Napoli in Germania
Fonte: https://lemaschere.de/

Il 26 febbraio 2022 la Compagnia Teatrale napoletana «Le Maschere» ha portato in scena, dopo la prima tenutasi a novembre 2021, la commedia in due atti di Eduardo Tartaglia «Tutto il mare o due bicchieri?». Nonostante la pandemia abbia causato una non trascurabile interruzione, l’esibizione è risultata coinvolgente e ha regalato attimi di spensieratezza alternati a pause di profonda riflessione. La negligenza della sanità e la disperazione che ripiega sulla fede sono gli argomenti che rappresentano il punto focale dell’opera teatrale. Fede o scienza? Questo è il dilemma racchiuso nel titolo.

Com’è assistere a una commedia napoletana in Germania?

La bravura della compagnia teatrale «Le Maschere» ha scatenato un vortice di emozioni che ha contribuito ad acuire, inevitabilmente, la forte appartenenza alla propria città di origine.
La particolarità che contraddistingue uno spettacolo del genere all’estero è la rivisitazione di alcune parti della commedia atte a far sorridere gli spettatori, come l’aggiunta di alcuni luoghi e accenti tedeschi in contrapposizione a quelli napoletani.
Immergersi nella gestualità delle «maschere» napoletane ed uscire, a fine spettacolo, da una vecchia caserma dei pompieri di Stoccarda (Altes Feuerwehrhaus), adibita a teatro, innesca quel meccanismo di contrasto che riesce, alla fine, ad instaurare un piacevole senso di spensieratezza, di cui forse un po’ tutti coloro che vivono all’estero avrebbero bisogno.


Il teatro dell’immigrazione

«L’idea di portare il teatro napoletano in Germania negli anni ’80 non era considerata una priorità» – racconta il regista Angelo Attademo – «Il teatro dell’immigrazione risultava all’epoca un salto nel vuoto che ha, inaspettatamente, riscontrato un discreto successo. La gente ha constatato la necessità di sentire un po’ di Napoli all’estero».
Dunque, gli spettatori hanno scoperto di avere bisogno di attività culturali del genere per vivere un pezzo di casa nella frenetica quotidianità di un paese con ritmi accelerati e abitudini totalmente diverse dalla propria patria.
Il 25 novembre 1984 si è tenuta la prima rappresentazione del gruppo teatrale italiano «Le maschere» con la commedia napoletana «Natale in casa Cupiello» di Eduardo De Filippo. La compagnia ha successivamente messo in scena spettacoli di Eduardo Tartaglia, Scarpetta e ampliato i suoi orizzonti proponendo al pubblico anche spettacoli di Dario Fo e Viviani.

La commedia

La scenografia del primo atto è ambientata nel Duomo di Napoli. La scena si apre con il Vice Commissario Ercole Portone che si catapulta sul luogo del misfatto: la reliquia contenente il sangue di San Gennaro è stata rubata.
I personaggi che seguono in scena sono: Gerardo Stanco Allocca che suscita ilarità mediante numerosi equivoci lessicali, il sagrestano Angiolino Spertoso nonché testimone dell’accaduto e gravemente ferito e la moglie Lucia, gravemente malata. Tra varie peripezie e incomprensioni-fraintendimenti, che costituiscono la struttura portante di una commedia, si scopre che a rubare l’ampolla è stata proprio Lucia, perché presa dalla disperazione della sua malattia ha ripiegato le sue ultime speranze nel sangue di San Gennaro, perché si è sentita abbandonata di fronte all’indifferenza dei medici e all’indolenza della servizio sanitario napoletano. San Gennaro risulta l’unica vera soluzione a tutti i problemi dell’umanità.

Il secondo atto è, invece, ambientato nel centro di ricerche scientifiche di Salerno: l’immagine della scienza che si contrappone a quella della religione.
Il sagrestano Angiolino Spertoso – in preda alla disperazione, dettata dall’impotenza per la malattia della moglie, decide di recarsi al centro di Salerno per minacciare lo scienziato Pranzocena di clonare il Santo, perché ripiegare sulla fede risulta l’unica possibilità di guarigione per l’amata. Il finale resta aperto ed è segnato dall’eccezionale monologo di Angiolino Spertoso che esprime tutta la sua disperazione: è meglio avere tanta sete da bere un mare intero e non limitarsi a due bicchieri. Il mare, dunque, è la religione di cui bisogna avere sempre sete per poter trovare la forza di andare avanti nonostante tutte le avversità, i due bicchieri rappresentano l’affidabilità limitata, seppur sicura, della scienza.


Debora Incarnato

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