In un teatro Ariston desolato come gli umori degli artisti che non vedono entrare in euro da circa un anno – e se lo vedono devono invertirsi raffazzonati sistemi di guadagno vicario – va in scena la nuova attesissima edizione del festival di Sanremo 2021.
Attesissima perché è l’unico momento dell’ anno dove il popolo del web si erge a giudice giudicante vomitando il proprio famelico istinto critico, con quest’ultimo che plaude o boccia di getto il povero agnello canterino sacrificale.
Sì, perché, invero, la magnetismo coatto di Sanremo (un’odiosità irresistibile simile a quella delle pubblicità che si detestano ma si guardano) sta proprio in questa sua dinamica omicida: a essere giudicati non sono le canzoni in gara in realtà, ma gli umani che hanno l’ardire di calpestare quel palco e di mettersi in mostra. E, per questo, da punire quando si ha l’occasione.
Sanremo 2021 le pagelle al giro di boa:
Chiarito quanto appena detto, chi scrive è un infame in fatto di crudeltà e critiche a sproposito, perciò partiamo con Sanremo 2021 e le pagelle al giro di boa.
Che la situazione sia balorda lo capisci quando entra in scena Orietta Berti che rappresenta la generazione che ha avuto tutto: benessere, fama, soldi, godendo di tutti gli agi del big bang economico e ora rosicchia anche quel poco di spazio e la ribalta che spetterebbe a un giovane. È il conflitto generazionale fatto carne.
La canzone (così come la cover di ieri sera) era il momento perfetto per la pausa bagno. E questo è il giudizio migliore che possiamo dare relativamente alle sue performance.
Max Gazzè si auto-plagia. Fasma è incazzato come un chihuahua e Bugo è inascoltabile.
Arisa, molto sobria rispetto alle recenti uscire, porta sul palco un brano che non si discosta dalle sue recenti incisioni, fatte di cose già dette e ridette. “Potevi fare di più” ha l’autocritica nel titolo e si inserisce come una rivisitazione semantica di “Bastava un Niente” di Gianni fiorellino. Sanremo 2003.
Ma se qui il plagio è solo di concetto, l’autoplagio è totale (musica, melodia, strumentazione) in Max Gazzè che porta in scena Sottocasa 2.0. Ora ci piacerebbe ascoltare un inedito. In ogni caso siamo certi che la canteremo per un po’. Poi andrà meglio.
Rimanendo in tema “amore”, Fasma entra in scena incazzato come un chihuahua, ma in realtà sono sempre i quattro problemucci sentimentali per adolescenti. Momento più alto il duetto/cover con Neslie dove per problemi al microfono Fasma è stato costretto al silenzio.
A proposito di sentimentalismo, il dualismo Morgan/Bugo era ed è inevitabile visti i trascorsi geniali e burrascosi dell’altro anno. Ma proprio perché inevitabile, è uno scandalo che il cantautore milanese sia sul palco dell’Ariston e Morgan no. Questione di condotta e non di merito. Bugo inascoltabile.
Gio Evan entra in scena ostentando un affrancamento dalla norma sociale che non gli appartiene, un teatrante tutto narcisismo ed ego-riferimenti che firma (sì, firma) ogni suo post su Facebook e ci tiene a precisare che gli abiti che indossa sono di tizio a via magazzino della città x e non appartiene ai brand di altissima moda.
Autenticità forzata, emancipazione mediatica simulata. Il testo è anche digeribile, il resto è inesistente. Insistiamo che a Sanremo, comunque, dovrebbero andare i cantanti.
Gli Extraliscio – sebbene nello stile evochino una sagra di paese e la provincia più profonda – hanno un loro perché. Intrattengono e divertono in un festival che sotto questo aspetto stenta a ingranare. Manna dal cielo.
La Rappresentante di Lista hanno un bel motivetto e convincono. Poco estetizzati nella presenza scenica, ma su quello ci si può lavorare nel post-Sanremo. Brand e case discografiche sono avvisate.
In questo Sanremo 2021 (pagelle) non poteva mancare Annalisa. Anche lei porta una canzone che funziona, almeno radiofonicamente. Peccato che sia spaventosamente monolitica nelle sue proposte e il tutto verrà dimenticato entro due sere. Meno il suo outfit, non sempre al passo con i tempi.
Quello dei Måneskin è un pezzo che se lo becchi mentre sei alla guida rischi di ficcarti in un guard rail tanto che sei gasato. I ragazzi (giovanissimi) dominano il palco come pochi. La performance con Manuel Agnelli è già nella storia dell’Ariston. Ora hanno bisogno di qualcuno che investa seriamente in loro, non solo in termini commerciali, ma anche musicalmente. Perché il pezzo non è niente di indimenticabile. Loro, possono diventarlo.
Fulminacci è un altro giovane che ha folgorato per qualche insondabile motivo il direttore artistico Amadeus. Senza voce, senza talenti visibili, senza elementi che lo spoglino della mediocrità. Eppure è lì.
Aiello col suo stile da piercer-maya porta sul palco una canzone orecchiabile. Il problema è che la canta Aiello che avrà una voce bianca apprezzabile, ma una potenza vocale che non gli permette di salire a certi acuti senza berciare come un dannato.
Sanremo 2021: Madame poteva scegliere una canzone migliore, Irama è in versione James McAvoy
Madame ha una sua poetica personale, intima. È una di quelle artiste che si sentono, a ragion (sprov)veduta, il centro del mondo, che se ne fregano del resto. Il perimetro dei suoi interessi sono le sue personalissime sensazioni. Ma chi scrive ha parimenti la sensazione che la canzone “Voce” non la valorizzi appieno. Stessa cosa capitata nella scelta della cover.
Gaia porta una canzone anonima, come il suo atteggiamento: dimesso e timido.
Willie Peyote è un toccasana ma lo attribuiamo al momento in cui va in scena spezzando una serata davvero monocorde. Un testo superficiale, da finto intellettuale impegnato. La cover con Bersani gli permette di lasciare una traccia in questo Sanremo. Ma è tutto merito di Bersani.
Noemi canta Glicine e ci sembra una delle poche canzoni che per quanto sia sul solito registro della cantante, almeno sembra avere una personalità, uno studio e un’anima propria.
Lo Stato Sociale, come suggerisce, fa impegno e critica sociale, la musica è solo il mezzo. Quella cantata da Lodo e compagni è uno strale a tutto il carrozzone mediatico, Sanremo compreso. Durante le cover la migliore performance è loro con l’urlo disperato (e recitato) per lo straziato settore dello spettacolo.
Malika Ayane, che sembra non invecchiare mai, con il suo pezzo non esce dalla sua comfort zone. Ed è un bene.
Irama in versione James McAvoy, è una boccata d’aria fresca con la sua base elettronica e un ritmo incalzante con le parole che sembrano incastrarsi per bene. Nel suo tentativo manca il contenuto, ma ce ne faremo una ragione.
I Coma_Cose poco televisivi, Random partecipa per davvero?
Random a X Factor o un qualsiasi talent show sarebbe stato trattato come uno di quei riempitivi le cui registrazioni servono a far ridere la giuria e il pubblico a casa. Non è un cantante. Non è un personaggio. Insomma, perché è lì?
Ermal Meta sembra provato davvero in tutti i sensi. La canzone punta sulla struggenza senza allontanarsi dal suo classico repertorio. Mediocre e senza guizzi.
I Coma_Cose davvero poco televisivi, a tratti respingenti. Sono quelli che se te li ritrovi a Pasquetta, chitarra alla mano, ti fanno passare anche una bella giornata, ma big a Sanremo anche no.
Stesso discorso con più gravità e profondo rammarico per Ghemon. Follia anche solo pensare di selezionare una canzone del genere.
La sensazione è che tutti i partecipanti abbiano provato ad attirare l’attenzione con look di rottura dalla tradizione, cover sofisticate e atteggiamenti autoreferenziali. Ma questa spasmodica – seppur velata – ricerca di attenzioni, le distoglie anche da chi effettivamente potrebbe attirarle.
Il festival di Sanremo 2021, perciò, sembra essere uno spettacolo più di personaggi che di cantanti.
Enrico Ciccarelli