La fine dell’anno, si sa, è tempo di bilanci e come ogni dicembre arriva puntuale anche quello dell’ONG britannica Christian Aid che, con l’approssimarsi del nuovo anno, è solita rendicontare gli impatti prodotti dal cambiamento climatico nel mondo. Per questo 2021 – come si può facilmente intuire stando ai fenomeni meteorologici estremi che si sono verificati un po’ dappertutto – il bilancio non è positivo. Quello che invece può non risultare scontato è che gli effetti della crisi climatica non riguardano solo l’ambiente e la salute, ma anche l’economia. E proprio questo, in effetti, è quanto emerge dal report realizzato da Christian Aid.
All’interno di “Counting the cost 2021. A year of climate breakdown” è presente una classifica dei 10 eventi climatici più devastanti del 2021 da un punto di vista finanziario. Il primo posto del podio è occupato dall’uragano Ida (il quinto più forte ad essersi verificato negli USA) che tra la fine di agosto e l’inizio di settembre ha devastato gli Stati Uniti, creando 65 miliardi di dollari di danni e provocando numerosi sfollati che a tre mesi dal suo passaggio ancora attendono una sistemazione adeguata che possa ospitarli. Il secondo fenomeno meteorologico estremo a comparire in classifica è l’alluvione verificatasi durante la stagione estiva nell’Europa centrale. Le precipitazioni intense e le conseguenti inondazioni hanno causato la morte di 240 persone e provocato danni diffusi, con perdite economiche stimate in più di 43 miliardi di dollari.
Da questo punto di vista, è la Germania il paese dell’Unione Europea ad aver registrato perdite economiche più ingenti a causa degli eventi climatici estremi. Un primato, quest’ultimo, che perdura ormai da tempo. Secondo la European Environmental Agency (EEA), infatti, nel periodo tra il 1980 e il 2019 la Germania ha contabilizzato una perdita pari a 107 miliardi di euro su un totale collettivo di 446 miliardi.
Al terzo posto della classifica di Christian Aid figura la tempesta glaciale verificatasi nei primi mesi di questo 2021 in Texas, dove ha provocato un’interruzione di corrente che ha portato a carenze di forniture di base, lasciando circa cinque milioni di persone senza elettricità. Di queste, 215 sono decedute sebbene si stimi che, in realtà, il vero numero possa essere di tre volte superiore a quello ufficiale. Quanto ai danni, l’impatto economico provocato dalla tempesta si aggira intorno ai 23 miliardi di dollari. Gli altri eventi meteorologici estremi presenti in classifica sono: l’alluvione dell’Henan, dove in poche ore si è rovesciata la pioggia che di solito cade nel corso di un anno, provocando danni per $17,6 miliardi; le più recenti inondazioni che hanno avuto luogo nella Columbia britannica ($7,5mld); l’ondata di freddo in Francia ($5,6mld); il ciclone Yaas in India e Bangladesh ($3mld); le alluvioni in Australia ($ 2,1mld); il tifone In-fa in Cina, Filippine e Giappone ($2mld); il ciclone Tauktae in India, Sri Lanka e Maldive ($1.5mld).
Complessivamente, questi 10 fenomeni meteorologici estremi hanno causato la morte di almeno 1.075 persone e ne hanno costretto 1,3 milioni ad abbandonare le proprie case. I maggiori impatti finanziari si sono verificati nei Paesi ricchi (in particolare negli USA) ma, come il rapporto di Christian Aid non manca di precisare, nei Paesi più ricchi è molto più semplice procedere alla stima delle perdite finanziarie derivanti da indennizzi assicurativi, poiché le persone riescono facilmente ad assicurare la propria casa e anche la propria attività. Una possibilità che riflette in modo lampante come la crisi climatica finisca con l’acuire ulteriormente le disparità socio-economiche esistenti.
Non a caso, Kat Kramer – una delle autrici del rapporto – ha dichiarato alla BBC News che i fenomeni meteorologici estremi hanno un enorme impatto umano e che: «Ovviamente, perdere la casa, i mezzi di sussistenza e tutto il resto, e non avere le risorse per ricostruire è incredibilmente difficile. Considerando che almeno se hai un’assicurazione hai qualche meccanismo per ricostruire».
Da qui l’auspicio – che insieme al bilancio di fine anno non può certo mancare – di riuscire a negoziare, durante la prossima Conferenza delle parti, un sistema di loss and damage (perdite e danni). Perché – come ha sottolineato un esponente di Climate Action Traker, gruppo di organizzazioni ambientaliste non governative attive nei confronti del problema del cambiamento climatico – quando nei Paesi in via di sviluppo una casa brucia a causa degli incendi oppure è distrutta dall’innalzamento del livello del mare, i Paesi ricchi non sono disposti a fornire contributi economici per prendere parte alla ricostruzione, ma si preoccupano solo di pagare un esperto che valuti i danni.
Virgilia De Cicco