Negli ultimi giorni ha tenuto banco la questione della concessione della cittadinanza a Ramy, il ragazzino egiziano che ha chiamato i soccorsi durante il sequestro dell’autobus sulla Paullese. Ma diventare italiani è davvero un premio come vorrebbe Salvini?
Habemus cives. Alla fine il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è deciso: Ramy e Adam – i due ragazzi di origine straniera che hanno contribuito a chiamare i soccorsi per sventare il sequestro dell’autobus sulla Paullese, nei pressi di San Donato Milanese – meritano la cittadinanza italiana come premio per il loro coraggio. Ma che significato ha quest’episodio all’interno dell’esperienza di governo?
Innanzitutto, prima di provare a capire come si sono mossi Lega e Cinque Stelle in questa occasione, va notato che abbiamo assistito al primo caso in cui l’attualità ha fatto irruzione in modo imprevedibile nell’attività di governo. È vero, abbiamo assistito ai casi Aquarius e Diciotti, per dirne due, ma alla formazione del governo Conte erano tutt’altro che improbabili eventuali tensioni tra un Salvini ministro dell’Interno e le ong.
Il caso dell’autobus sequestrato è stato il primo caso in cui questo governo ha fatto fatica a tenere il passo dell’attualità. Prima il sequestratore è stato accusato di aver dirottato il bus per protestare contro le morti in mare dei migranti, poi ha dichiarato al contrario di sostenere le destre in Europa. E in tutto questo si è inserita la questione della cittadinanza come premio per Ramy e Adam. Insomma, un caso troppo turbolento per farci propaganda sopra, perfino per gli esponenti di questo governo.
Lega, problemi nella base
Anzi, il rischio per Lega e Cinque Stelle era altissimo. Per due partiti che hanno fatto della loro capacità di intercettare la volontà popolare la loro forza, qui c’era molto, troppo da perdere. E alla fine una sinistra troppo arrendevole verso l’ascesa di Salvini nei sondaggi – come se si trattasse di una legge di natura – neanche si è accorta delle profonde fratture che il caso Ramy ha prodotto nella base leghista. Un esempio? Guardate i commenti a questo video.
D’altronde, come ha fatto notare su Facebook l’ex responsabile alla comunicazione del Pd Francesco Nicodemo, Salvini si trovava in una lose-lose situation. «Accettare la cittadinanza italiana a Rami significava urtare quel pezzo di opinione pubblica ampia che non vuole sapere nulla di ius soli e che è molto forte nel suo elettorato. Continuare a negarla significava però lasciare che questo argomento monopolizzasse il dibattito pubblico in cui i favorevoli sono largamente maggioritari rispetto ai contrari».
Cittadinanza ai nuovi italiani, una questione generale
Ma in realtà su un punto hanno ragione gli elettori del partito per la fu indipendenza della Padania. La cittadinanza non è un premio da elargire per meriti particolari, ma una questione generale che deve prescindere da casi particolari. Certo, ci permettiamo di dissentire sulle conclusioni, su un rifiuto pregiudiziale dello ius soli – perfino nella sua versione temperata – che troppo spesso prescinde da un’effettiva conoscenza tanto della legislazione vigente in materia quanto di quella che si vorrebbe implementare.
Ad ogni modo, siamo sicuri che Salvini non abbia agito per caso. Anzi, quando nuovamente si parlerà di ius soli potrà difendere il suo rifiuto per un ddl in merito dalle accuse di razzismo proprio citando a sua difesa la concessione della cittadinanza a Ramy, per la quale ha insistito a sottolineare di essere l’unico responsabile.
L’inutilità di Di Maio
Perché in fondo Salvini può accettare di far storcere il naso alla sua base, in fondo è la prima volta che succede, ma è molto meno disposto a farsi rubare il merito della decisione presa dai suoi compagni di governo.E quando il ministro dell’Interno afferma di essersi «convinto da solo», il riferimento al collega di vicepresidenza Luigi di Maio è chiaro. «Nei giorni scorsi avevo inviato una lettera proprio ai ministeri competenti per chiedere loro di conferire la cittadinanza per meriti speciali al piccolo Ramy. Sono felice di aver convinto anche Salvini sulla cittadinanza a questo bambino», così aveva parlato infatti il leader del Movimento Cinque Stelle.
Ma in realtà i Cinque Stelle hanno perso l’ennesima occasione per porsi in modo critico verso la politica leghista, assecondando la scelta di Salvini di annacquare la questione della cittadinanza ai nuovi italiani riducendola al caso specifico della cittadinanza-premio a Ramy e Adam.
Insomma, quando tra qualche mese si ripenserà a questo caso verranno in mente i tentennamenti di Salvini, le interviste in tv ai ragazzini e ai loro parenti, ma di certo non le parole di Di Maio. Che dell’incapacità di tenere testa al leader della Lega perfino nel suo momento di maggiore difficoltà ne pagherà le conseguenze.
Davide Saracino