Esattamente 175 anni fa l’affascinante Parigi, pronta a vivere spensierata la cosiddetta Belle Époque, partoriva inconsapevolmente la mente fantasiosa, insaziabile di idee e di pennellate, di colui che sarebbe stato il cuore vero e proprio dell‘Impressionismo francesce: Claude Monet.
Allievo del paesaggista Eugène Boudin e in seguito stretto collaboratore di Courbet, Claude Monet sceglie fin da giovane di instaurare un rapporto di immediatezza e di osservazione diretta con il soggetto naturalistico prestatosi alla rappresentazione artistica: le sue prime esperienze pittoriche avverranno difatti, tutte en plen air, cosa che gli permetterà di afferrare con riflessi subitanei i giochi di luci ed ombre riprodotti in modo originale sulle tele.
Stanco del modo accademico e classico di intendere la pittura e l’arte nel suo complesso, risoluto dunque, ad allacciare un legame tangibile con il moderno, fonda insieme ad una serie di giovani artisti, tra i quali spiccano i nomi di Renoir, Degas e Cézanne, il gruppo, divenuto poi celeberrimo, degli Impressionisti che attratti dagli scatti delle prime macchine fotografiche e dalla codificazione scientifica dei colori operata dal chimico Chevreul, inizieranno ad allestire liberamente interessanti mostre, prive di premio e di giuria d’ammissione.
La prima di tali mostre si tenne a Parigi tra 15 aprile e il 15 maggio del 1874: tra le tele esposte c’era quella che avrebbe dato il nome all’intero movimento parigino,“Impressione: levar del sole”, concepita ovviamente dall’anima sovversiva di Monet.
Claude Monet, Impressione: levar del sole (1872, olio su tela. Parigi,Musée Marmottan)
Ad essere rappresentato è il porto di Le Havre scorto nel suggestivo momento mattutino dell’alba: protagonista assoluto del quadro è senza dubbio il sole che, rispecchiandosi con leggerezza nelle acque sottostanti, sembra vestirsi con fare innaturale della stessa luminosità del cielo che l’ospita, il che fa sì che la stella del giorno possa apparire, seppur con sfumature fantastiche, in una posizione di rilievo nell’opera totale.
Risale invece, a circa tre anni dopo la famosa tela “Donna con parasole e bambino” dove, ancora una volta, vibrano intensi i bagliori solari i quali conferiscono al tutto, figure comprese, una brillantezza cromatica mai vista prima.
Claude Monet continua quindi a seguire in modo assai coerente la linea pittorica intrapresa da adolescente, approfondendo pian piano le decisioni artistiche originarie senza mai abbandonarle, tant’è vero che nelle opere successive, l’assenza del disegno e l’attenzione per il colore risultano essere ancor più vive ed intense. Quasi ossessiva diventerà però, la ricerca dell’istantaneità: il ritorno incessante ai medesimi soggetti sarà totalmente voluto ed intenzionale, essendo lo scopo primario di Monet quello di osservare in diverse ore del giorno e in differenti stagioni dell’anno un dato elemento per coglierne tutte le sfumature nelle mutate condizioni atmosferiche e di luce.
Tra i cicli pittorici realizzati dalla mano di Claude Monet è di certo indimenticabile quello dedicato alle “Ninfee”, osservate direttamente dal giardino di sua proprietà situato a Giverny. È qui più che evidente, la purezza culminante dell’arte del pittore parigino che giunge a percepire le forme come sfatte, come morbidi riflessi di luce e colore.
Ed è così che Claude Monet saluterà la scena pittorica, lasciando agli astrattisti e non solo un’eredità preziosa, da custodire con premura. Rimarrà, immobile ed insuperabile nella storia artistica, il suo essere continuamente in bilico tra le perenni mutazioni delle natura e il volerle fissare sulla tela tramite la potenza eternatrice della pennellata.
«Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.»
Anna Gilda Scafaro