Dopo che il 22 luglio si è tenuto il Consiglio dei Ministri che ha dato via libera a misure più restrittive per limitare l’incedere della variante Delta, sono arrivate le dure parole da parte del Presidente del Consiglio riguardanti chi sceglie di non vaccinarsi. Senza giri di parole, Mario Draghi ha di fatto affermato in conferenza stampa che: «L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire» continuando a sostenere che «Senza vaccinazione si deve chiudere tutto di nuovo». Così, come pronta risposta a queste dichiarazioni, le piazze delle maggiori città italiane sono state gremite da coloro che si schierano apertamente contro questi provvedimenti: i “no vax” e i “no green pass”.
I no vax e i no green pass sono infatti in fibrillazione per l’obbligo del “pass vaccinale”, che sarà operativo a cominciare dal 6 agosto, per recarsi nei bar e nei ristoranti al chiuso e in palestre, stadi, cinema. Questi gruppi nascono in maniera spontanea sui social network, ma il più delle volte vengono in seguito spronati a protestare da referenti facenti capo a oramai noti partiti politici. Alla guida o come riferimenti dei movimenti, ci sono di simpatizzanti dei partiti di centrodestra: in particolare, le affinità maggiori si riscontrano con Lega e Fratelli d’Italia. Ad esempio, tra gli organizzatori di Torino, c’è stato Marco Liccione, vicino a Fratelli d’Italia (ma non iscritto). Francesca Donato, eurodeputata della Lega, ha invece accostato la campagna vaccinale ai campi di concentramento, richiamando la retorica dei gruppi no vax e no green pass.
Mentre le norme approvate dal governo sul green pass hanno dato una spinta importante alla campagna vaccinale, come testimoniano i dati forniti dalla maggior parte delle Regioni, sale di tono la polemica politica da parte di Giorgia Meloni. Per quanto sostenga di non essere una no vax, la leader di FdI a più riprese ha comunque usato parole forti per replicare a quelle altrettanto forti utilizzate da Mario Draghi per condannare quanti sconsigliano il vaccino: «Si sta picconando lo Stato di diritto» e che il green pass «è una misura economicida che devasta il turismo». Dal canto suo, invece, il leader della Lega Matteo Salvini ha affermato che: «Il vaccino deve essere una libera scelta per tutti. Green pass? Non devono esserci divieti».
Tra Draghi e Salvini-Meloni, il dibattito pubblico è stato letteralmente indirizzato verso una logica bipolare: coloro che sono a favore dei vaccini contro i no vax e coloro che sono a favore del green pass opposti a coloro che sono contrari. Una strategia narrativa della congiuntura pandemica che propone due narrazioni in lotta tra loro senza esclusione di colpi, in modo tale da non lasciare spazio a qualsiasi approccio oggettivo al superamento crisi sanitaria che non rientri in una di queste due posizioni massimaliste, che egemonizzano l’opinione pubblica in merito a vaccini e green pass. Così, questa logica ha portato ad un eccesso di semplificazione della questione, se non addirittura ad una sua banalizzazione, che in realtà è più complessa e articolata di come sta venendo proposta, ed è degna di essere indagata fino in fondo.
Per finalità di impatto giornalistico questa forma argomentativa è forse ottimale, dato che i media hanno bisogno di creare un nemico per poter poi scatenare tempeste moralistiche contrapposte nell’opinione pubblica. Stiamo assistendo infatti ad una pressione e propaganda mediatica da parte dell’intero establishment dell’informazione. Ma quando il potere governo scatena le sue forze in campagne aggressive contro una parte della popolazione, per quanto sconsiderata o in errore, si viene a creare un precedente pericoloso, come hanno sottolineato anche eminenti filosofi come Cacciari e Agamben. Così facendo il governo sta infatti creando una classe di cittadini – che non solo solo No vax, ma anche No green pass – che pur legalmente tollerati sono giudicati come “impuri”, e su cui è legittimo, anzi consigliato, esercitare il proprio disprezzo.
Tuttavia ancora più pericoloso è lasciare da parte della sinistra extraparlamentare che ciò avvenga. Rimasta troppo schiacciata su posizioni filogovernative, la sinistra dentro e al di fuori delle istituzioni si è praticamente eclissata in questa crisi sanitaria. A differenza dell’estrema destra, essa non è riuscita a creare una narrazione all’altezza della situazione pandemica, che presentasse delle soluzioni concrete alla popolazione, che non possono limitarsi ai sacrosanti vaccini. Il rafforzamento della sanità nazionale, il potenziamento dei trasporti pubblici e il ritorno a scuola in sicurezza, sono infatti sembrati fino ad ora più degli slogan vuoti che propositi da inserire in cima alla propria agenda politica. Non solo: chiunque esprima perplessità nei confronti dei provvedimenti presi dalle istituzioni per fronteggiare la pandemia, è stato considerato o accomunato dal centro-sinistra e dai media ai complottisti no va. Non trovando ascolto o risposte, lasciato solo e senza valide alternative da poter praticare, non ha avuto scelta se non quella di scendere in piazza con gruppuscoli di estrema destra.
E’ oramai risaputo che all’interno di queste proteste si sono inseriti – e disposti prepotentemente alla guida – gruppi di estrema destra come Forza Nuova. Senza alcun dubbio le proteste etichettate frettolosamente come no vax sono prevalentemente composte da un insieme di individui che si trovano nella stessa posizione rispetto alla proprietà dei mezzi di produzione: imprenditori, piccoli commercianti, proprietari di attività sportive e da tutti i dipendenti che queste attività mantengono economicamente e che quindi si portano dietro. Di fatto, gli apparati statali questa volta hanno interferito anche nella vita quotidiana dei ceti alti e medi, cioè delle frazioni di quella classe privilegiata.
Ma sarebbe quantomeno fuorviante, se non addirittura erroneo, percepire queste piazze come completamente in mano a complottisti e fascisti. Queste piazze sembrano infatti mostrare qualcosa in più che il risultato dell’organizzazione della destra nazionale. Esse hanno una formazione composita e spuria che mal si accorda ad avere una definita identità di destra. Al suo interno ci sono anche il mondo dello spettacolo che con l’obbligo del green pass si sente ancora una volta penalizzato, sigle sindacali che vedono l’obbligo vaccinale come «ricatto salariale», fino ad attivisti dei centri sociali.
In sostanza, secondo Il Sole 24 Ore la riluttanza è guidata da motivi come preoccupazione (39%), incertezza (16%), rabbia e insofferenza (7%), ma la scarsa conoscenza dei vaccini resta un fattore dirimente per il 33% dei casi. Pertanto, non sembra che questi soggetti che stanno scendendo in piazza, abbiano acquisito ancora una piena coscienza dei propri interessi collettivi. Per il momento, infatti, l’unico intento dei no vax e dei no green pass rimane quello di opporsi alle restrizioni varate dal governo. Valutare perciò queste proteste come esclusivamente di destra equivarrebbe a lasciare a questi gruppuscoli palesemente fascisti – come mostrano ancora una volta i saluti romani durante le manifestazioni – l’opportunità di stringere legami duraturi con i manifestanti non mossi da sentimenti anti-scientifici, in modo tale da offrirgli una coscienza politica con la quale interpretare in modo più profondo la congiuntura rappresentata dalla pandemia.
Questa pandemia, dunque, andrebbe vista dalla sinistra extraparlamentare come una grossa opportunità per ricostruirsi, dato che ci sono tutti i presupposti. La sinistra parlamentare ha infatti tutto il tempo per recuperare terreno e dirigere l’agitazione delle piazza a favore del consenso e della coesione sociale. Viviamo in un’epoca (apparentemente) post-ideologica, dove i partiti non vogliono far sognare le masse, ma le vogliono convincere che le persone non costituiscono uno strumento efficace per esprimere la propria protesta contro i potenti che le dominano e le schiacciano. Ma essa deve assolutamente prendere le distanze dai provvedimenti governativi che hanno evidenti implicazioni lavoristiche e dalla gestione poliziesca della pandemia confermata dall’utilizzo del green pass.
Se infatti il vaccino può essere visto come un dovere collettivo da parte della comunità, prima di qualsiasi legge e misura giuridica, il green pass è uno strumento che può essere contestato o sottoposto a modifiche senza che chi le propone si debba difendere da accuse di “anti-scientificismo”. Andare a complessificare il discorso sul pass vaccinale potrebbe essere il primo passo per provare non solo a sfollare le piazze di destra, ma anche far diventare la sinistra antisistema protagonista in questa crisi sanitaria, rappresentando una parte del malcontento del Paese. Mettere infatti in dubbio l’utilità del green pass potrebbe servire a mischiare le carte sul tavolo e iniziare a dare vita ad una terza alternativa credibile, che si contrapponga a quelle che, fino ad oggi, hanno dominato l’opinione pubblica. In caso contrario, si finirebbe con il rimanere ancora una volta immobili davanti ad altre forze politiche, che si stanno dimostrando al momento più preparate ad interpretare la congiuntura e a guidare la piazza.
Gabriele Caruso