In un clima d’apparente guerra mondiale, il territorio europeo s’appresta ad accogliere tra marzo e maggio all’incirca 30mila soldati provenienti dagli USA – eludendo le attuali norme sanitarie – per l’esercitazione denominata Defender Europe 20. Ovviamente dietro questo enorme spiegamento di truppe militari si celano le mire espansionistiche verso Est di NATO e Germania. In ogni caso una esercitazione di tale portata avrà un enorme impatto ambientale. Infatti ci saranno carri armati Usa Abrams, pesanti 70 tonnellate con corazze di uranio impoverito, che consumano 400 litri di carburante ogni 100 km percorsi, con emissioni di spropositate quantità di gas inquinanti. Ma ai tempi del Covid-19 l’UE e l’OMS preferiscono tacere e indossare la mascherina, oltre che su bocca e naso, anche sugli occhi. Però la vera guerra mondiale al momento è un’altra, ossia la guerra per l’oro blu.
Water Wars e Water Grabbing
Nel 1995 Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca mondiale, fece una previsione sulle guerre del futuro: «Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto l’acqua».
Dunque, con l’avanzare repentino delle crisi idriche globali si è compreso che l’oro liquido non è solo il petrolio, ma anche l’acqua. Nonostante il 71% del globo terrestre sia ricoperto d’oro blu, di questa preziosa risorsa essenziale per la vita solo lo 0,3% è acqua dolce utilizzabile per i bisogni umani. La guerra mondiale per l’oro blu è parcellizzata in vari conflitti, infatti secondo il rapporto UNESCO tra il 2010 e il 2018 si sono verificate 507 water wars. Alcuni dei conflitti armati più accesi avvengono lungo il corso del Nilo, riserva idrica di molti Stati africani; lungo il fiume Indo in Pakistan, i cui affluenti nascono in India; lungo il bacino fluviale del Giordano, e per mano della Turchia lungo il Tigri e l’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq. Altri conflitti si consumano tra India e Cina per il controllo del fiume Brahmaputra, tra Palestina e Israele, tra Cina, Vietnam, Laos e Cambogia per il controllo del Mekong. Però molti di questi conflitti politici e militari per le risorse vengono celati o repressi, infatti chi detiene il potere predilige mascherare tali guerre per l’acqua e identificarle come guerre etniche e religiose. Le rappresentazioni fuorvianti di tali conflitti hanno lo scopo di svuotare di senso politico la stringente necessità di ricercare soluzioni eque e sostenibili al problema della spartizione delle risorse idriche.
Guerre paradigmatiche sull’acqua sono in atto in ogni società, in Oriente come in Occidente, a Nord come a Sud. Dunque in tal senso sono una guerra mondiale, in cui culture ed ecosistemi differenti, accomunati dall’etica universale dell’acqua come necessità ecologica, sono contrapposti a una cultura imprenditoriale costituita di privatizzazioni, avidità e appropriazioni di questo bene comune. Infatti il fenomeno del water grabbing (accaparramento dell’acqua) rispecchia la logica predatoria dell’attuale capitalismo, e i maggiori fautori di tale paradigma del furto sono una manciata di corporations, dominate da Suez Lyonnaise des Eaux, Vivendi Environment e Bechtel, che a loro volta sono sostenute da istituzioni globali quali la Banca mondiale, la World Trade Organization (WTO), il Fondo monetario internazionale (FMI) e i governi del G7.
Inoltre con l’inasprirsi delle conseguenze negative scaturite dal surriscaldamento globale l’emergenza siccità si acuirà sempre più. Attualmente più di 2 miliardi di persone sono costrette a bere acqua non potabile e oltre 4,2 miliardi non hanno accesso a servizi igienico-sanitari sicuri. Lo stile di vita del 20% della popolazione mondiale che utilizza l’80% delle risorse del pianeta espropria il restante 80% della loro equa porzione di risorse, e questo circolo vizioso alimenta devastazioni planetarie. La guerra mondiale per l’oro blu è spinta principalmente dall’avidità e di conseguenza il sistema economico che ne è alla base stabilisce le inique regole su come vivere e morire. Infatti al momento la sopravvivenza delle popolazioni e della democrazia stessa dipendono dalla risposta al duplice fascismo della globalizzazione: il fascismo economico che nega alle persone il diritto alle risorse e al proprio tempo di vita, e il fascismo fondamentalista che si nutre di espulsioni, espropriazioni, precarietà economica e angoscia.
Acqua: elemento vitale e diritto fondamentale
Nelle comunità in cui l’acqua è sacra il suo valore si fonda sul ruolo e la funzione di forza vitale per animali, piante ed ecosistemi. La mercificazione dell’oro blu, viceversa, riduce il suo valore esclusivamente a quello commerciale. Quindi acquisisce valore in quanto materia prima per l’industria, in virtù di ciò ogni valore spirituale, ecologico, culturale e sociale delle risorse naturali viene violentemente cancellato. La guerra mondiale per l’oro blu nasce perché la biodiversità è considerata nient’altro che una miniera genetica ed energetica e l’acqua è considerata una merce. Invece l’acqua deve essere un diritto fondamentale, poiché in realtà è una risorsa imprescindibile per la vita umana. Ragion per cui urge garantire e tutelare realmente l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari a tutta la popolazione globale, per cui un utilizzo intelligente ed eco-sostenibile delle risorse terrestri è necessario.
La distruzione del diritto alle risorse e l’erosione del controllo democratico e collettivo sui beni naturali, sull’economia e sui mezzi di produzione minano la vita di gran parte della popolazione globale e delle rispettive identità culturali. La cultura si riduce a un guscio negativo in cui la propria identità entra in competizione con «l’altro» pur d’accaparrarsi le scarse risorse che garantiscono la sopravvivenza e il riconoscimento sociale. L’attuale sistema economico non democratico alimenta la centralizzazione oligarchica del controllo politico e delle risorse, tale prassi sottrae alle popolazioni occupazioni produttive e mezzi di sostentamento creando di conseguenza povertà e feroci conflitti sociali.
Il mito della soluzione ai problemi idrici attraverso il «capitalismo verde» e attraverso gli Ogm è solo un modo per nascondere le contraddizioni sistemiche di una economia guerrafondaia e insostenibile. Una radicale svolta ecologica è necessaria. Le fasce più deboli della popolazione globale sono le più colpite dal neocolonialismo e dal surriscaldamento globale. I contadini, i pastori e le comunità costiere e non solo diventeranno profughi ambientali in seguito alla scomparsa o all’aumento esponenziale delle piogge, al crollo dei raccolti, alla desertificazione, all’inaridimento dei fiumi e all’innalzamento del livello del mare. Che l’acqua sostenga o minacci la vita umana dipende in larga misura dalla possibilità di ridurre l’inquinamento atmosferico e la guerra mondiale per l’oro blu, e quindi indurre inizialmente con forza gli Stati e le lobby recalcitranti a operare entro i limiti ecologici del pianeta, per poi superare definitivamente l’attuale economia del «far west» .
Nei Veda c’è scritto: «L’acqua è la più grande nutrice ed è quindi come una madre».
Bisogna ribadire che l’acqua è un dono della natura, che l’acqua è essenziale alla vita, che la vita è interconnessa mediante l’acqua, che l’acqua deve essere gratuita per le esigenze di sostentamento, che l’acqua va conservata, che l’acqua è un bene comune e che nessuno ha il diritto di appropriarsene a scapito degli altri. L’acqua non è sostituibile, di conseguenza non può essere trattata come merce.
Gianmario Sabini