Ligabue, una biografia senza reticenze
Fonte: Massimo Poggini

Massimo Poggini è da tutta la vita che si occupa di musica. Ha incontrato un numero incredibile di star internazionali (da Bob Marley ai Sex Pistols a Keith Richards, da Sting a Bjork) e conosce benissimo i musicisti di casa nostra, con alcuni dei quali ha stabilito un rapporto speciale, al punto da diventarne biografo (Vasco Rossi, Ligabue, Pooh, Fausto Leali, Lucio Dalla tanto per citarne alcuni).

Tra i molti libri che ha scritto c’è “Liga”, la biografia di Luciano Ligabue scritta inizialmente per Rizzoli e, successivamente, ripubblicata in versione ampliata dalla casa editrice Bur. Nelle trecento-sessantadue pagine del tomo tornano alla memoria momenti importanti della scena musicale nostrana: il percorso artistico del rocker emiliano con il suo gruppo degli esordi, le sue speranze, il primo album e il primo concerto.

L’edizione aggiornata di Liga, la biografia di Luciano Ligabue

Il libro di Massimo Poggini racconta, oltreché l’artista Ligabue, anche l’uomo Luciano, descrivendone il rapporto con la sua città natale, con chi la abita, con i familiari e gli amici di sempre, nonché la sua volontà nel portare avanti un sogno giovanile che dura, ormai, da svariati decenni. Chi vuole conoscere aneddoti mai narrati sulla vita del Liga, può farsi ammaliare da queste pagine.

Abbiamo rivolto a Massimo Poggini, dalle cui parole è evidente una profonda conoscenza e stima nei confronti di Luciano Ligabue, qualche domanda sulla star di Correggio.

Cosa ricordi del vostro primo incontro?

«Il Liga l’ho conosciuto nel gennaio del 1991. Eravamo al Superstudio di Milano per un servizio fotografico e intervista. Il ricordo che ho impresso nella memoria è quello di un ragazzone dai lineamenti molto marcati, una via di mezzo tra un Charles Bronson della bassa padana e un indiano metropolitano. Davanti all’obiettivo del fotografo era un po’ impacciato. Non rammento un solo gesto di scortesia, ma era evidente che non gli piaceva farsi ritrarre. Per l’intervista, invece, non ci fu nessun problema: parlava di tutto senza reticenze

Avrà qualche difetto?

«Ne ha molti. Per esempio, è uno che fa molta fatica a fidarsi. Questo vuol dire che se non conosce bene chi ha davanti resta chiuso come un riccio

Dici che il successo non lo ha stravolto, ma sarà capitato anche a lui di perdere il contatto con la realtà: capita a tutte le star…

«E in effetti è capitato anche a Ligabue: credo che il suo peggior periodo sia stato verso la fine degli anni Novanta, ai tempi di Miss Mondo. Era convinto che ce l’avessero tutti con lui. Ma per sua fortuna quel periodo è durato poco. Secondo me, a tenerlo coi piedi per terra ci pensano gli amici: lui dice che ogni tanto lo fanno incazzare, però questo gli serve per ripulirsi la testa. Il problema è che quando sali sul palco e canti per decine di migliaia di persone è facile sentirti quasi un dio, ci vuole qualcosa o qualcuno che ti riporti alla realtà quotidiana.»

Ligabue è arrivato alla fama a trent’anni. Se fosse successo quando ne aveva venti, credi che avrebbe avuto una carriera così longeva?

«Onestamente penso di no, e anche lui ne è convinto: dice che ha avuto fortuna, perché se gli fosse capitato prima chissà quante stupidagini avrebbe fatto.»

Com’è il suo rapporto tra Ligabue e i fans?

«Ottimo. Luciano li ha sempre rispettati molto e anche oggi non si sottrae alla richiesta di una foto, di un autografo, di una foto e, se ha tempo, a scambiare due chiacchiere. Il problema è che i fan, almeno quelli più scatenati, dovrebbero capire che non può passare tutto il tempo in questa maniera, nonostante non lo disdegni.»

Cosa ci dici riguardo l’esperienza di Campovolo?

«Luciano è uno che ama le sfide. Fare un concerto a due passi da dove sei nato e cresciuto regala emozioni straordinarie. Non è una questione di denaro, ma di ego. La cosa potrà piacere o meno: se uno non è estremamente egocentrico a salire su un palco davanti a migliaia di persone proprio non ce la fa. E lui, ne sono certo, farebbe un patto col diavolo per passare gli anni che gli restano su un palco.»

Tu conosci bene anche Vasco Rossi. In cosa sono simili e in cosa sono diversi?

«Quel che li accomuna è lo spirito emiliano; anche se sono nati a pochi chilometri di distanza, non bisogna scordarsi che Luciano è figlio della bassa, mentre Vasco è un montanaro. Difatti, il primo ama stare con gli amici, fare grandi mangiate, bere dell’ottima bonarda; il Blasco è decisamente più introverso, più solitario. Per quanto riguarda la musica, Vasco è più selvaggio, più vicino a uno come Keith Richards; il Liga ricorda più il mondo di Springsteen o degli U2. Comunque, soprattutto dal vivo, entrambi hanno la capacità di sprigionare un’energia pazzesca.»

Vincenzo Nicoletti

Vincenzo Nicoletti, classe '94. Cilentano d'origine, bresciano d'adozione. Oltre che per la scrittura, coltivo una smodata passione per i viaggi e per lo stare all'aria aperta. Divoratore onnivoro di libri e assiduo ascoltatore di musica sin dalla più tenera età.

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