scuola minigonne
Fonte: https://www.dire.it/07-06-2018/209843-braccio-teso-durante-foto-di-classe-gli-studenti-contro-la-preside-comunicato-allucinante/

L’esortazione a evitare minigonne e abbigliamenti “inappropriati” a scuola ha suscitato una protesta effetto domino, in Italia, ma anche in Francia. Le studentesse si sono ribellate, in quanto la motivazione non era relativa ad un “decoro” scolastico, ma semplicemente a un sessismo fondato sulla tendenza degli insegnanti e di alcuni alunni maschi a far cadere l’occhio sulle gambe scoperte delle ragazze. La questione, sviluppatasi al Liceo Socrate di Roma, ha visto protagoniste le studentesse e la loro vicepreside immediatamente al ritorno tra i banchi scolastici. La vicepreside stessa è stata accusata per aver espresso disapprovazione in merito all’abbigliamento delle alunne, in quanto causa di sguardi indiscreti da parte di professori e compagni. Le ragazze, giustamente indignate dal provvedimento scolastico, hanno protestato e hanno esortato l’espansione della protesta su tutto il territorio nazionale. Esattamente giustificata la loro indignazione, in quanto le minigonne, come qualsiasi abbigliamento considerato inappropriato, sono ritenute semplicemente motivo di distrazione, di chi, ancora, si lascia sopraffare da un po’ di pelle scoperta. Un sessismo, questo, radicato nelle istituzioni scolastiche e non solo, ormai da tempo, tale da indurre al rimprovero delle studentesse e non di chi compie l’azione, ovvero i professori e gli studenti che non evitano di gettare l’occhio o di lasciarsi attirare dalla figura delle studentesse.

La protesta ha avuto origine nel territorio francese, a seguito di un episodio accaduto presso il Musée d’Orsay, dove ad una ragazza è stato impedito l’ingresso a causa di una scollatura provocante. Il museo si è scusato con la ragazza, impegnandosi a fare in modo che nulla del genere potesse accadere nuovamente. Da ciò le studentesse francesi si sono unite in una protesta social, invitando le studentesse di tutto il mondo a vestirsi a loro piacimento per il primo giorno di scuola. La protesta con l’hashtag #lunedì14settembre, è stata arricchita dai selfie delle ragazze che mostravano il loro abbigliamento prima di entrare a scuola. L’obiettivo della rivolta francese era di opporsi alle regole sessiste degli istituti scolastici del paese, una tentativo di liberazione dal sessismo e dagli stereotipi sulle minigonne e sull’abbigliamento in generale. In Francia anche la ministra dell’istruzione Blanquer ha invitato le ragazze a vestirsi in “modo repubblicano”, nonostante ciò ha, però, anche dimostrato la sua apertura al dialogo con le studentesse in modo da garantire la riduzione “dell’ipersessualizzazione” dei loro corpi. Il divieto assoluto di indossare minigonne ed altri capi “inopportuni” sarà mediato dalla decisione della ministra dell’istruzione, al fine di garantire la massima riduzione del sessismo nelle scuole, ma non l’abolizione dello stesso.

Dalla Francia all’Italia il passo è breve. Le studentesse italiane sono state coinvolte, invece, precisamente il 14 settembre, in un caso più complesso e idealisticamente anche spaventoso. A causa delle normative da adottare nelle scuole per fronteggiare l’epidemia da Covid-19, il Liceo Socrate era a corto di banchi per gli studenti e i primi giorni i ragazzi, per poter seguire le lezioni, sono stati seduti per terra o semplicemente sulle sedie. Questo, secondo la vicepreside, avrebbe portato un’attenzione maggiore verso le gambe scoperte delle alunne con indosso minigonne o shorts. Le alunne sono state convocate dalla stessa vicepreside e invitate a non indossare un abbigliamento provocante, tale da causare la distrazione di insegnanti e compagni. La reazione è stata completamente opposta, le studentesse hanno continuato ad indossare le minigonne protestando con dei cartelloni con lo slogan “non è colpa nostra se gli cade l’occhio”. Un episodio di cronaca che ha coinvolto e interessato i media di tutta Italia, portando alla luce un discrimine sessista radicato nella scuola e nelle istituzioni di vario genere. Su tale episodio anche la ministra Azzolina ha chiesto chiarimenti alla scuola e al preside. Quest’ultimo, fingendosi ignaro della vicenda, ha semplicemente fatto notare che il Liceo si impegna da sempre a garantire la libera espressione degli studenti, purché resti “consona” all’ambiente scolastico.

La cosiddetta “protesta della minigonna“, in senso quasi spregiativo, ha cominciato a interessare le studentesse di tutte le città italiane. In particolare a Milano, dove è stato organizzato un flashmob che ha coinvolto le studentesse del liceo Orazio e anche alcuni studenti che, sulla falsariga dei coetanei francesi e romani, hanno scelto di indossare abiti considerati poco “consoni” per la scuola e di presentarsi e farsi fotografare con dei cartelloni che denunciavano il sessismo e la discriminazione di genere. La questione ha aperto un dibattito costituito da opinioni contrastanti in merito alle vicende che spaziano dall’esigenza di espressione personale e la necessità di mantenere un decoro nei luoghi istituzionali. Purtroppo il limite tra queste due opinioni è sottile, ma non è stata tanto l’esigenza di decoro a sconvolgere le studentesse, quanto la motivazione della necessità di cambiare abbigliamento, attenzione non richiesta invece ai compagni in canottiera e bermuda. Tutto ciò semplicemente per poter cercare di limitare gli istinti quasi “animali” del genere maschile. Le minigonne No, gli occhi indiscreti Sì!

Minigonne a parte, la questione ha fatto luce su uno dei più remoti problemi della scuola: la perversione dei professori e di alcuni alunni. Il problema da sempre affligge gli istituti scolastici, ma la prevaricazione delle figure maschili e l’omertà di presidi e colleghi professori fa da lasciapassare per i comportamenti più discriminatori e, in questo caso, realmente “inopportuni” di alcune figure scolastiche. La cronaca è riuscita a rendere noti soltanto pochi episodi, ma la piaga del sessismo scolastico è stata assorbita dalle scuole tanto da essere incancellabile e celata. I fatti recenti di cronaca sono solo una piccola parte di quanto realmente accade tra le mura degli istituti e il coraggio di denunciare delle studentesse deve essere oggetto di ammirazione e di sostegno per un mondo ancora troppo bigotto e assoggettato alla dittatura degli occhi che cadono.

Francesca Scola

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