corpo elettorale
fonte: wikimedia commons

Abusato, deriso, maltrattato, controllato. Sul corpo si esercita ogni giorno una battaglia che, periodicamente, smette di essere solo questione sociale e diventa politica. Il corpo diventa corpo elettorale. Ma quale corpo?

Corpo politico e corpo elettorale

È il corpo degli anni ’70, quello di cui stiamo parlando, quello della liberazione e al tempo stesso la ri-appropriazione della propria pelle o il corpo degli anni ’90, che conosce nuove malattie e che sperimenta nuove sostanze per amplificarne o ridurne le potenzialità. O, ancora, il corpo esibito sulle reti televisive, propagandato come mezzo elettorale.

È il corpo, martoriato, bruciato, torturato dei lager libici o quello gonfio abbandonato nel fondo del mediterraneo. È il corpo di oggi, soggetto a quarantene e lascia passare. È il corpo compresso, stritolato nelle macchine, il corpo che cade da un palazzo in costruzione e, nella polvere, muore. È il corpo abusato da una mente che chiede la sua pace e la cerca ora nella privazione, ora nell’abbondanza, ora nella dimenticanza, e per questo viene chiamato deviato. È il corpo degli elettori: lo spazio in cui la politica esercita il suo potere.     

Un dispositivo elettorale e un manifesto culturale che si sostanzia a partire dallo spazio – intimo e pubblico insieme – del corpo, cartina al tornasole delle scelte e degli orientamenti politici dell’Italia di oggi e di ieri. Non c’è discussione, non c’è dibattito che non lo riguardi e che non riguardi, nello specifico, il corpo delle donne: territorio preferito di propaganda. Perché, insomma, le donne sono sempre in cima alle agende politiche.  Sempre che si parli di come controllarle, limitarle, violentarle o indagarle, ça va sans dire.

La politica delle donne

Dall’ultima settimana d’agosto si sono succedute diverse notizie di attualità che hanno riguardato, in maniera quasi esclusiva, la gestione del corpo e, nello specifico, del corpo delle donne. Se ne parla, imponendo le proprie regole su di esso, per rivendicare una sorta di autorità: se lo controllo, lo posseggo, e se lo posseggo, lo controllo.

Da Giorgia Meloni che pubblica il video della violenza sessuale subita da una donna a Piacenza per propagandare la sua avversione al diverso, alle polemiche che hanno affollato i social per i giorni a seguire, pur di racimolare voti, la politica strumentalizza fatti di cronaca È la politica che, terminate le argomentazioni, si serve del dolore, lo esibisce, lo mostra. E si serve delle urla e della violenza per attaccare il proprio avversario. Da destra a sinistra, passando per i cinque stelle, non c’è stata una forza politica che non abbia abusato di quel corpo: Meloni pubblicandolo, gli avversari rimettendolo al centro del dibattito per condannarne la diffusione e addirittura Conte che, vantandosi della estraneità alla diffusione e alle successive polemiche, lo ripropone giorni dopo.

C’è il monito (degli organi di stampa prima, e di Chiara Ferragni dopo: indovinate chi ha fatto più views?) sulle politiche sull’interruzione volontaria di gravidanza condotte dalla destra nelle Marche e in Umbria, Regioni attualmente controllate da Fratelli d’Italia dove accedere a trattamenti sanitari farmacologici abortivi è pressoché impossibile. Ci sono, poi, le politiche che premiano la genitorialità, che concedono benefici, sgravi, bonus per la prosecuzione della stirpe italica attraverso un’equazione tanto semplice quanto pericolosa: più figli fai, più vieni premiato.

 E a poco importa se i motivi che allontanano donne e uomini dalla riguardano problemi socialmente strutturati, poco importa se no, io questo figlio proprio non lo voglio perché l’idea di averlo mi snatura, mi allontana da chi sono: non c’è spazio per l’individualità, per le esigenze personali e per le richieste di aiuto, in questo Stato. Questo Stato che pretende senza concedere e non sostiene, mentre impone di produrre. Produrre cosa? Capitale, in ultima analisi. E quindi, sì, io santifico il tuo corpo, oh donna fertile, lo celebro, ne riconosco la potenza. Ma solo fino a quando potrò controllarlo, potrò usarlo come incubatrice e macchina riproduttiva.

Non ne avrò pietà, invece, quando sarà abusato, non mi curerò delle tue urla di terrore quando proveranno a violentarti – e, credimi, ci riusciranno -, non mi importerà se vorrai lavorare e esser madre e cercherai un modo per farlo, quando a tuo marito diranno bravo per aver tenuto tuo figlio un’ora mentre sulle tue spalle ricade il peso del lavoro familiare, non sarà affar mio quando ti vedrai allo specchio e ti odierai per il corpo che indossi.

Anzi. In questi e altri casi, mi girerò dall’altra parte. Quando vorranno seppellire il tuo feto contro la tua volontà, quando chiederai una pillola per interrompere la tua gravidanza, quando ti daranno della “troia” per come ti sei vestita, comportata, per come hai risposto, ti ignorerò. Perché la tua sessualità mi importa fino a quando ne traggo beneficio. Ma non preoccuparti: questa volta, ne avrò anche per l’uomo.

Edda Guerra

Classe 1993, sinestetica alla continua ricerca di Bellezza. Determinata e curiosa femminista, con una perversa adorazione per Oriana Fallaci e Ivan Zaytsev, credo fermamente negli esseri umani. Solitamente sono felice quando sono vicino al mare, quando ho ragione o quando mi parlano di politica, teatro e cinema.

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