Nello scenario mondiale contemporaneo sempre più donne ricoprono cariche di rilievo, siedono in Parlamento e così via. Questo dato di fatto troppo spesso alimenta l’illusione che la tanto anelata parità di genere sia stata finalmente raggiunta. Nell’ultimo secolo il mondo ha fatto passi da gigante in termini di questione femminile, eppure molte donne sono ancora incatenate al retaggio culturale del patriarcato, tanto opprimente quanto capillare: finché l’autocoscienza maschile resta assopita, l’uguaglianza di genere, diritto umano fondamentale, non potrà mai dirsi raggiunta. Sui limiti e le contraddizioni dell’uguaglianza di genere riflette già negli anni Settanta-Ottanta del Novecento la scrittrice della Germania socialista Irmtraud Morgner, la quale, servendosi della scrittura fantastica, ha smascherato l’ipocrisia di governi e sistemi apparentemente perfetti. Analizzando dall’interno tematiche come l’emancipazione femminile, l’autrice ha aiutato i suoi concittadini (e non solo) a riflettere sui limiti della stessa che purtroppo, a distanza di circa cinquant’anni dalla pubblicazione dei suoi romanzi, non sembrano essere superati.
Dietro la maschera dell’uguaglianza: la condizione della donna nella DDR
A partire dagli inizi del secolo scorso, le donne hanno fatto il loro ingresso nella storia. In contesti come l’URSS e la DDR, in particolare, l’emancipazione della donna era considerata momento fondamentale per la realizzazione del vero Socialismo. O quanto meno questa era la teoria.
Nella DDR il discorso totalizzante della politica taglia fuori molti spazi di libertà e rende gli autori quasi dei funzionari statali. Anche se in un primo momento affascinati, forse anche abbagliati, dalle promesse del Socialismo, molti intellettuali si rendono presto conto delle incongruenze del sistema e utilizzano le proprie armi, carta e penna, per combattere dall’interno. Tra questi un ruolo di spicco è stato ricoperto da Irmtraud Morgner, che con la sua penna eccentrica ha smascherato le contraddizioni del suo tempo andando ben oltre i confini spazio – temporali della DDR.
Irmtraud Morgner è stata una visionaria in quanto ha affrontato questioni di cui oggi ancora si discute riuscendo a sorvolare la rigida censura. Le sue opere si inseriscono in uno scenario ben preciso: siamo negli anni Settanta Germania socialista che è desiderosa di trovare mezzi d’espressione alternativi all’opprimente e falso, a discapito della sua denominazione, Realismo socialista. In un mondo in cui si è costretti al silenzio la letteratura fantastica, che nel caso delle Morgner si sposa con la Frauenliteratur, diventa non un mezzo di evasione, piuttosto un efficiente strumento di analisi del reale, nonché un’arma per smascherare le menzogne del regime, tra le quali vi è senza dubbio la condizione della donna con i suoi “privilegi”.
Irmtraud Morgner gioca con lo spazio e il tempo, sgretolando i fondamenti del romanzo realista e individuando, tra le altre, tre grandi menzogne: la parità della donna nel lavoro, l’annientamento del patriarcato, la figura della madre.
Nei suoi due Montageroman, pensati come parte di una trilogia rimasta incompleta, “Leben und Abenteuer der Trobadora Beatriz“ (1974) e “Amanda, Ein Hexenroman” (1983), l‘autrice gioca con i punti di vista, per cui guardando con gli occhi di Beatriz, una trobadora medievale che si risveglia convinta di aver trovato finalmente il paese delle meraviglie in cui donne e uomini siano alla pari, sembrerebbe davvero che nella DDR siano state annullate ogni tipo di differenze di genere. Le donne potevano dirsi “fortunate” in quanto le sono stati riconosciuti molti più diritti rispetto ai paesi occidentali e sono riuscite a guadagnarsi uno spazio di autonomia maggiore: sono entrate nel mondo del lavoro, possono godere dell’accesso generalizzato all’istruzione e alla qualificazione professionale, come anche di un’avanzata legislazione sul divorzio e sull’aborto, tanto che la figura della moglie-casalinga, dedita “esclusivamente” alla cura della casa e dei figli, è pressoché scomparsa. Eppure, le altre protagoniste non condividono l’entusiasmo di Beatriz avendo vissuto i cambiamenti e le contraddizioni del sistema sulla propria pelle. Attraverso le figure femminili interne, la Morgner invita a non sottovalutare, dinanzi a uno scenario apparentemente paradisiaco, il processo che c’è dietro l’emancipazione.
È stata senza dubbio una conquista il fatto di poter svolgere mestieri tradizionalmente preclusi alle donne potendo inoltre godere di una serie di misure a loro favore, come ad esempio l’assistenza sanitaria, assegni per le ragazze madri, agevolazioni circa gli orari lavorativi, il congedo di maternità e il sistema di asili, ecc. Ciò che tuttavia è meno evidente è che le donne in teoria avrebbero dovuto lavorare secondo il principio dello stesso salario per lo stesso lavoro, in pratica erano spesso meno qualificate, poiché trovatesi di punto in bianco a lavorare nelle fabbriche, e anche meno pagate. La maggiore integrazione delle donne e le politiche a loro favore sono infatti da spiegarsi essenzialmente come una necessità economica del paese.
Inoltre, la Morgner invita a riflettere sul fatto che, per quanto l’ingresso delle donne nel mondo “maschile” del lavoro possa essere indubbiamente un importante passo verso l’uguaglianza, questo mutamento comporta una serie di implicazioni che esulano dal mero aspetto politico ed economico. Parallelamente all’entrata del gentil sesso nel mondo lavorativo, si sarebbe dovuto fare qualcosa di più che fornire assistenza sanitaria e asili per i figli. Infatti, uno dei principali ostacoli verso l’emancipazione consisteva nel fatto che il modello familiare prevalente rimaneva quello tradizionale, tanto che persino per il cosiddetto “uomo nuovo socialista”, all’avanguardia e progressista, la cura della casa e dei bambini era considerata una caratteristica intrinseca delle donne, qualcosa di naturalmente dato: se agli uomini appartiene lo sport, la scienza, il lavoro, alle donne appartengono i figli, come dote naturale. Senza un mutamento che coinvolgesse i rapporti tra i generi anche all’interno della famiglia, le donne si trovano così a dover lavorare oltre che in fabbriche o magazzini, anche in casa, senza che il tradizionale ruolo di angelo e custode della casa passasse in altre mani. Di conseguenza, muta la concezione che le donne stesse hanno del matrimonio e della maternità.
Il matrimonio passa dall’essere considerato l’unico scopo di vita delle ragazze all’essere una necessità economica per le numerose madri single. Ma se il ruolo di moglie poteva essere ricoperto anche se nel rapporto mancava l’amore, un’altra cosa è essere madre. Le contraddizioni e i conflitti che emergono dalla nuova condizione della donna, madre e lavoratrice, si riflettono pesantemente nel rapporto con i bambini: la mancanza di tempo da trascorrere con i bambini a causa del lavoro ha conseguenze anche a livello psicologico ed emotivo. La Morgner porta sulla pagina delle situazioni reali, senza mai celare o camuffare la stanchezza per il lavoro, le ansie per i figli, le preoccupazioni economiche, e così via. In queste vesti, Laura incarna ogni donna non solo della DDR ma anche di oggi: madri e lavoratrici, troppo spesso le donne si sentono caricate di tante responsabilità, fino a sentire di non aver fatto o di non fare abbastanza per i propri figli. Proprio in virtù di ciò, nei dibattiti degli anni Ottanta si parlava addirittura di “maternità in calo”, espressione che non allude esclusivamente all’ovvio calo delle nascite, conseguenza del nuovo ordine sociale, bensì si riferisce al calo dei rapporti affettivi con i figli. Che molte donne non possano più essere “solo”, tra tante virgolette, madri e che avessero meno tempo per curare il focolare domestico non è che la diretta conseguenza dei mutamenti in corso. Eppure, ancora non ci si separa dalla mentalità per la quale donna e maternità sono un’unica cosa: essere una donna non significa essere necessariamente madre, né tanto meno significa riuscire a svolgere il ruolo di madre come imposto dalle convenzioni. È anche questa consapevolezza, l’aver preso atto che nel nuovo mondo non c’è solo spazio per la famiglia, che porta tantissime donne a scegliere l’aborto.
Morgner va ancora oltre. Nel 1972 fu legalizzato l’aborto nella Repubblica e nell’immediato Laura appare estremamente entusiasta, in quanto vede l’approvazione della legge come uno dei momenti fondamentali per l’emancipazione femminile, nonché dimostrazione che le donne sono finalmente padrone del proprio corpo e della propria vita. Nel secondo romanzo, a distanza di quasi 10 anni Laura ritorna protagonista, ma è diversa, matura e disillusa: legalizzare l’aborto era stato solo uno dei tanti “contentini” concessi alle donne. Per raggiungere la parità assoluta serve ben altro, perché sono sempre le donne a fare rinunce. E allora, propone, perché non una pillola anticoncezionale maschile? Eppure, anche se questa funzionasse, sarebbe ancora più difficile convincere gli uomini a prenderla.
Le aspirazioni dell’intero universo femminile dipinto dall’autrice non si fermano all’emancipazione femminile: una volta raggiunta non si è che a metà del cammino in quanto ci sono problemi radicati da espellere. «Le donne vivono ancora nel patriarcato, e questo vive in loro», per questo ciò che deve essere ancora cambiato sono gli stessi uomini, la cultura fatta su loro misura, i ruoli sessuali ben scanditi dalla società, la mentalità patriarcale che vive inconsciamente nelle donne stesse.
Purtroppo Morgner non è tradotta, almeno per ora, in italiano, ma le sue creazioni letterarie fanno tutt’oggi riflettere e forse anche rabbrividire: leggere della necessità delle quote rosa, della parità dei salari, delle pillole anticoncezionali maschili in libri fantastici degli anni Settanta-Ottanta fa ragionare molto su quanto poco avanti ci abbia portato il “progresso”. Parità non significa dover necessitare di leggi a protezione dei diritti delle donne, parità è godere di tali diritti senza dei bodyguard, è potersi esprimere liberamente senza sentirsi giudicate e senza venire attaccate in quanto donne, è svincolarsi dalle catene del patriarcato che si insinua inconsciamente negli usi e costumi dei paesi che si definiscono moderni.
Ad oggi, siamo lontani anni luce dalla parità auspicata da Beatriz.
Nunzia Tortorella
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