Negli anni scorsi Napoli e i napoletani contestavano un flebile turismo in città: non lontani sono quei mesi di agosto dove il centro storico si svuotava quasi del tutto con i residenti in vacanza. Nella storia del turismo napoletano tra ‘800 e ‘900 vi erano esperienze degradanti, con i cittadini napoletani disposti a mangiare spaghetti con le mani, ballando e indossando maschere di Pulcinella in cambio di pochi spiccioli. Questo a sottolineare l’originalità del popolo partenopeo per trarre guadagno dal turismo. Ma la moneta oggi si è ribaltata, da un opposto all’altro: la turifisticazione di Napoli è ormai una realtà.
Dato il grande afflusso di turisti negli ultimi anni non c’è stato più bisogno di innovazione e originalità per attirare e trarre guadagno dai turisti. Napoli, da almeno dieci anni, rappresenta la roccaforte del turismo del Sud. Secondo fonti ANSA nel 2022 la Campania è la prima regione del Mezzogiorno con il 22% di arrivi, davanti alla Puglia al 20%, alla Sicilia col 19% e alla Sardegna ferma al 18%. Napoli nello stesso anno ha raccolto il 65% delle presenze turistiche, seguita da Salerno.
Ulteriore indice di popolarità è riconoscibile dai social network: in base ai dati resi noti dalla fondazione “Città Identitarie” solo su TikTok Napoli già a febbraio 2023 è stata cercata e visualizzata 23 miliardi di volte, prima città italiana per distacco sulle altre, con Roma al secondo posto con 11 miliardi di visualizzazioni e Milano ferma a 7,5 miliardi. Inoltre, dal 1° giugno al 30 agosto 2023, Napoli è stata anche la città italiana più ricercata su Google con 2.740.000 ricerche, tre volte tanto le ricerche di Roma e 5 volte le ricerche di Milano; questo a sottolineare il grande exploit della città napoletana nel 2023.
Ma il turismo di massa è un sempre un bene? Evidentemente no. Oggi assistiamo a un rapido cambiamento della città dove i residenti vengono cacciati dai turisti per la nascita di B&B in ogni angolo del centro storico e non solo, snaturando l’essenza originaria dei quartieri napoletani. Tutto questo è risultato di un fenomeno che prende il nome di gentrificazione, ormai non nuovo alle grandi città europee e italiane.
La gentrificazione è un concetto sociologico che rappresenta i progressivi cambiamenti sociali e culturali che si verificano quando una città passa da proletaria a borghese. Di conseguenza, assistiamo alla gentrificazione delle aree urbane, un tempo operaie, che lasciano il posto a imprenditori e individui facoltosi che sono in grado di sostenere i nuovi standard economici e qualitativi nei luoghi in cui vivono. In poche parole, l’aumento degli affitti porta allo sfratto cittadini e residenti, i quali abbandonano le case che diventano poi spesso camere per turisti: è appunto questo l’effetto della turistificazione di Napoli. Dal punto di vista delle istituzioni si nota una città che ricostruisce e riqualifica il proprio centro storico e lo rende più bello, attrattivo e interessante, selezionando i residenti che rischiano di finire verso la parte esterna della città. In termini culturali le istituzioni non trovano il senso della convivenza e consonanza tra i vari ceti sociali.
Giovanni Semi, nel libro “Gentrification. Tutte le città come Disneyland?”, delinea i rischi della gentrificazione e come questa condiziona la realtà urbana futura. Il rischio più grande è l’omologazione culturale, in cui i centri urbani si somigliano, proponendo la medesima offerta culturale, perdendo i propri tratti peculiari. In aggiunta, a furia di “periferizzare” le persone, il rischio è quello di allargare la faida tra la popolazione ricca, “cosmopolita” e il resto del mondo. È come se ci convincessimo che questo tipo di offerta culturale è qualitativamente e moralmente superiore al resto, che definiamo spento e marginale.
Se guardiamo alle strutture, si rivelano più di 7500 annunci per Napoli sulla piattaforma Airbnb: ciò significa più di 7500 appartamenti destinati ai turisti e sottratti ai residenti. Il settanta per cento, oltre 5000 unità immobiliari, si trovano nel centro storico Unesco e la “fuga”, al di fuori del centro cittadino, dei residenti significa mettere a dura prova i tratti culturali tipici della città partenopea. A causa della turistificazione e la conseguente gentrificazione di Napoli, la città si spacca in due: tra commercianti, proprietari di botteghe di food and beverage e imprenditori, che osannano il turismo di massa, e i residenti, o associazioni, come “Vivibilità Cittadina”, che chiedono un turismo sostenibile.
Il sindaco Gaetano Manfredi sull’argomento afferma che vi è una «eccessiva proliferazione della turistificazione, è necessario un intervento del governo nazionale. Intervenire sui centri storici abitati solo da turisti che incontrerebbero poi loro stessi». A livello comunale vi è un provvedimento che riguarda le 62 strade del centro storico, ovvero lo stop alle concessioni delle licenze alle attività legate alla turistificazione. Basta passeggiare per i vicoli del centro per accorgersi che la maggior parte dei negozi vendono cibo tipicamente napoletano. Il provvedimento è stato preso per cercare di preservare l’offerta varia della città.
Il turismo di massa ha rappresentato una grande opportunità per Napoli, per poi diventare eccesso, nel quale non si rispettano i ritmi e la vita dello spazio cittadino, ma vi è un altro lato che ha saputo sfruttare la turistificazione di Napoli. Infatti, per la borghesia industriale e commerciale napoletana quest’ultimo non rappresenta problema, ma una grande opportunità speculativa. Contrariamente, per i ceti meno abbienti e per i residenti che non si occupano di turismo, questo fenomeno è un problema.
Sta accadendo ciò che succede alle grandi città della cultura come Venezia, Firenze e Roma. Ovvero, si sta perdendo la cultura popolare dei cittadini, risorsa fondamentale per la salvaguardia dell’identità culturale e storica della città; se perdiamo tutto ciò, perdiamo le storie di residenti, soprattutto anziani storici della città, che non ci racconteranno più la Forcella di prima o le scale del Petraio. Abbiamo guadagnato turisti e botteghe di fast food, perdendo però l’artigianato napoletano, i sapori e i profumi autentici di una città millenaria. Guardiamo oggi a una nuova realtà napoletana che vive e si muove nelle parole dei turisti, una realtà intrisa di diseguaglianze e sperequazioni in attesa di un piano regolatore a livello sia nazionale che regionale, che rafforzino il sacrosanto diritto di abitare la propria città.
Claudio Napolitano
Molto interessante, complimenti.
Giusto, ma come preservare, se ogni cosa è fatta nella logica del profitto? Ci vorrebbe l’attenzione dei sociologi, dei letterati, vedi Maurizio Piscitelli. De Masi ed altri come Eduardo Bennato che in qualche modo interagissero con il sindaco, per il bene della collettività.