L’innovazione e l’originalità in mostra a Bologna: la Project Room del MAMbo (museo d’arte moderna di Bologna) che ospita le creazioni nate dall’ambiente bolognese e regionale, prosegue il suo percorso creativo e stupisce ancora una volta con un pionieristico progetto dal titolo ‘Hidden Displays 1975-2020. Progetti non realizzati a Bologna‘, ideato da Mo.Re a Museum of Refused and Unrealised Art Projects, curato da Elisabetta Modena e Valentina Rossi e supportato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione de Mitri di Modena.
L’ideazione del percorso artistico nasce con l’intento di recuperare opere progettate e mai realizzate all’interno del contesto bolognese dal 1975 – anno di nascita del MAMbo – fino a oggi. Il lungo lavoro di ricerca in archivi e a contatto diretto con gli artisti ha portato alla realizzazione di un itinerario espositivo composto da una cinquantina di opere d’arte irrealizzate per motivi economici, etici, tecnici, logistici o perché materialmente inattuabili in quanto utopiche, volutamente disposte in modo non cronologico.
Hidden Displays vuole essere la chiave d’accesso al mondo di idee che non hanno potuto vedere la luce, a confutazione del fatto che la lunga e impervia strada per concretizzare un pensiero debba inevitabilmente correre il rischio di finire nell’oblio.
La mostra, che ha avuto inizio lo scorso 7 ottobre 2021 e terminerà il 9 gennaio 2022, ha visto gli artisti ricomporre numerosi progetti ora riproposti in differenti modalità rispetto a quelle originarie: alcuni hanno deciso di esporre i materiali che sarebbero stati impiegati per la realizzazione delle opere; altri invece hanno improntato il lavoro in maniera differente, trasformando la documentazione del progetto in modo che potesse richiamare fedelmente il senso originario dell’opera. Inoltre, in occasione di Hidden Displays 1975-2020 è stato pubblicato un volume omonimo, curato da Elisabetta Modena e Valentina Rossi, edito da Edizioni MAMbo e realizzato su progetto grafico di Sartoria Comunicazione.
Il volume si apre con i saggi delle curatrici che delineano cronologicamente i risultati della ricerca e presentano i progetti e le mostre non realizzate come capitoli di una storia dell’arte contemporanea bolognese inedita, e forzatamente frammentata. Il libro comprende inoltre una serie di interviste a importanti figure iconiche della vita artistica del capoluogo emiliano.
Tra le varie opere del percorso espositivo Hidden displays, citiamo, ad esempio, quella di Cristian Chironi. Il lavoro sarebbe composto da scatti dell’artista e da una serie di schemi calcistici, a cui Chironi applica il sistema di segni adottato da Pasolini, in quanto: «le ‘parole’ del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato».
L’opera consiste in una stampa in pvc della Nazionale di Calcio Attori e Cantanti degli anni Settanta, in cui compaiono anche personaggi come Gianni Morandi e lo stesso Pier Paolo Pasolini. Chironi, riproducendo la fotografia in scala reale come una scenografia teatrale, si posiziona simbolicamente tra i giocatori, salendo sopra una sgabello di plexiglas trasparente, per poi iniziare il suo personale discorso virtuale sul calcio con l’intellettuale italiano.
Parlare di linguaggio di segni in Pasolini significa fare riferimento alla sua sperimentazione cinematografica: egli mette l’occhio nelle cose, smantella la concezione antropomorfica dell’espressione e dell’azione. Le cose si esprimono da sole, costituiscono dei focolai di soggettivazione, hanno una potenza espressiva, una luminosità, una propria capacità di proto-enunciazione e di azione che non dipende assolutamente dall’uomo.
A partire da questa concezione, ciò che ci interessa nella semiotica generale di Pasolini è il funzionamento del linguaggio delle cose come discorso non verbale.
Un altro esempio è il progetto Calori & Maillard Fashion Show, a cura di Lorenzo Balbi. L’opera consiste nella realizzazione di un film in pellicola super8 ambientato a Creta, culla della nostra civiltà. Gli attori vi avrebbero sfilato evocando un passato utopico libero dai giochi di potere e dall’urbanizzazione massiva che contraddistingue la città odierna.
Simone Forti ci riporta invece la sua Proposta per una performance in una lettera a Renato Barilli, dell’Archivio MAMbo. All’interno dell’epistola, l’artista si rivolge a Renato Barilli per proporgli una serie di performance da organizzare a Milano o Bologna. Il progetto per un wall painting che si sarebbe realizzato sullo storico Gasometro, al confine tra il centro e la periferia del capoluogo emiliano, sarebbe nato con l’intento di ricreare lo sviluppo di una narrazione ciclica raffigurante due enormi cani che si mordono la coda e che portano sulle spalle l’allegoria di due città (o due facce della stessa città): una dalla festosa noncuranza e una in precario equilibrio.
Nonostante la produzione dell’intera documentazione tecnica e i ripetuti sopralluoghi a opera di curatori artista ed esperti specializzati, l’opera non venne mai compiuta.
La mostra Hidden Displays al MAMbo «non è da intendersi come una sfilata di fallimenti», sottolineano le due curatrici. «Al contrario, i progetti qui raccontati aprono infatti una riflessione sul labile confine tra ciò che può essere definito come realizzato e ciò che non può esserlo, perché i progetti qui presentati sono stati pensati, studiati e proposti: la loro dimensione materiale e reale sarà evidente nella Project Room del museo, in cui si affolleranno testi, bozzetti, maquette, carteggi, disegni, planimetrie, render, video, fotografie, appunti, ma anche idee, visioni, e speranze.»
Mena Trotta