Al giorno d’oggi demolire e sradicare un albero è un attimo. Appiccare un fuoco in una foresta e darla interamente alle fiamme, probabilmente poco più. Un rapido gesto dettato da menti pigre e disinteressate, che contribuiscono al male di un intero pianeta. A pochi anni dall’inizio del XXI secolo, infatti, secoli dopo la nascita dell’industrializzazione e di ciò che a conti fatti abbiamo chiamato ‘progresso’, lo scenario raccapricciante della crisi climatica in atto evidentemente non sembra così gravoso da arginare il tornaconto personale di certi nostri simili.
I roghi in Amazzonia e gli incendi anomali che hanno colpito tutta estate la zona dell’Artide (provocando lo scioglimento di miliardi di tonnellate di ghiaccio in Groenlandia) rappresentano enormi catastrofi ambientali, che da qualunque prospettiva le si guardi trovano nell’uomo il loro principale colpevole.
E non è tutto, perché dietro all’orrore della crisi climatica perpetuato dalle immagini e le notizie di politiche scellerate che riducono a fake news il riscaldamento globale continuano ad imperversare roghi anche in altre zone del mondo. Un esempio a chilometro zero viene direttamente dalle nostre terre (tra Napoli e Caserta), spesso adibite allo stoccaggio illecito di rifiuti su cattiva pratica sia di cittadini che di organizzazioni criminali.
Altra realtà, altri disastri. Capita spesso, infatti, di imbattersi in isolati gruppetti di arbusti, erbe o alberi lasciati all’incuria di un cavalcavia dismesso o di una strada provinciale, deturpati alle volte dall’accumulo di plastiche, scarti edilizi e rifiuti di vario tipo. Qui il fuoco non fa differenza e demolisce anche gli scorci della poca vegetazione che è sopravvissuta negli anni al cemento, bruciando i nugoli di rifiuti che gli stanno intorno e liberando diossine. Un cancro invisibile nell’aria delle nostre città.
Nessuno abbatta gli HUB
Senza gli alberi la vita sulla Terra sarebbe impossibile. Il ruolo degli alberi nell’equilibrio anche di un piccolo ecosistema è cruciale, dal momento che producono ossigeno e al contempo assorbono anidride carbonica durante la fotosintesi, contribuendo a contrastare la crisi climatica.
Un albero è un sistema tutt’altro che banale, e come tale è soprattutto in grado di creare connessioni attraverso il suo apparato radicale. Nel sottosuolo di un bosco, ad esempio, si aprono fitte reti di scambio di nutrienti, nelle quali sono però i funghi a risultare determinanti. Questi, infatti, barattano minerali e acqua in cambio di alcuni prodotti della fotosintesi (come zucchero e carbonio), svolgendo il ruolo di intermediari nella nutrizione a distanza. In natura, infatti, e per lo più nelle grandi foreste, oltre che al proprio sostentamento alcuni alberi producono e inviano sostanze nutritive anche alla progenie, e lo fanno proprio tramite il micelio dei funghi. Va da sé che da questi alberi HUB (per usare un gergo internettiano) dipendono le sorti di decine di altri esemplari. Consapevolizzare l’esistenza di un vero e proprio network arboreo (che è valso il nomignolo di Wood Wide Web) potrebbe condurre a diverse valutazioni sugli abbattimenti, che nel loro male possano comunque rispettare la fertilità biologica del suolo, limitando i danni e favorendo la ricrescita futura della vegetazione.
Gli alberi urbani e l’adattamento ai cambiamenti climatici
Una grande quantità di alberi contribuisce anche a una migliore termoregolazione dell’ambiente. Oltre ad essere naturali cacciatori di CO2 il ruolo dell’albero diventa essenziale soprattutto nei centri urbani, laddove spesso si verificano alcuni fenomeni microclimatici sinteticamente noti con l’espressione “effetto isola di calore”. A contribuire al locale surriscaldamento di una città, infatti, sono soprattutto i sistemi di riscaldamento/raffreddamento degli edifici, insieme al traffico e al disteso uso di superfici asfaltate, le quali assorbono calore e non permettono un’adeguata traspirazione ed evaporazione del terreno.
Le soluzioni studiate negli approcci al progetto di un’area urbana moderna sono senz’altro disponibili, tant’è che università e centri di ricerca rincorrono il tema da diversi punti di vista. Sono possibili dunque azioni svariate di contrasto alla crisi climatica, a partire dall’utilizzo di materiali riflettenti sulla sommità degli edifici (i cosiddetti Cool Roof), fino a nuove verniciature sull’asfalto, che però non nascondono la priorità assoluta degli spazi verdi cittadini. Basti pensare, infatti, che ogni albero restituisce gran parte dell’acqua assorbita dalle radici sotto forma di vapore acqueo (fino al 95%), potendo così contribuire al mantenimento di temperature non troppo elevate e arginare il surriscaldamento locale.
Un intervento vincente potrebbe anche essere l’installazione di tetti verdi, che contribuiscano al controllo microclimatico urbano e favoriscano l’evaporizzazione, l’assorbimento di agenti inquinanti e la riduzione di polveri sottili. Oltretutto basterebbe aumentare il numero di parchi o giardini pubblici e controllarne costantemente lo stato e il nutrimento della vegetazione, diversificando le specie di alberi piantati e studiando sistemi di irrigazione intelligenti (recupero e purificazione delle acque piovane).
Insomma, prendere una boccata d’aria al parco fa bene. Sono proprio i parchi i luoghi che più mettono a fuoco il concetto di ecologia urbana, e che dimostrano come, a favore dell’introduzione massiccia di alberi nelle città, vertono diverse argomentazioni che fanno leva sul concetto di “servizio reso” relativamente agli aspetti sociali (tempo libero, salute) ed economici (immagine e attrattiva della città).
Produrre elettricità dagli alberi non è un’utopia
E non finisce qui, perché per assurdo dalle foglie di un albero si potrebbe produrre anche elettricità, e finalmente riempire le bocche e le convinzioni di chi, arrivato fin qui, ancora non ne apprezza il valore. Fonte di ispirazione: nient’altro che la natura stessa. La struttura delle foglie, difatti, rappresenta uno strumento perfetto per produrre elettricità statica, che va a generarsi per effetto dello sfregamento causato dal vento. Questo fenomeno non solo potrebbe essere sfruttato, ma addirittura agevolato: all’Istituto Italiano di Tecnologia a Pontedera un team di ricerca lavora infatti sull’idea di trasformare un albero in esemplare ibrido, aggiungendovi delle foglie artificiali in silicone per sfruttare al massimo l’azione del vento.
Le potenzialità di questa tecnica sono enormi, ed è inutile pensare ai grandissimi impieghi che potrebbe avere in futuro. I mezzi pubblici come i tram potrebbero essere interamente alimentati dalle piante cittadine. Il risultato, però, nonostante al momento produca energia sufficiente ad alimentare diversi dispositivi luminosi (lampade a LED), lo fa in maniera pulsante. E l’energia prodotta non riesce ancora ad accumularsi.
Sono allora diverse le ragioni che spingono a rivalutare gli alberi (e con essi le foreste), perché oltre ad averci permesso di vivere potranno, in futuro, rivestire un ruolo chiave in una sempre più incombente crisi climatica. A patto che impariamo a rispettarli.
Nicola Puca