Il riscaldamento globale ha indubbiamente aumentato il rischio di incendi che, nel solo 2020, hanno registrato a livello globale un aumento del 13% rispetto all’anno precedente. Dalla Siberia all’Amazzonia, dall’Australia alla Thailandia, secondo il report “Fires, Forests and the Future: a crisis raging out of control” redatto dal WWF in collaborazione con il Boston Consulting Group, l’uomo è responsabile del 75% di tutti gli incendi boschivi. Sono molti gli studi scientifici che confermano la correlazione fra cambiamenti climatici, alimentati da pratiche di origine antropica come il cambiamento dell’uso del suolo inerente l’agricoltura, e l’aumento delle temperature e delle estati secche a causa delle quali il rischio di incendi aumenta drasticamente. Oltre a colpire le economie locali e a distruggere interi ecosistemi, il fuoco rilascia grandi quantità di anidride carbonica dando il via a un circolo vizioso che si autoalimenta. Ancora una volta l’uomo alimenta la distruzione della natura e ne subisce le conseguenze. Per far fronte a tale crescente problematica i ricercatori ambientali hanno suggerito che l’adozione della pratica conosciuta come agroforestazione, un insieme di sistemi agricoli che prevede l’interazione ecologica tra alberi, coltivazioni e allevamenti, potrebbe ridurre il rischio di incendi e proteggere in maniera più efficace gli ecosistemi.
I principali vantaggi dell’agroforestazione
La costante crescita della popolazione mondiale, il conseguente aumento della richiesta di cibo e le molteplici problematiche ambientali, tra cui un uso del suolo non più sostenibile, fanno dell’agroforestazione una soluzione efficace capace di far fronte a tali sfide. Lo conferma la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo cui i sistemi agroforestali hanno la capacità di «diversificare e sostenere la produzione agroalimentare al fine di aumentare i benefici sociali, economici e ambientali per gli utenti della terra a tutte le scale».
Nello specifico con il termine agroforestazione si descrive quell’insieme di tecniche d’uso del suolo agricolo che prevede la piantumazione di specie legnose perenni (alberi, arbusti etc.) nella stessa area in cui vengono realizzate coltivazioni di tipo seminativo e/o attività di pascolo. I sistemi agroforestali, molto diffusi prima della meccanizzazione del settore agricolo e dell’avvento delle monocolture, si dividono in varie tipologie:
- Sistema silvoarabile: una combinazione di specie arboree (da legno o da frutto) e specie erbacee colturali;
- Sistema silvopastorale: la consociazione di arboricoltura e allevamento;
- Sistema integrato agrosilvopastorale: la piantumazione di specie arboree in zone dedicate all’allevamento e alla coltivazione di specie erbacee colturali.
Una corposa raccolta di studi scientifici confermano i vantaggi che l’agroforestazione può apportare nell’ambito dello sviluppo sostenibile del comparto agricolo. Lo studio “Agroforestry Benefits and Challenges for Adoption in Europe and Beyond“, pubblicato su Multidisciplinary Digital Publishing Institute, evidenzia che «L’agroforestazione può migliorare la produttività agronomica, il sequestro del carbonio, il ciclo dei nutrienti, la biodiversità del suolo, la ritenzione idrica e l’impollinazione. Inoltre può ridurre l’erosione del suolo e l’incidenza degli incendi boschivi e fornire benefici ricreativi e culturali».
I sistemi agroforestali contro gli incendi boschivi
I rapporti annuali sugli incendi boschivi in Europa, redatti dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dalla Commissione europea nell’ambito del programma Copernicus, indicano che dal 2000 al 2017 il fuoco ha distrutto 8,5 milioni di ettari di boschi causando la morte di più di 600 persone e danni economici per un totale di 54 miliardi di euro. I cambiamenti climatici in atto aggravano ancor di più la già catastrofica situazione: l’articolo “European Forests at Risk. A scoping study in support of the development of a European Forest Risk Facility” afferma infatti che il prolungamento della stagione degli incendi boschivi dovuto proprio al climate change, potrebbe far triplicare o addirittura quintuplicare le aree boschive colpite dal fuoco.
Per combattere tale incremento e mitigare le conseguenze degli effetti della combustione di intere aree boschive, un team di ricercatori europei ha raccolto e studiato dieci anni di dati, analizzando la correlazione fra i diversi usi del suolo e l’incidenza degli incendi. Lo studio, pubblicato su Springer Link, ha evidenziato che il 12% delle aree terrestri ricoperte da sistemi di agroforestazione erano colpite da appena il 6% degli incendi globali mentre le brughiere, che occupano il 16% della superficie del nostro pianeta, sono state soggette al 41% dei suddetti incendi.
Rilasciando un’intervista a Climate News Network, Paul Burgess, segretario del Farm Woodland Forum del Regno Unito e esperto in ecologia e gestione delle colture, ha affermato che «Rispetto alle aree arbustive non gestite, l’agroforestazione può fornire tre vantaggi. In primo luogo, incoraggia l’occupazione locale e la gestione sul campo, il che può consentire risposte iniziali più rapide. Quindi, nella maggior parte dei sistemi agroforestali, viene gestito il sottobosco, la vegetazione tra la chioma della foresta e il pavimento, e questo riduce le riserve di carburante. Terzo, in molti sistemi agroforestali ci sono interruzioni tra gli alberi, che possono anche aiutare a limitare la propagazione dell’incendio». I risultati dello studio indicano quindi che il ritorno dell’agroforestazione può rappresentare un’arma efficace non solo contro gli incendi boschivi ma anche a favore dell’agricoltura sostenibile e dell’occupazione.
Marco Pisano