“Voglio fare l’influencer” diranno i nostri figli, e noi dovremmo dire sì. E se prima potevamo sbeffeggiarli o dargli una scoppola, domani saranno da prendere tremendamente sul serio. L’influencer (e con questo intendiamo quella carnificazione del marketing basata sull’influenza di certi soggetti sui potenziali clienti) è una delle poche professioni in ascesa. Secondo uno studio condotto da Mediakix, infatti, le imprese spenderanno nel 2019 fino a tre miliardi di dollari per l’ingaggio di influencer, con una crescita del 300% rispetto al 2017.

Insomma, cambiano i mezzi, cambia la pubblicità, cambia il mondo. Tutto diventa brand, tutto si trasforma in promozione di sé o di qualcosa al di fuori di sé. E se con Marx l’uomo vendeva sul mercato la propria forza lavoro, con Wright Mills perveniva all’alienazione della sua personalità svendendola al dio centro commerciale, oggi al web si vende tutto: l’immagine, il nome, la capacità relazionale che diventa strumento subordinato alla merce, alle imprese, con la rete a fare da burattinaio con i suoi abrasivi fili elettronici.
E nessuno scampa da questa logica, da chi l’influencer lo fa per professione – e quindi accoglie a braccia tese questo destino – agli sportivi, persino i politici.

salvini ferragni

Ed ecco perché parliamo di Matteo Salvini e Chiara Ferragni, coevi dello stesso uggioso periodo storico, personaggi diversi ma così simili, facce da prima pagina e speculari di una stessa medaglia. La Ferragni la conoscete bene: volto della pubblicità della Garnier, titolare e testimonial di svariati marchi di moda, e – per prima – fondatrice del fortunatissimo blog The Blonde Salad. Lei è la pioniera del social business in Italia, nonché uno dei personaggi a fatturare di più nel settore della moda. Il suo è riconosciuto dagli esperti di marketing come uno dei casi più affascinanti e meritevoli di studio. La sua formula del successo è stata semplice: trova un topic che ti appassiona, individua il tuo target, creati uno stile e un’immagine coerente, investi e fai tue le logiche virali della rete. Roba facile da dire oggi, ma farlo con dieci anni di anticipo è da astuti, se non da geni. Una volta conquistato il web, comunque, la Ferragni non si è fermata ma ha puntato dritto verso gli altri medium: televisione, giornali, cartellonistica. E il fidanzamento con Fedez è stato una manna dal cielo in tal senso. Da quel momento in poi, tutta la vita della coppia è stata messa in piazza, con il loro privato esposto tramite la camera dello smartphone in un continuo reality show (sicuramente filtrato, ma il cui filtro è celato al follower finale).

Chiara Ferragni, insomma, ha venduto la sua anima al web, non al diavolo.

Glielo doveva.

Peccato, però, che in questo caso (e in tutti quei fenomeni del fashion blogging) la patina del progetto comunicativo sia evidente, nonché dichiarata. Sappiamo che la Ferragni non ha di certo quei capelli quando va a dormire, che non dorme truccata, che davanti allo smartphone si sforza di aderire all’immagine che gli esperti del personal branding hanno costruito su misura per lei. Insomma, la bionda imprenditrice ci mostra una versione patinata e luccicante di se stessa, un’architettura comunicativa costruita a tavolino della sua vita. Una menzogna consumistica a cui ci piace credere, adorare, come un totem di stampo profano, sognando che magari, un giorno, quella stessa vita fatta di hotel a cinque stelle e vacanze tutto l’anno ci apparterrà.

Salvini Ferragni

Ed è questo il punto da tenere a mente, che invece non riguarda l’altro personaggio di cui parliamo in questo pezzo: Matteo Salvini. L’attuale ministro degli interni, come la Ferragni, è una delle personalità più attive sui social e anche una delle figure politiche più mediatiche. Non sono rare, infatti, le sue incursioni sui giornali di gossip, le dichiarazioni corrosive sulla sua squadra del cuore, le uscite a gamba tesa su questo o quell’altro avversario politico. Una delle caratteristiche che certamente lo contraddistinguono è la sua esecrabile schiettezza, il suo modo di parlare diretto, senza preziosismi, di uno che non le manda mai a dire e, anzi, tuona le peggiori aberrazioni senza curarsi degli effetti che possono suscitare nel pubblico (o forse se ne cura, ma semplicemente se ne sbatte). Tutti pensieri che al peggio dovrebbero rimanere nel privato, nei recessi oscuri e deplorevoli della mente di ognuno e che, invece, il ministro sdogana in quanto personalità pubblica.

Una schiettezza che non riguarda soltanto i contenuti ma anche la forma: distintivo è il suo stile comunicativo da “bimbominkia“, fatto di continui strali, di sarcasmo spiccio, di flame diventato il suo riconoscibile marchio comunicativo sulle piattaforme social (famosi, in tal senso, sono gli alterchi contro i 99 Posse, Roberto Saviano, Chef Rubio). Un’autenticità e una rozzezza disarmante, di certo puerile, che non dovrebbe mai qualificare un rappresentante istituzionale, che incontra un certo biasimo presso il circolo intellettuale, ma anche grande presa verso il suo elettorato semplice e facilone. Una superficialità che non riguarda solo il tenore dei suoi discorsi ma anche i contenuti visuali: le foto postate dal politico sono tutt’altro che curate, spesso lo immortalano in pose imbarazzanti, i video lo riprendono a petto nudo o in canottiera alle prese con ordinari spaccati di vita quotidiana.

Salvini Ferragni

L’impressione primaria è quella: pensiamo che sia lui a prendere il telefonino e a raccontarsi. Come potrebbe essere altrimenti? Fa così tanti errori da sessantenne alle prese con la tecnologia che sarebbe difficile pensare al contrario. Eppure, che ci crediate o no, non è così:

Salvini è uno dei più più coerenti e pianificati progetti di comunicazione in ambito politico.

Ogni foto del leader della Lega è studiata, ogni post pensato e strategicamente incasellato all’interno di una più ampia strategia d’immagine. Come ha fatto Chiara Ferragni, ma meglio, cioè in maniera più subdola e deteriorata dal punto di vista stilistico.

A riprova di ciò basta notare la coerenza dei contenuti e dello stile della comunicazione del Ministro degli Interni. Lui vuole le stesse cose, fa le stesse cose dei suoi potenziali votanti e ne dà “prova”. Non è uno dei politici in completo gessato che parla il politichese. Lui è uno di loro, uno con canotta bianca e macchia di sugo in bella vista, che soffre le pene d’amore come tutti – se avete seguito la fine della love story con Elisa Isoardi.
Ed ecco ora spiegato il suo modo di fare da bimbominkia, le foto del quotidiano di un certo imbarazzo, i post da tifoso. Sono tutti contenuti studiati col fine di fidelizzare il suo target all’interno di quell’immenso e riuscito piano editoriale che è Matteo Salvini.

Tutto ciò dà l’impressione che il leader della Lega sia una persona vera, sincera, a volte un po’ troppo di pancia, ma sempre meglio di quei perbenisti dell’altra sponda politica.
Salvini è la maschera di se stesso, una maschera imperfetta che esibisce i suoi difetti e per questo apprezzata.

Ferragni è l’illusionista, Salvini il mago, perché la sua magia è autentica.
Magia nera? L’importante è che non glielo si dica.

Enrico Ciccarelli

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