In futuro potremmo essere costretti a bere acque reflue riciclate
Acque Reflue (Ialmo)

La siccità è molto probabilmente la più grande singola minaccia provocata dal riscaldamento globale. Entro il 2050, secondo il rapporto del Global Water Forum, tra 4,8 e 5,7 miliardi di persone vivranno in aree scarsamente idriche per almeno un mese all’anno, rispetto ai 3,6 miliardi di oggi, mentre il numero di persone a rischio di inondazioni aumenterà fino a 1,6 miliardi, rispetto agli 1,2 miliardi odierni. La crisi idrica mondiale pone in essere la stringente necessità del riutilizzo delle acque reflue soggette a idrodepurazione. Attualmente gli esseri umani consumano circa 4.600 km3 di acqua ogni anno, di cui il 70% va all’agricoltura, il 20% all’industria e il 10% per gli usi civili. In questo contesto più di 2 miliardi di persone sono costrette a bere acqua non potabile e oltre 4,5 miliardi non hanno accesso a servizi igienico-sanitari sicuri. Non solo. Circa l’80% delle acque reflue viene riversato direttamente nell’ambiente generando inquinamento e disastri ambientali.

Dunque, considerando che entro il 2050 la domanda di acqua subirà un incremento del 20-30% a livello globale, il riutilizzo delle acque reflue depurate è fondamentale. La qualità dell’acqua è in progressivo deterioramento soprattutto in Africa, Asia e America Latina, principalmente a causa dei deflussi agricoli di fertilizzanti e altri prodotti chimici. Oltretutto nelle cosiddette drought belts (zone particolarmente aride che comprendono il Messico, il Sud America occidentale, l’Europa meridionale, la Cina, l’Australia e il Sudafrica) le precipitazioni sono tremendamente esigue, ragion per cui il deficit idrico è maggiormente accentuato. È necessario quindi il processo di depurazione delle acque reflue in un contesto di intensa crisi idrica, ovviamente garantendo trattamenti e monitoraggi rigorosi, ovvero sistemi di controllo efficaci e sensibili per sventare possibili contaminazioni batteriologiche o virali (in crescita a causa del riscaldamento globale), ma anche chimiche, poiché è in costante aumento il numero e la varietà delle sostanze che vengono scaricate in acqua (detersivi, cosmetici, farmaci e microplastiche).

Microplastics

Una volta che l’acqua reflua è resa potabile potrebbe essere reintrodotta nel sistema degli acquedotti, oppure riversata nei mari, nei laghi e nei fiumi, ma con un grado di purezza che la renderebbe indistinguibile da quella di sorgente, con evidenti vantaggi per l’ambiente e per la salute umana. Di fronte a un consumo accelerato, al crescente degrado ambientale e agli impatti multiformi dei cambiamenti climatici, c’è urgente bisogno di nuovi modi per gestire le richieste di acqua dolce. La popolazione andrebbe sensibilizzata molto di più affinché riduca gli sprechi e conosca i benefici ambientali delle acque reflue depurate. Le crociate mediatiche tese a demonizzare l’acqua riutilizzata con slogan come «berremo l’acqua di fogna» non possono che scatenare panico e disinformazione, ma ci sono esempi virtuosi che smentiscono le falsità propagandistiche.

Risorse Idriche Mondiali

In Namibia, uno dei paesi più aridi dell’Africa meridionale, i cittadini bevono acqua riciclata dal 1968. Sebbene molti Paesi africani utilizzino acque reflue riciclate per scopi irrigui, paesaggistici e industriali, poche di essi riciclano le acque reflue. La Namibia è uno Stato pioniere nella gestione delle acque reflue, allentando le carenze idriche e fornendo un approvvigionamento sicuro di acqua potabile per oltre 300.000 cittadini nella capitale di Windhoek. Le infrastrutture installate nella capitale permettono di trattare fino al 35% delle acque reflue che poi vengono utilizzate per approvvigionare le riserve di acqua potabile. Negli USA, nella contea di Santa Clara, grazie a un impianto di purificazione che tratta efficacemente le acque reflue urbane, gli abitanti usufruiscono di acqua riutilizzata potabile al 100%.  

Water Wars e Water Grabbing

L’oro liquido non è solo il petrolio, ma anche l’acqua. Anche se il 70% del pianeta Terra è coperto dall’acqua, di questa risorsa fondamentale per la vita soltanto una parte piccolissima, lo 0,5%, è acqua dolce utilizzabile dagli umani. I conflitti per l’oro blu sono numerosi: secondo il rapporto UNESCO tra il 2010 e il 2018 si è arrivati a 507 water wars. Il corso del Nilo, riserva idrica di molti Paesi africani; il fiume Indo in Pakistan, i cui affluenti nascono in India; il bacino fluviale del Giordano e infine il controllo da parte della Turchia del Tigri e dell’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq, tra India e Cina per il controllo del fiume Brahmaputra, tra Palestina e governo israeliano, tra Cina, Vietnam, Laos e Cambogia per il controllo del Mekong, sono alcuni dei teatri delle guerre per l’acqua.

Land and Water grabbing

In Oriente come in Occidente, a Nord come a Sud, i conflitti sono militari ed economici. In questo senso quelle dell’acqua sono guerre globali, in cui culture ed ecosistemi diversi, accomunati dall’etica universale dell’acqua come necessità ecologica e diritto inalienabile, sono contrapposti a una cultura imprenditoriale fatta di privatizzazione, avidità e appropriazione di questo stesso bene comune. Sul fronte di queste contese ecologiche, di queste guerre paradigmatiche, si trovano milioni di specie e miliardi di persone che chiedono quel minimo di acqua necessaria al sostentamento. Non esistono norme internazionali in grado di smorzare gli appetiti idrici di Stati e multinazionali. La concreta possibilità del riutilizzo delle acque reflue è la conseguenza di sprechi colossali, tra infrastrutture inadeguate e sistemi agricoli e urbani insostenibile. Oltretutto l’oro liquido viene adoperato abbondantemente per il fracking di gas e petrolio, per la produzione di energia elettrica e per svariate estrazioni minerarie, e spesso ciò porta a un notevole inquinamento delle falde acquifere, dei fiumi e dei mari.

Il fenomeno del water grabbing (accaparramento dell’acqua) rispecchia la logica predatoria dell’attuale capitalismo, e i maggiori fautori di tale paradigma del furto sono una manciata di corporations, dominate da Suez Lyonnaise des Eaux, Vivendi Environment e Bechtel, e sostenute da istituzioni globali quali la Banca mondiale, la World Trade Organization (Wto), il Fondo monetario internazionale (Fmi) e i governi del G7.

Svolta Ecologica e Diritti Fondamentali

La distruzione del diritto alle risorse e l’erosione del controllo democratico sui beni naturali, sull’economia e sui mezzi di produzione minano la vita di gran parte della popolazione globale e le rispettive identità culturali. La cultura si riduce a un guscio negativo in cui la propria identità entra in competizione con «l’altro» per accaparrarsi le scarse risorse che definiscono il potere politico ed economico. L’attuale sistema economico non democratico alimenta la centralizzazione del controllo politico e delle risorse, tale prassi sottrae alle popolazioni occupazioni produttive e mezzi di sostentamento creando di conseguenza povertà e una cultura dell’insicurezza. Quindi oltre allo sfruttamento naturale e umano perpetrato da pochi a danni di molti, si acuiscono anche i conflitti etnici e religiosi.

Al momento la sopravvivenza delle popolazioni e della democrazia dipende dalla risposta al duplice fascismo della globalizzazione: il fascismo economico che nega alle persone il diritto alle risorse e al proprio tempo di vita, e il fascismo fondamentalista che si nutre di espulsioni, espropriazioni, insicurezza economica e paura. Una svolta ecologica è imprescindibile e il riutilizzo delle acque reflue depurate è un tassello essenziale. L’acqua è un diritto fondamentale, è una necessità per la vita umana. Bisogna garantire e tutelare realmente l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutta la popolazione, ragion per cui un utilizzo intelligente ed ecosostenibile delle risorse terrestri è necessario. La crisi idrica mondiale può condurre a scenari devastanti e agghiaccianti ma non inevitabili, perché fornire acqua riutilizzata potabile e del tutto sicura è possibile ed è conveniente per tutti.

Gianmario Sabini

Gianmario Sabini
Sono nato il 7 agosto del 1994 nelle lande desolate e umide del Vallo di Diano. Laureato in Filosofia alla Federico II di Napoli. Laureato in Scienze Filosofiche all'Alma Mater Studiorum di Bologna. Sono marxista-leninista, a volte nietzschiano-beniano, amo Egon Schiele, David Lynch, Breaking Bad, i Soprano, i King Crimson, i Pantera, gli Alice in Chains, i Tool, i Porcupine Tree, i Radiohead, i Deftones e i Kyuss. Detesto il moderatismo, il fanatismo, la catechesi del pacifismo, l'istituzionalismo, il moralismo, la spocchia dei/delle self-made man/woman, la tuttologia, l'indie italiano, Achille Lauro e Israele. Errabondo, scrivo articoli per LP e per Intersezionale, suono la batteria, bevo sovente per godere dell'oblio. Morirò.

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