parati, degli imperdibili affreschi bizantini. Le documentazioni rimandano alla leggenda della vedova Picciola Galluzzi, in ritiro sul colle di San Benedetto. Stando a quanto si narra, una colomba le fece strada posando delle travi lì dove sarebbe dovuta proseguire la sua preghiera. Convinte le autorità ecclesiastiche, la nobildonna ottenne il permesso di costruire il suo luogo di culto. In linea con il movimento mariano, scelse il progetto di una rotonda ricordando la pianta di Santo Stefano ed anche la richiesta di Elena, la madre di Costantino, per l’anastasis del Santo Sepolcro. La fondazione viene fatta risalire al 1116 aggrappandosi alla determinante devozione femminile che favorì, nello stesso periodo, la costruzione di più luoghi di culto. Si racconta che la Rotonda ospitò San Domenico, febbricitante, nella sua ultima notte prima che questi fu ricondotto nella sua attuale Basilica dove morì. Nel 1443, fu persino meta di una sfilata trionfale dopo la vittoria dei San Giorgio di Piano, riportata dalle truppe di Annibale Bentivoglio contro i Visconti. Il suo ruolo di sede di pellegrinaggi religiosi verrà ridimensionato successivamente dalla Basilica di San Luca. Quanto agli affreschi, ascrivibili alla mano di più botteghe, raffigurano gli apostoli ricalcando le vie del naturalismo. Si riconoscono precise contrapposizioni di colore, i contorni marcati, le dimensioni esagerate di mani e occhi, la predilezione per le figure di profilo e le mezze torsioni dei busti. Probabilmente, in posizione frontale rispetto all’entrata, doveva presiedere l’iconografica deesis bizantina: oggi resta solo il volto della Madonna rivolta verso destra.
Il sacro alla fine si scontrò con il profano: Aldini volle costruire un vero e proprio tempio pagano per il suo sovrano. Dall’800 in poi, la villa non ebbe vita facile passando di proprietà in proprietà e svolgendo anche il ruolo di cava di materiale. Neanche la storia ebbe pietà di lei: al termine dei lavori novecenteschi pilotati da Zucchini, vennero inseriti persino simboli fascisti all’entrata della Rotonda (i fasci e una svastica). Ormai terra violata, il cortile funse da scenografia per alcune riprese di Salò (1975) di Pier Paolo Pasolini. Ora nelle mani del comune, non vive evidentemente di nuovo splendore: la struttura è fatiscente, i rilievi sulla facciata e le colonne sono in rovina e sul tetto spuntano, baldanzose, alcune antenne abusive di varie reti televisive. Villa Aldini meriterebbe sicuramente di più di una semplice appendice e di qualche minuto di gloria, d’altronde “Ca c’est superbe!” (avrebbe esclamato Napoleone).
Un sentito ringraziamento a Paolo Cova, storico dell’arte dei Musei Civici di Bologna, che ha guidato la nostra curiosità tra leggenda e storia.
Pamela Valerio