«Mondo di estreme privazioni e diseguaglianze sconvolgenti»: questo è il quadro proposto da Amartya Sen nel descrivere un pianeta in cui convivono situazioni estreme di prosperità e diseguaglianza, aprendo importanti interrogativi di carattere etico. Non a caso, il rapporto Oxfam del 2019 “Bene pubblico o ricchezza privata?” parla di 1900 miliardari che hanno visto aumentare le proprie ricchezze di 900 miliardi di dollari, mentre in Africa subsahariana l’indigenza estrema cresce con 3,4 miliardi di persone che vivono al di sotto della soglia dei 5,50 dollari giornalieri. La crisi ecologica e sociale, resa evidente dall’aumento delle diseguaglianze e dalle molteplici problematicità legate al clima, all’inquinamento e al depauperamento delle risorse naturali, rende necessario un ripensamento delle pratiche economiche dominanti, volte ad una crescita senza freno e all’accumulazione infinita di ricchezze. Alcuni approcci alternativi sono stati in effetti già pensati, come l’economia fondamentale e l’economia circolare, che oggi gode di particolare fortuna, per correggere un sistema economico che vede nella massimizzazione del profitto il suo principale dogma e per promuovere pratiche di sostenibilità a livello sociale e ambientale.
Benessere collettivo e utile sociale
Acqua, gas e energia, servizi sanitari e di cura, trasporti e telecomunicazioni, istruzione, raccolta dei rifiuti e industria alimentare. Cos’hanno in comune questi beni e servizi apparentemente differenti? Secondo un gruppo di studio dell’Università di Manchester insieme a ricercatori di numerosi Paesi, questi settori economici rappresentano “l’infrastruttura della vita quotidiana”, produttrice di benessere e coesione sociale. Questo collettivo, riunitosi nel 2013, ha pubblicato il libro “Economia fondamentale. L’infrastruttura della vita quotidiana”, edito da Einaudi, in cui viene evidenziato il ruolo di primo piano che l’azione pubblica potrebbe avere nel regolare la produzione di quei beni e servizi essenziali per la vita quotidiana dei cittadini, garantendo il rispetto di standard sociali e ambientali da parte delle imprese.
Con l’adozione delle politiche neoliberali, l’economia fondamentale subisce massicci processi di privatizzazione e di esternalizzazione (outsourcing), togliendo al controllo pubblico settori come la sanità, l’istruzione e i servizi di cura e assorbendo nelle logiche di estrazione del valore ambiti non ancora sottomessi ai meccanismi del mercato e della concorrenza internazionale. Dunque, re-invertire questa tendenza della sfera economica, sempre più avulsa dalla produzione di benessere collettivo, a distanziarsi dalla sfera sociale appare una sfida indispensabile per consentire alle generazioni future di condurre una vita dignitosa. Il concetto di economia fondamentale, in questo senso, suscita una visione critica di un’economia che, causando una grave crisi ecologica, mette a rischio la sopravvivenza degli esseri umani e dell’ambiente naturale, ridando rinnovata centralità allo Stato e all’azione pubblica nella tutela della collettività.
Il ruolo dei beni pubblici nell’economia fondamentale
Come evidenziato nel Report 2019 dell’Oxfam, prima citato, l’accesso ai beni e servizi pubblici, gratuiti e universali, risulta un elemento preponderante per la lotta contro le diseguaglianze e la povertà. Un’attuazione dell’economia fondamentale permetterebbe di riconoscere la natura politica delle diseguaglianze e di attuare misure oggi impensabili, come le politiche redistributive, la lotta all’evasione fiscale e lo scardinamento del sistema di agevolazioni fiscali di cui godono le multinazionali e i super-ricchi. Economia fondamentale significa pertanto rispondere alle istanze che provengono dalla società e dai territori, dando particolare attenzione ai beni comuni locali.
Negli ultimi mesi non si fa che parlare del Green New Deal, proposta della deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez per promuovere la sostenibilità sociale e ambientale attraverso una serie di politiche per invertire il cambiamento climatico, la crisi ecologica in atto e le diseguaglianze. Fra i punti della proposta, non a caso, si può notare l’attenzione riservata ai beni pubblici, come l’acqua o l’aria, oltre che all’istruzione e alla sanità gratuita. Si tratta in questo caso di restituire centralità all’azione pubblica, regolando le attività delle imprese e permettendo ai cittadini di godere dei diritti basilari. Sempre dagli Stati Uniti proviene un movimento sociale per la costruzione di un’economia solidale dal basso, la rete Cooperation Jackson, che si batte per la transizione verde dell’economia e promuove azioni locali di ecosocialismo. Come direbbe Latouche, «la decolonizzazione dell’immaginario», la possibilità di immaginare nuovi scenari, una nuova società e una nuova economia ci viene improvvisamente concessa e forse qualcosa si sta già muovendo, considerando che rimane davvero poco tempo per cambiare le cose.
Rebecca Graziosi