Napoli continua la corsa verso un primato turistico e di riqualificazione urbana senza precedenti. Non solo le nuove rotte aeree hanno contribuito ad incrementare il flusso turistico, ma anche progetti originali come il Parco dei murales proposto dall’associazione INWARD, contribuiscono al restyling della città di Napoli. Partenope è ormai pronta a integrare una forma d’arte contemporanea, la street art, che confà particolarmente a città complesse, giovanili e con una cultura cosiddetta da ‘strada’ come quella di Napoli. Infatti, muri malandati diventano tele sulle quale dipingere soggetti che diventano un tutt’uno col tessuto urbano e sociale della città: un esempio sono i Quartieri Spagnoli con i murales di Cyop&Kaf ad esempio, o Largo Ecce Homo con i ritratti di Pino Daniele. La tecnica usata dagli street artists non è certo quella tradizionale con tempere e pennelli, bensì bombolette spray e stancil che riproducono spesso soggetti famosi. Vicoli, quartieri, strade storiche riprendono vita grazie a dei piccoli capolavori gettati qua e là, frutto del guizzo artistico degli artisti di strada. Vita che scorre e che si fa arte, quindi. E quale forma artistica meglio rappresenta questo connubio tra arte e vita urbana se non la street art? Così, passeggiando tra le strade di Napoli, sui muri di un palazzo invaso da scritte confuse o da manifesti pubblicitari strappati e consunti, appare la riproduzione di uno dei baci più famosi della fotografia: Il bacio di Robert Doisneau. Accade su di un antico muro in via S. Pietro a Maiella. L’immagine non è da subito chiara, si confonde tra le scritte che la circondano. Ma basta poco, qualche secondo e il richiamo all’artista è inconfondibile.
Stupore e meraviglia accompagnano il momento della presa di coscienza di un piccolo capolavoro incastonato tra un ammasso di scarabocchi e pezzi di carta incollati a un muro, che diventano ben presto la cornice perfetta per un momento artistico imprevisto e totalmente inaspettato. Piccoli tesori nascosti, che solo un osservatore attento, che non teme di addentrarsi nei vicoli di Napoli, può scorgere. Ne è un esempio il dipinto ‘Meditazione’ dello street artist Zilda sulla facciata della scala fanzaghiana del Complesso monumentale di S.Gaudioso che dà il nome alla strada, accessibile ai pochi fortunati che preferiscono risalire per via Atri anziché percorrere la più famosa via dei Tribunali.
Il dipinto si inserisce perfettamente nella struttura architettonica tanto da far sorgere il dubbio che si tratti di un murales, per la sua coerenza stilistica e cromatica. È ovvio che non tutti i murales siano da considerarsi arte, e pochi sono gli artisti che sposano la causa comune della riqualificazione urbana. Quei pochi sono diventati dei veri eroi, agli occhi di molti, che cercano di contrastare la violenta deturpazione delle opere pubbliche. È un nuovo modo di intendere la street art, per tanto tempo osteggiata dalla municipalità che ha spesso rimosso opere di artisti famosi per tutelare e salvaguardare palazzi storici della città. Un argomento controverso quello sulla street art, che divide tra chi la considera un’arte da valorizzare e chi una forma di vandalismo.
In ogni caso, è innegabile che oggi la street art sia diventata il collante tra arte, società e cultura urbana. Il Comune di Napoli ne ha capito il potenziale socio-culturale, mettendo a disposizione interi quartieri, oggi detti ’Quartieri d’arte’, al servizio dell’estro di artisti famosi. Ma al di là del fortunato momento che vive Napoli e di questi sprazzi d’arte non convenzionale, c’è dietro un progetto di riqualificazione urbana ben precisa. Enti pubblici e privati, insieme all’aiuto delle associazioni culturali e alla collaborazione della comunità dei quartieri, hanno dato vita al progetto Parco dei Murales con il quale si cerca di creare un ponte tra i quartieri più difficili della città ed i centri attivi per dare continuità al tessuto sociale e urbano. Ecco perché in pochi anni i Quartieri Spagnoli, Forcella, la Sanità da luoghi notoriamente ed esclusivamente pericolosi divengono luoghi turistici dove poter ammirare le opere di street artists come Zilda , Jorit, Banksy e Cyop&Kaf. Con la loro arte dal grande impatto visivo, questi artisti contribuiscono alla rivalutazione di zone tradizionalmente considerate a rischio. Infatti, col benestare del Comune di Napoli e l’aiuto di associazioni no profit come INWARD, l’artista crea opere su commissione e lo fa su grandi superfici, affinché il risultato finale sia impattante e riconoscibile. È ciò che ha fatto Jorit, autore di opere di grande successo come il San Gennaro a Forcella o il Maradona nel quartiere popolare di San Giovanni a Teduccio. È un’arte questa che parla ai giovani delle frange più difficili della società, spesso ghettizzate, abituate a vivere in un microcosmo in cui vigono regole precise dove gli idoli culturali e musicali sono lontani da quelli nazionali. In questi quartieri non avrebbe senso riprodurre la Monnalisa di Da Vinci, per esempio. Non ci si riconoscerebbe in quel tipo di arte e di bellezza. Maggiore impatto e risonanza hanno invece personaggi dello sport come Hamsik e Maradona o figure religiose protettrici della comunità come San Gennaro.
Napoli non è l’unica città ad aver aderito a questo tipo di progetto. Altri Comuni del napoletano hanno seguito il suo esempio. È il caso di San Giorgio a Cremano, luogo di nascita di due attori molto amati dal pubblico locale e nazionale: Alighiero Noschese e Massimo Troisi.
Il Comune ha invitato lo street artist Jorit a creare dei murales in onore dei due artisti nativi di San Giorgio. Purtroppo questa iniziativa non è piaciuta a qualcuno che ha volutamente imbrattato i visi dei noti attori, non tenendo a mente che si tratta di un progetto di riqualificazione ambientale.
Comprenderne i motivi non è semplice. Si potrebbe pensare ad un atto di contestazione verso chi cerchi di ingabbiare un‘arte che nasce libera e deve rimanere tale; o forse è uno sgarro ad uno street artist affermato, considerato ormai un‘venduto’ ; o, ancora, è un modo preciso per ‘marcare il territorio’, rivendicandolo. Purtroppo sono solo ipotesi. Ciò che è certo è che l’ambizioso programma di riqualificazione urbana subisce uno smacco non indifferente che fa riflettere se ci sia stato o meno un errore di valutazione da parte del Comune e dell’assessorato.
Una grande città come Napoli in cui gli strati più disagiati della società vivono a stretto contatto con quelli più agiati, abituati alla poliedricità di una città sempre aperta a nuovi stimoli culturali, accolgono ben volentieri l’opera di street artists famosi. Ben diverso è il discorso delle piccole città e quindi delle piccole realtà. La street art non è una forma d’arte tradizionale e come tale è suscettibile di cambiamento a seconda del luogo in cui nasce e dell’artista che la produce. Prima quindi di commissionare un’opera ad un solo artista, già affermato e non locale, andrebbe fatta una valutazione attenta della storia della street art del luogo, e sarebbe prudente chiamare i writers locali a collaborare al progetto, al fine di renderli partecipi e non emarginarli. Per tutelare una forma d’arte così ubiquitaria, cangiante e a portata di tutti, la collaborazione tra artisti affermati e artisti locali sarebbe un buon punto di partenza. Sarebbe doveroso, inoltre, rendere la comunità parte integrante del progetto artistico, di riqualificazione e del cambiamento attraverso una campagna di sensibilizzazione, con la collaborazione degli enti culturali e delle scuole. In alcuni dei quartieri storici di Napoli è già possibile partecipare a visite guidate. Un’idea questa che andrebbe ripresa dai Comuni limitrofi. Le scuole, le associazioni dovrebbero preparare la comunità cittadina ad ospitare l’artista e le sue opere per meglio apprezzarle, comprenderle e rispettarle. Senza ciò, la politica in primis dimostra di non aver compreso il senso dell’arte urbana, e sia conseguentemente incapace di proteggerla, considerandola solo un modo alternativo e originale di abbellire le strade della città. Errore grossolano che rischia, come il caso di San Giorgio a Cremano, di subire un danno economico, non che d’immagine, vedendo sfumare un progetto di riqualificazione urbana dal grande potenziale.
Agnese Cavallo