Pochi giorni fa un gruppo di ricercatori danesi ha annunciato scoperta esopianeti, ben 95 appartenenti a quasi altrettanti sistemi solari diversi dal nostro. Lo studio è stato compiuto sulla base delle osservazioni effettuate dal telescopio spaziale Kepler, lanciato dalla NASA nel 2009 e ad oggi ancora operativo.
I ricercatori, dopo aver inizialmente identificato 275 candidati, hanno confermato il rilevamento di 149 esopianeti, 95 dei quali mai osservati prima. “Abbiamo scoperto ─ afferma Andrew Mayo, coordinatore scientifico dello studio ─ che alcuni dei segnali erano stati prodotti da sistemi stellari multipli o dal rumore del veicolo spaziale, ma abbiamo anche rilevato alcuni pianeti di dimensioni inferiori a quelle terrestri e altri addirittura più grandi di Giove“.
Un pianeta alquanto interessante orbita intorno alla stella HD 212657, la più luminosa scoperta da Kepler ad ospitare un pianeta. La scoperta di questo particolare esopianeta, che impiega solamente 10 giorni a compiere un’orbita completa, è rilevante perché servendosi di osservatori terrestri gli astronomi possono imparare molto dai pianeti che gravitano intorno a stelle luminose.
Il telescopio spaziale, lanciato nel 2009 dalla NASA con un razzo Delta II, è situato su un’orbita eliocentrica della durata di 372,5 giorni. Nonostante nel 2013 Kepler abbia subito un’avaria a un giroscopio grave a tal punto da compromettere il sistema di puntamento del telescopio e da sancire il termine della missione principale, gli scienziati sono riusciti a sfruttare i sistemi rimasti e ad avviare una nuova missione di ricerca denominata “K2”.
I metodi impiegati da Kepler per la scoperta di esopianeti sono esclusivamente indiretti: ciò significa che l’immagine del corpo celeste non compare mai direttamente sugli specchi del telescopio e che l’eventuale presenza del pianeta viene piuttosto rilevata a partire dagli effetti indotti da quest’ultimo sulla stella ospitante. Attraverso il metodo del transito, utilizzato per individuare i 95 pianeti in questione, viene osservato il lieve calo di luminosità che la stella subisce quando il pianeta le passa davanti. Misurando la durata del transito e la variazione di radiazione emessa risulta infine possibile stimare il periodo di rivoluzione e la massa del corpo celeste.
Con l’aggiunta di questi ultimi 95 nuovi mondi, il numero totale di esopianeti confermati sale a 3700: un’enormità se si tiene conto del fatto che la certificazione scientifica del primo pianeta extrasolare risale solo al 1992. Inoltre, stando ai dati ricevuti negli ultimi anni da Kepler (che ha individuato circa i due terzi dei pianeti finora scoperti), più di 2000 pianeti attendono ancora di essere confermati.
“Gli esopianeti appartengono a un settore di scienza spaziale molto affascinante. ─ sostiene Mayo ─ Essi permettono infatti agli astronomi di sviluppare un’immagine sempre più dettagliata del cosmo, e questo ci aiuta a posizionare meglio il nostro sistema planetario nel contesto galattico“. La scoperta e lo studio di nuovi esopianeti, oltre a permetterci di comprendere l’origine e l’evoluzione del nostro sistema solare, potrebbe garantirci in futuro una maggior comprensione della vita (di come si è sviluppata sulla Terra nonché della sua essenza in generale).
Nell’arco dei prossimi mesi saranno lanciati altri due telescopi con l’obiettivo di rintracciare nuovi esopianeti: TESS (finanziato e gestito dalla NASA) avrà il compito di individuare eventuali pianeti posti intorno alle stelle più luminose e vicine alla Terra, CHEOPS dell’Agenzia Spaziale Europea dovrà invece proseguire con lo studio di esopianeti già confermati e infine il James Webb Space Telescope (l’ambizioso successore di Hubble in attesa di essere lanciato nel 2019) sarà addirittura in grado di cogliere direttamente l’immagine dei pianeti extrasolari.
Sebastiano Martorana