Catcalling: come riconoscerlo e perché ignorarlo è pericoloso
Catcalling (@NeroCremisi on Twitter)

Sovente familiari o amicə danno peso al tipo di abbigliamento utilizzato dalle donne per uscire a passeggiare o, più semplicemente, per recarsi a lavoro o nei luoghi di studio. Frasi come: «Copriti, si vede troppo il petto» oppure «Non passare dal parco, fare il giro intorno è più sicuro», sono diventate prassi, ma non per premura, bensì perché si teme che una donna possa subire molestie da chi sente l’impellente necessità di rendere espliciti i propri commenti sessisti. A questo fenomeno è stato dato un nome immediato ed efficace: catcalling

Che cos’è il catcalling e come riconoscerlo

Con catcalling (letteralmente chiamando il gatto) si identifica tutta quella serie di apprezzamenti e commenti rivolti alle donne e che rientrano senza ombra di dubbio nella categoria di molestie verbali. In Italia, 9 milioni di donne hanno confermato di aver ricevuto fischi da parte di uomini davanti a un locale, oppure commenti come «ciao bella» camminando sulla via di ritorno verso casa. Inoltre, l’incidenza, stando alle statistiche, è in aumento.

Nel 2015 la Cornell University e il gruppo statunitense anti-molestie Hollaback! hanno condotto uno studio sul catcalling basandosi sull’età approssimativa delle vittime al momento della prima molestia ricevuta, sugli effetti generati sul comportamento e sull’impatto emotivo del fenomeno. Secondo questa analisi, che riguarda 22 Paesi, l’88% delle partecipanti afferma di esser stata vittima di molestie verbali; l’Italia conta il 79% di donne molestate prima dei 17 anni, rappresentando il Paese con il maggior numero di adolescenti vittime di vessazioni sessiste da parte di uomini, con ripercussioni comportamentali ed emotive. Riconoscere il catcalling quando si verifica non è affare complesso: se il commento che intendiamo esternare o che sentiamo pronunciare da un individuo estraneo alla vittima — magari intriso di terminologia volgare e sessista — non è giustificabile e di conseguenza non è consensuale, rappresenta a tutti gli effetti una molestia.

Manifestazione Non una di Meno, 25 novembre 2016, Roma.
Andrea Agrillo ©

Ignorare il catcalling è pericoloso per le donne e dannoso per gli uomini

Gli uomini negano, non riconoscendo nelle proprie esternazioni apprezzamenti non graditi e fischi molesti; anche diverse donne non riescono ad accettare l’effettiva esistenza del catcalling e, in alcuni casi, di esserne state vittime. Questa reazione può comportare forti sensi di colpa e insicurezza, innescando quel meccanismo che porta a pensare che le molestie siano causate da scelte personali riguardanti l’abbigliamento e l’atteggiamento, o percepite come tali a causa della propria incapacità nel riconoscere un complimento — che tale non è, poiché non contestualizzato e, nella maggior parte dei casi, protratto con arroganza, volgarità e violenza.

Le reazioni percepite sono contrastanti: in prima istanza, le vittime hanno affermato di aver provato avvilimento perché trovatesi in una posizione d’impossibilità nel reagire alle molestie di un estraneo, ignorando le possibili reazioni di quest’ultimo, e temendo di poter incorrere in conseguenze fisiche. Pertanto, la frustrazione scaturisce non solo dalla sensazione d’impotenza, ma anche dalla consapevolezza d’esser trattate come mera carne da bancone, osservate e sezionate con gli occhi, e rese oggetto de facto come merce in vetrina. Questa constatazione ci porta a un ennesimo stadio emotivo: i sensi di colpa.

Numerosi studi hanno dimostrato che una donna vittima di catcalling si sentirà lesa nella propria autostima rischiando di giungere a stadi ansiosi o depressivi. L’idea che un abbigliamento diverso o la scelta di un percorso alternativo per recarsi in un determinato luogo avrebbe evitato la molestia porta a una colpevolizzazione della vittima e a credere che siano i propri comportamenti a determinare l’insorgere delle molestie stesse. Dunque, il focus si sposta dal problema cardine, ossia la mascolinità tossica di chi crede che un «non sai che ti farei» possa essere un commento apprezzato, quasi desiderato. Come se una donna stabilisse il suo modo di essere o di fare in base all’indice di gradimento maschile.

Focalizzarsi sugli atteggiamenti della donna anziché su quelli dell’uomo consente a quest’ultimo di consolidare la propria condizione egemonica a detrimento del genere femminile. Del resto, ciò è comprovato anche dalle ripetute vittimizzazioni dei carnefici atte a giustificare i gesti in quanto avances mal riuscite. Questa percezione dei fatti conduce anche a un’ennesima limitazione della libertà individuale della donna; a seguito delle molestie la vittima si sentirà costretta a cambiare le proprie abitudini non frequentando più determinati posti tra quelli considerati familiari, oppure di non poter più indossare ciò che predilige. Alcune donne, però, vivono per converso una situazione di catcalling. Riconoscendo il complimento verbale come innocuo, accolgono neutralmente sguardi taglienti e commenti sessisti sia su di sé che su altre donne, identificandoli come semplici apprezzamenti, accettando la normalizzazione delle molestie verbali.

In egual modo — ma non al medesimo grado — il catcalling danneggia anche gli uomini. In particolare, su chi si sente a disagio vivendo in terza persona il catcalling e ne rimane indifferente. Infatti a causa della percezione maschio-centrica dei ruoli sociali, il molestatore si sentirebbe sotto accusa soltanto se a puntare il dito fosse un uomo, visto come suo pari, e non una donna. Se nessunə interviene, la molestia viene normalizzata. Ignorare il catcalling porta al rafforzamento delle azioni che appartengono alla cultura dello stupro. Una piramide alla cui base troviamo proprio il catcalling. È stato appurato che, da un gesto ritenuto innocuo, è possibile giungere ad atti persecutori più invasivi, fino ad arrivare alla violenza sessuale o al femminicidio.

Catcalling e piramide dello stupro (Chegender)

Chi raccoglie le testimonianze di molestie verbali in Italia? 

Per riconoscere questi eventi e per raccogliere un archivio di testimonianze utili a rendere evidente e non trascurabile questo fenomeno, soprattutto agli occhi degli scettici del «Ma non si può dire più nulla», sui social sono nate diverse pagine e movimenti gestiti da ragazzə sensibili a questo piaga sociale.

Dall’idea di Sophie Sandberg, studentessa statunitense, nel 2016 nasce Catcalls of NYC con l’intento di raccogliere quante più testimonianze possibili di catcalling trascrivendole poi sui marciapiedi della città con dei gessetti colorati allo scopo di renderle visibili a ogni passante. Mentre in Italia dei giovanə hanno preso spunto creando Catcalls of in diverse città. Inoltre, il movimento anti-violenza #BreakthesilenceITA nasce a Torino dall’idea di tre studentesse che hanno avvertito l’esigenza di raccogliere storie di catcalling e condividerle in forma anonima su Facebook e Instagram.

Catcalling
Manifestazione Non una di meno, 25 novembre 2016.
Andrea Agrillo ©

Importante è anche l’attività di Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista che, nelle sue pubblicazioni “Perché il femminismo serve anche agli uomini” e “Non sono sessista, ma…“, analizza la mascolinità tossica contrapponendosi al movimento Not all men, in cui i sostenitori minimizzano gli atteggiamenti maschilisti, relegando tali azioni deprecabili soltanto a pochi uomini e derubricando la gravità del fenomeno. Dice Gasparrini: «Il principale inganno che crea il sistema patriarcale nei pensieri e nei gesti degli uomini è l’illusione della loro libertà, l’idea che il mondo sia a loro disposizione per realizzare i loro desideri, la convinzione di non essere toccati da costrizioni e imposizioni legate al loro genere».

Per proteggersi dal catcalling  sono nate anche delle applicazioni scaricabili sulla maggior parte degli smartphone. Fra queste la più famosa è Wher, grazie alla quale l’utente può verificare quale sia la strada più sicura da percorrere in base all’indice di apprezzamento rilasciato da altrə utenti che hanno percorso una via o una piazza. Così facendo, grazie alle esperienze altrui, si è venuta a creare una community di utenti prontə ad aiutarsi vicendevolmente per vivere più serenamente passeggiate e rientri a casa.

Ciò non è bastato a far classificare il catcalling come reato in Italia, così come è avvenuto in Francia dal 2018, dove per questa tipologia di molestie viene comminata una sanzione che va dai 90 agli oltre 3mila euro. In Italia l’art. 660 del codice penale regolamenta le molestie verbali ma fra queste non viene riconosciuto il catcalling, nonostante le continue lotte per rivendicare come l’aggiunta di questa tipologia di molestia potrebbe portare a un miglioramento della vita di ogni donna, che in virtù di ciò potrebbe sentirsi più protetta dalle istituzioni e, soprattutto, potrebbe iniziare a sentirsi meno violata dall’ennesimo condizionamento della propria libertà individuale scaturito da un atteggiamento di matrice patriarcale.

Una delle affissioni in via Indipendenza del collettivo Cheap.
Michele Lapini ©

Andrea Agrillo

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