Giletti Furfaro
Fonte: Giornalettismo

Lo scontro tra Marco Furfaro e Massimo Giletti nel corso della trasmissione “L’Aria che Tira” potrebbe definirsi surreale, non fosse che è realmente accaduto. Un commento dell’europarlamentare ha fatto infuriare il presentatore de “Non è l’Arena”, che all’improvviso ha deciso di lasciare lo studio. Giletti non stava difendendo una posizione, bensì il suo orgoglio. In fondo, a cosa serve il confronto quando hai la tua morale e il dito pronto a essere puntato contro qualcuno?

Si stava parlando di Bibbiano

Facciamo un passo indietro. Tra gli ospiti della trasmissione “L’Aria che tira”, il 21 gennaio, figuravano il presentatore televisivo Massimo Giletti e l’eurodeputato del Partito Democratico Marco Furfaro. La conduttrice Myrta Merlino aveva da poco introdotto l’argomento “Bibbiano” quando si è acceso il diverbio tra i due. Il primo lamentava che nessun parlamentare, dando prova di incompetenza, fosse stato in grado di affrontare il problema. Furfaro, infine, avrebbe rinfacciato a Giletti la frequenza con cui, quest’ultimo, stava intervistando Salvini.

A far infervorare Giletti, tuttavia, sarebbero state alcune frasi pronunciate a bassa voce dall’eurodeputato del PD. «Non è questione di populismo, è questione di educazione. Non ha il coraggio di dire queste cose in faccia, le dice sottovoce. Stia attento a quello che dice e non parli della mia moralità. Dopodiché arrivederci e grazie», avrebbe risposto Giletti, prima di abbandonare lo studio lasciando un vuoto imbarazzante.

Pare che la lite sia continuata anche a telecamere spente, in un momento d’ira di Massimo Giletti raccontato su Facebook, qualche ora dopo, dallo stesso Furfaro. L’eurodeputato, alla fine del suo post, gli dedica l’ennesima provocazione: «Ringrazi il cielo che non denuncio, ma sappia che io, non so se a differenza sua, non ho mai avuto nessuna paura di combattere per ciò che penso sia giusto senza piegarmi al potere».

Il dito conduttore

Massimo Giletti è un presentatore televisivo qualunque. I suoi programmi seguono, spesso, alcune caratteristiche riscontrabili nel suo personaggio e nella sua vita. Entrambi non eccedono, osservano, in realtà sanno già con chi essere d’accordo e non necessitano di alcun convincimento. I dibattiti, sopratutto in ambito politico, sono un susseguirsi di interventi in cui lo scontro sui temi è esiguo. Il conflitto non gli appartiene; è un uomo a cui piace ricordare agli altri il suo condurre una vita sana e lontana dai vizi. Non importa quanto ciò sia irrilevante in termini giornalistici.

Massimo Giletti
Fonte: blitzquotidiano

Nelle sue “Arene” (prima su Rai1, poi su La7) c’è un contraddittorio tenue. Anzi, capita spesso che gli ospiti non abbiano neanche il tempo di argomentare le proprie posizioni perché interrotti dal presentatore, che, di volta in volta, decide a chi passare la parola, intervallando il passaggio con i suoi classici commenti intrisi di moralismo. Infine, è sempre lui, Massimo Giletti, che decide chi sono i buoni e chi sono i cattivi, contro i quali punterà il suo dito e il suo giudizio.

La difesa della moralità della domenica

Con le pupille rivolte dritte in camera, Massimo Giletti si rivolge al pubblico a casa erigendosi a difensore della moralità e delle persone per bene, della normalità scombussolata dai fatti di cronaca. Ma il suo è un giornalismo tossico che non offre nulla al dibattito mediatico, in un palinsesto che non punta nemmeno ad offrire uno spazio di confronto tra le parti sociali. Lo scontro con Furfaro è soltanto l’ennesima dimostrazione che vi è nel presentatore una scarsa propensione all’argomentazione delle posizioni. Quando non è nel suo salotto televisivo, quando non è lui a dirigere la discussione, Giletti, semplicemente, abbandona lo studio.

Massimo Giletti
Fonte: TheSocialPost

E allora sarebbe spontaneo chiedersi: ma che giornalista è colui che dimostra così palesemente di non avere i contenuti per portare avanti un ragionamento? Che giornalista è colui che abbandona la scena piuttosto che difendere la sua posizione, con i toni e i tempi con cui dovrebbe essere animata una dinamica democratica? Il palinsesto della domenica sera delle negazioni, tra un “Non è l’Arena” e un “Non è la D’Urso”, interpreta una parte che non gli appartiene. Da Giletti a Barbara D’Urso, gli esempi più degradanti del giornalismo tossico che non va mai al di là della propria morale.

Qualche giorno fa Fiorello ha ironizzato sull’irascibilità di Massimo Giletti, durante una discussione sulla partecipazione di Junior Cally al Festival di Sanremo: «Giletti, tu devi passare due o tre sere con me perché ti devi rilassare». Ma la soluzione proposta da Fiorello di metter fine alla polemica non convince. In primis, perché quella di Giletti (così come quella della D’Urso), il più delle volte, non è una polemica ma un giudizio – e c’è differenza tra un momento di confronto e una sentenza. In secundis, senza quel pizzico di polemica, non avrebbe senso fare politica, perché verrebbe meno il diritto a mettere in discussione l’opinione dominante e l’operato del governo. La democrazia ha bisogno delle contraddizioni e ha bisogno delle polemiche per non appiattirsi su se stessa. Il punto, allora, non è smettere di fare polemica, bensì iniziare a farla seriamente.

Sara C. Santoriello

1 commento

  1. Parole Sante. Un continuo giornalismo pretestuoso, spicciolo e retorico.
    Processi in direttissima, prese di posizione senza contraddittorio, argomenti ripetitivi e legati a difendere se stesso più che a dare valore (dimostrare che le querele che gli fanno sono infondate in sostanza)

    A questo punto meglio la Durso.

    Oppure cambiasse il nome della trasmissione in:

    Non è giornalismo

    Cosí uno almeno lo sa prima

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