Dopo due anni e mezzo i biglietti della Circumvesuviana di Anna Lambiase ritornano all’EAV per essere esposti in una mostra completamente dedicata a loro.
Una promessa mantenuta quella di due anni fa, quando il presidente dell’EAV De Gregorio, colpito da quello che dei comuni biglietti della Circumvesuviana erano diventati, ha deciso di esporli al pubblico. Il piano era quello di allestire una mostra all’interno di uno dei treni storici della Circumvesuviana, un incontro tra presente e passato sui passi della storia che si affaccia alla contemporaneità e concepisce modi innovativi per essere riconcettualizzata (e salvata) attraverso nuove forme di espressione artistiche. La mostra era pianificata per febbraio 2020, ma lo stato di emergenza sanitaria ne ha impedito la realizzazione, costringendo tutto il team a rimandare a data da destinarsi. Questa data è proprio il 14 giugno 2022, infatti martedì 14 giugno dalle 09:00 alle 16:00 presso la Stazione di Porta Nolana, nel treno storico, si terrà la mostra.
I biglietti della Circumvesuviana della giovane artista napoletana, Anna Lambiase, dopo due anni e mezzo riconquisteranno l’EAV con un valore aggiunto, perché, come qualsiasi tipo di opera artistica elude le interpretazioni fisse e si presta a innumerevoli letture, allo stesso modo anche i Biglietti lo fanno. La produzione artistica in miniatura della giovane artista , dopo la pandemia, ha acquistato nuovi significati e conquistato filoni narrativi differenti. I biglietti di Anna Lambiase si inseriscono nel discorso che poche persone hanno ancora il coraggio di fare a favore della bellezza e dei mezzi di cui si serve per sopravvivere, persino se si tratta di biglietti della Circumvesuviana. Si tratta, però, anche di resistenza, perché se i bigliettini sono gli stessi, la percezione di chi li guarda dopo questi due anni di pandemia non è rimasta immutata. E ancora, un messaggio ambientalista, data l’emergenza ambientale, di riutilizzare, dare vita nuova ad una cosa che ha già servito il suo scopo originario. Perché sprecare la carta, quando la si può trasformare in opera d’arte?
Prima della mostra tanto attesa, abbiamo scambiato due chiacchiere con l’artista, Anna Lambiase, per addentrarci nella sua arte in miniatura e indagare negli innumerevoli significati che può assumere.
Secondo te, perché due anni fa i tuoi biglietti della Circumvesuviana sono piaciuti così tanto? Oltre ad essere dei disegnini belli da vedere, cos’è che ha conquistato l’attenzione di chi li ha visti? Cos’è che ha conquistato il presidente dell’EAV De Gregorio?
Anna Lambiase: «A dire il vero, ancora non me lo spiego. È successo tutto così in fretta e in modo così assurdo che non ho saputo darmi una spiegazione concreta. Però, riflettendoci, suppongo che i miei biglietti siano piaciuti in quanto deviazione dalla norma. Non ritengo che sia stato un colpo di genio, ma sicuramente riciclare in modo creativo ciò che passa inosservato agli occhi della gente, attira l’attenzione e spinge alla curiosità. Per quanto riguarda il Presidente De Gregorio, che con molto entusiasmo mi ha proposto sin dal primo momento di esporli, e tutto il team dell’EAV che lo ha supportato nella realizzazione di questo progetto, credo che abbiano visto nella mia riconcettualizzazione del comune biglietto per i mezzi pubblici una maniera di espressione singolare, che potesse unire creatività a praticità, un modo per trasformare l’attesa del treno in arte. »
Ti aspettavi ti avrebbero richiamato dopo due anni? Secondo te perché l’hanno fatto? Che messaggio può trasmettere la mostra dei tuoi Biglietti nella Circumvesuviana?
Anna Lambiase: «Tutto mi sarei aspettata fuorché, dopo ben due anni e mezzo, essere richiamata per organizzare nuovamente la mostra sospesa. A pensarci è folle come la vita trovi sempre il modo di sorprenderti e darti una nuova possibilità. Credo che riprendere da dove ci eravamo fermati sia stato l’obiettivo centrale di chi, con tanto impegno, sta organizzando questa mostra, per dimostrare che nonostante le difficoltà, ci si può sempre rimettere sul binario giusto. E io vorrei proprio che la mostra, in quanto simbolo di un “sogno spezzato” dalla pandemia e inaspettatamente ricostruito, trasmetta questo.»
Che valore avevano per te i tuoi Biglietti prima della pandemia? Cosa rappresentavano? E che valore invece hanno adesso, qualcosa è cambiato?
Anna Lambiase: «I miei biglietti, così come tutte le mie piccole creazioni, hanno sempre avuto per me un valore affettivo molto forte, ora come allora. Ognuno dei miei biglietti porta con sé una storia, un’emozione del momento, un’idea fugace. Sono l’espressione dei miei sentimenti, sia negativi che positivi, delle mie giornate NO, di euforia, ansie, insonnia, gioie. È come se, tutti insieme, in qualche modo, raccontassero qualcosa di me che neanche io saprei come raccontare. Se prima erano solo “scarabocchi” conservati in un cassetto, adesso, guardandoli a distanza di anni e con alle spalle tutta l’attenzione che hanno ricevuto, hanno ancora più valore per me. Nonostante io sia cambiata, ci rivedo ancora me stessa. Anche se è da tempo che non disegno più sui biglietti, so che voglio ritornare a farlo e a creare qualcosa di nuovo, perché mi hanno dato tanta soddisfazione.»
E il tuo rapporto con l’arte? Credi che la pandemia abbia in qualche modo modificato il tuo rapporto con essa?
Anna Lambiase: «Ho sempre disegnato, da quando ne ho memoria. Mia madre ti direbbe che sono nata con una matita in mano. La mia “vena artistica” è ancora sul muro della cucina, nei quadretti appesi nel salotto, nei miei libri di scuola, sui miei vestiti, nei portafogli dei miei amici. Tutto poteva potenzialmente diventare la mia tela. Tuttavia non mi reputo affatto un’artista con la A maiuscola, non ho mai studiato o seguito corsi (non ancora), l’ho sempre fatto per pura passione. L’arte, che sia io a crearla o altre persone, è sempre stata il mio rifugio, tante volte mi ha salvato. Quando mi sento sopraffatta, frustrata, triste o ma anche quando sono felice da non crederci, il mio primo pensiero è: voglio disegnare! È la mia valvola di sfogo e allo stesso tempo il mio modo di esprimermi, una forma identitaria ecco. Non importa che disegni tutti i giorni o una volta all’anno, l’arte, o comunque la possibilità di fare arte, mi farà sempre sentire così. È come se, il solo pensiero che esistano così tanti modi di fare arte e che io possa contare sul suo potere catartico e terapeutico in ogni momento, mi sollevasse da tutti i pensieri negativi. È un’amica con cui dialoghi per schiarirti le idee, ma è anche una mamma chioccia che ti prende sotto la sua ala quando sei persa. Questa per me è l’arte.»
Inoltre, aggiunge: «Purtroppo, però, se c’è una cosa che la pandemia mi ha portato via e non avrebbe dovuto è stata proprio la mia voglia di continuare ad esprimermi attraverso l’arte. L’assurdità di quello che abbiamo vissuto, a mano a mano che la pandemia avanzava, mi ha spaventata, mi ha spinto a chiudermi e a non trovare più le energie tantomeno la voglia di fare arte. Poi la vita è andata avanti e, nonostante sia stata dura per tante ragioni, ho ritrovato me stessa in numerose altre cose e l’arte mi ha sempre accompagnato, seppur per un periodo abbia fatto solo da sfondo. Nonostante non mi capiti più tanto spesso di disegnare, mi sento sempre spiritualmente vicina a questo mondo, non smetterà mai di essere una parte di me.»
Si può dire che la tua arte in miniatura sia sopravvissuta, un po’ come tuttə noi, alla pandemia. Credi che la percezione della tua arte su un biglietto del treno sia diversa, dopo l’emergenza sanitaria? C’è gente che dopo 2 anni non ha ancora ripreso la Circumvesuviana e i mezzi pubblici, che valore possono avere per loro?
Anna Lambiase: «La pandemia ha cambiato tutte le carte in tavola, e riprendere in mano questa situazione, rivedere i miei biglietti, abbandonati in un cassetto per un tempo che mi è sembrato lunghissimo, non lo negherò, mi ha destabilizzato. Però, a dirla tutta, sono sempre io, la pendolare che ancora conserva i biglietti per riciclarli in modo creativo, quella a cui gli amici non smettono di dare i biglietti conservati appositamente dai loro recenti viaggi perché sanno che ne farà buon uso, la studentessa che si rifugia nell’arte quando si sente troppo sopraffatta dal mondo esterno e che ha sempre nella testa una fucina di idee creative mai messe in atto.»
E conclude, dicendo: «Spero che tuttə coloro che, come me, sono stati “interrotti” dalla pandemia, nelle piccole cose della vita e nella loro routine, date per scontate prima di tutto questo, possano trovare la forza di ricominciare a vivere la quotidianità, come ad esempio tornare a prendere quel treno affollato senza paura. Mi auguro che possano vedere nella mia “arte in miniatura”, per citarti, un nuovo modo di affrontare le loro paure, ansie o frustrazioni, che siano per il sovraffollamento nei vagoni, per i ritardi inaspettati che ti cambiano i piani, per l’ansia del virus o altro. Io lo faccio disegnando, ma esistono tante altre modalità di espressione che possono aiutare ad esorcizzare i problemi e invito tuttə coloro che si trovano in difficoltà dopo la pandemia a trovare il proprio modo. Mi piacerebbe che, anche se per un breve istante, guardando i miei biglietti, le persone potessero lasciare da parte i problemi in favore di un bagliore di stupore comune e forse d’ispirazione. Perché in fondo è questo che l’arte deve fare: aggregare, spingere alla condivisione ma soprattutto aiutare a ripensare il mondo della routine e i propri limiti. »
Giuseppina Pirozzi