Libera, la nota rete di associazioni fondata da don Luigi Ciotti che si impegna da sempre contro la criminalità organizzata portando avanti i valori di giustizia, verità e legalità nonché mantenendo vivo il ricordo delle vittime delle mafie, ha da poco pubblicato la II edizione di “RimanDati“, il Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Com’era prevedibile, sono diversi i Comuni italiani “rimandati”.
RimanDati: la situazione nel dettaglio
Secondo quanto si apprende sulla pagina di Libera, a essere monitorati tra aprile e luglio di quest’anno sarebbero stati 1073 Comuni, tutti destinatari di beni immobili confiscati alle mafie, ma tra questi ben 681 non avrebbero pubblicato l’elenco online. Il dato sui Comuni inadempienti sarebbe, dunque, il 63,5%, una percentuale maggiore rispetto a quella del primo report, che stimava il 62%.
Il peggiore in assoluto risulta essere il Sud Italia, isole comprese, con 400 Comuni inadempienti, seguito dal Nord Italia (215 Comuni) e, infine, dal Centro (66 Comuni). Voti bassi per gli Enti sovra-territoriali.
Più nello specifico, dopo un’accurata analisi fatta a livello regionale, una nota positiva è stata attribuita a Campania, Emilia-Romagna, Marche, Umbria e Lazio. Male, invece, la Calabria, in cui l’elenco viene pubblicato soltanto dal 18,8% dei comuni, insieme alle regioni Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Toscana.
Peggiore è poi la situazione di Basilicata, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta: qui, infatti, non esistono dati pubblicati relativi all’ubicazione, alla destinazione e alla tipologia dei beni immobili confiscati e destinati ai comuni.
Libera tiene a precisare che ai fini della ricerca sono stati considerati i Comuni che pubblicano in formato tabellare, dimostrando in questo modo come in moltissimi casi si sia ancora lontani dall’avere degli open data che, dunque, siano davvero fruibili, seppure rispetto all’anno precedente sia diminuito considerevolmente il numero dei Comuni con formati totalmente chiusi.
Come dichiarato da Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera, garantire la trasparenza di questi dati significa anche “permettere alla comunità e alla società civile organizzata di provvedere alla progettazione e alla programmazione di novi spazi comuni“, poiché esiste un legame molto stretto tra la conoscenza del patrimonio e del territorio e l’utilizzo dei fondi pubblici.
A tal proposito, secondo quanto riportato testualmente sul sito di Libera, «il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile».
La consapevolezza delle difficoltà che gli Enti locali costantemente incontrano non lascia spazio, dunque, allo sconforto, poiché – come sottolinea Tiziana Giannone di Libera – “insieme è possibile trovare delle soluzioni che garantiscano la trasparenza dei dati“. Si parla, nello specifico, di modelli di elenco uguali per tutti e di percorsi di accompagnamento e formazione dei Comuni «per rendere i beni confiscati presidi di sviluppo sociale e di emancipazione per la comunità».
In questa seconda edizione del rapporto di Libera è stato, inoltre, possibile analizzare la capacità di risposta delle amministrazioni locali alle domande di accesso civico: in generale, dai dati risulta esserci stato un incremento della quantità dei dati pubblicati.
La posizione di Libera sulla confisca penale dei beni confiscati
Libera si esprime anche sullo schema di decreto delegato per l’applicazione della riforma penale (cd. Riforma Cartabia) e, in particolare, sugli effetti che una dichiarazione di improcedibilità produrrebbe sulla confisca penale dei beni confiscati.
A tal proposito sul sito di Libera si può leggere: «Auspichiamo un “ripensamento” del testo per evitare che i patrimoni acquisiti illecitamente siano restituiti per motivi formali derivanti della improcedibilità per decorso dei termini: la norma va opportunamente rivista consentendo una decisione di merito a garanzia dello Stato, che pur rinunciando alla dichiarazione sulla colpevolezza, otterrà una decisione sulla confisca, e dell’imputato che potrà ottenere una sentenza di merito sulla confisca con tutte le garanzie previste».
Ma Libera non è la sola a essersi espressa: osservazioni sul tema sono state fatte anche dalla rivista online Sistema penale, a riprova dell’importanza di un intervento sul testo.
Mariella Rivelli