Jelly & Jam è uno swing show a trecentosessanta gradi, una chiave di lettura allegra e frizzante del sound degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta del Novecento italiano. Quello del quintetto nato tra le mura del Conservatorio di Ferrara e il Torrione Jazz Club è un percorso artistico che, con merito, ha fatto propria la “nuova musica” americana, donandole eleganza compositiva ed esecutiva e un afflato poetico senza rivali.
Nel loro album d’esordio “‘O Swing”, fresco di pubblicazione per la label bolognese Emic Entertainment, i Jelly & Jam, attraverso qualche piccolo arrangiamento musicale, tanta simpatia (e professionalità), ridanno freschezza e respiro ad un quadro sonoro che si compone di ricordi, racconti e speranze del Belpaese, omaggiando hit di artisti italiani che, in tempi più o meno lontani, hanno fatto la storia e continuano a farla ancora.
La selezione degli undici brani effettuata dai componenti della band emiliana è il racconto di una società capace di affrontare le proprie difficoltà e debolezze, sempre pronta nel rialzarsi in piedi con una forza d’animo ed una fantasia difficili da trovare altrove.
Nella nostra intervista ai Jelly & Jam troverete un po’ dell’universo trasversale di cinque artisti ironici, legati a filo doppio al mondo del jazz, suonatori vecchio stile assai lucidi quando si tratta di circoscrivere la propria cifra stilistica.
Il vostro più recente progetto riporta in auge quanto trasmesso nelle radio dei nostri nonni, dalle voci dei nostri genitori. Da cosa nasce la necessità dei Jelly & Jam di affacciarsi ad una finestra musicale che si compone di undici tracce, al fine di respirare una boccata di storia?
«Il disco è il risultato di un estate passata a suonare insieme per lavoro, e, soprattutto, per divertimento. Abbiamo suonato quello che ci piace, messo in pratica quanto appreso in anni di conservatorio; abbiamo mescolato il tutto con la tradizione italiana che amiamo. Il risultato è stato una piccola, e speriamo gradita, finestra sul passato.»
Come in una macchina del tempo, alla ricerca del suono perduto, i Jelly & Jam trasportano l’ascoltatore nelle atmosfere di un mondo artistico incantato. Quali segreti si celano dietro il saper raccontare in versi e musica la bellezza dell’umano sentire?
«Nessun segreto, solo la forte consapevolezza del “percepire in quanto umani”: non siamo umani che sentono, sentiamo perché siamo umani. Il segreto che sta dietro alla musica – quella vera -, è l’estremo bisogno di trasmettere qualcosa: non basta solo con l’intento di farla, ma è necessario anche il farsi capire da più persone possibili.»
Pur mostrando una certa aderenza ad una linea culturale ed espressiva di matrice classicheggiante, la stravolgete entro certi limiti. Come riuscite a trasformare la tradizione in innovazione?
«Noi Jelly & Jam percepiamo la musica come un’unica entità. Tutte le categorizzazioni da sempre fatte sia in ambito accademico che critico sono sempre state ignorate dai musicisti che volevano esprimere un qualcosa: la musica è una, si mostra a noi nella sua interezza che viene, però, filtrata dai nostri ascolti. È normale, quindi, trovare nel percorso di un musicista in evoluzione un certo insieme di influenze diverse.»
Alla base dello swing c’è una vera e propria attitudine: l’effetto dondolante di questa musica è dato da un’elasticità nell’esecuzione. A vostro parere, quale è il valore aggiunto di questo genere che si porta dietro lunghissimi anni di racconti rivoluzionari, di uomini e donne incredibili vissuti in epoche controverse e insidiose?
«Swing significa energia, vita, movimento. È uno stile nato al fine di comunicare il proprio sentito, sia esso gioia o dolore. Questo è il punto forte e meraviglioso del nostro genere di riferimento! É grazie a queste sua caratteristiche che è arrivato da inizio Novecento fino ai giorni nostri. Si tratta di musica sentita e incline all’unione, alla mescolanza; è questo è il suo valore aggiunto.»
Vincenzo Nicoletti