Il British Medical Journal, rivista medica inglese e unica fonte scientifica ad aver approfondito l’argomento, ha segnalato la comparsa di una serie di alterazioni nel ciclo mestruale delle persone a seguito della somministrazione del vaccino anti COVID-19. Più precisamente, è stato riscontrato che il flusso tende ad aumentare di intensità e che può accompagnarsi a piccole perdite di sangue che si verificano al di fuori del contesto delle mestruazioni mensili (in alcuni casi lo spotting si è verificato anche dopo la menopausa). Queste anomalie però – come ha spiegato l’immunologa specializzata in fertilità e autrice dell’editoriale pubblicato su BMJ, Victoria Male – scompaiono già durante il ciclo mestruale successivo alla somministrazione del vaccino. Nessuna evidenza scientifica, inoltre, sembrerebbe confermare che la vaccinazione contro COVID-19 influisca negativamente sulla fertilità (né su quella maschile né su quella femminile).
I cambiamenti del ciclo mestruale comunque non rientrano tra gli effetti collaterali della vaccinazione elencati dall’Agenzia britannica di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA nella sigla inglese) che, invece, includono braccio dolorante, febbre, affaticamento e mialgia. L’MHRA, inoltre, scongiura la possibilità di un collegamento diretto tra vaccini e variazioni del flusso mestruale. Le segnalazioni in tal senso, infatti, se messe in relazione sia al numero di persone vaccinate che alla prevalenza dei disturbi mestruali in generale, sono ancora insufficienti a confermare una simile correlazione. Non a caso, una delle ipotesi più quotate per spiegare questo fenomeno è rappresentata dall’elevato livello di stress cui si è sottoposti in questo periodo di emergenza pandemica.
Ricondurre il collegamento tra alterazione del ciclo mestruale e vaccini a un solo fattore psichico – oltre a restituire, forse, una spiegazione troppo semplicistica del fenomeno – rischia di rafforzare ulteriormente quella tendenza fin troppo diffusa consistente nello screditare il dolore provato dalle donne. Quando non è “solo nella sua testa”, infatti, il dolore di cui una donna dichiara di soffrire resta sempre e comunque sottostimato (di endometriosi, per esempio, soffrono circa 176 milioni di persone al mondo eppure è solo negli ultimi anni che si è cominciato a sentire diffusamente parlare di questa patologia). D’altra parte, laddove non arriva l’evidenza scientifica arriva l’indottrinamento patriarcale ed è così che ci si convince – a sproposito, ovviamente – che le donne riescano a sopportare meglio il dolore rispetto agli uomini. Ed è proprio un riflesso della cultura patriarcale la mancata attenzione prestata, durante i trial clinici, alle eventuali correlazioni esistenti tra alterazione del ciclo mestruale e vaccino anti COVID-19. Prassi diffusa in ambito scientifico è, infatti, quella di considerare la donna come una “variante” dell’uomo, con la significativa conseguenza di trascurare completamente le differenze esistenti dal punto di vista della farmacocinetica e della farmacodinamica. Differenze relative al modo in cui il corpo assorbe, distribuisce ed elimina il farmaco e a come quest’ultimo agisce sull’organismo che, appunto, cambia a seconda che il soggetto sia un uomo oppure una donna.
La sottorapresentanza delle donne durante le sperimentazioni cliniche, inoltre, finisce con l’annullare anche quelle differenze relative al metabolismo, all’invecchiamento e al sistema immunitario, con il rischio di sottoporle a possibili effetti collaterali non emersi durante i test sui nuovi farmaci. Pertanto, sebbene la percezione comune della scienza sia quella di un’entità che, dotata di vita propria, si eleva al di sopra delle umane vicende, essa rappresenta piuttosto il risultato delle operazioni del pensiero, specialmente in quanto oggetto di codificazione sul piano teorico (scienza pura) e di applicazione sul piano pratico (scienza applicata). Stando alla definizione dell’Oxford Languages, dunque, è facile comprendere che se, sia sul piano teorico che su quello pratico, il pensiero scientifico è dominato da maschi bianchi allora le ricerche svolte dalla comunità degli scienziati tenderanno ad avere come oggetto di studio la fisiologia maschile più che quella femminile.
Proprio per ovviare all’assenza di dati dovuta al mancato monitoraggio del ciclo mestruale nella fase di sperimentazione clinica del vaccino, alcune scienziate – compresa la stessa Victoria Male – hanno lanciato un sondaggio sull’argomento, raccogliendo finora oltre 120mila risposte. Dati che, si spera, possano tornare utili per studiare il fenomeno delle anomalie mestruali in modo più approfondito, ma anche per evitare che lo stesso possa essere impiegato dagli antivaccinisti per diffondere le loro teorie del complotto. False affermazioni secondo cui il ciclo mestruale o persino le gravidanze potrebbero essere influenzate anche solo dalla vicinanza a persone vaccinate hanno già guadagnato una pericolosa e significativa visibilità su tutti i social media. Ecco perché, più forte che mai, si avverte la necessità di riformare la sanità: aumentarne non solo la capacità di reazione a shock improvvisi, ma anche renderla più equa e inclusiva possibile, superando definitivamente l’idea che l’uomo rappresenti la regola e la donna l’eccezione.
Virgilia De Cicco