Il Festival dello Sviluppo Sostenibile – iniziativa tutta italiana nata per sensibilizzare cittadini, imprese, associazioni e istituzioni sui temi della sostenibilità – giunge in questi giorni alla sua quinta edizione. Lo scopo è quello di realizzare un cambiamento culturale e politico, che permetta all’Italia di dare attuazione ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030. Tuttavia in un momento chiave come quello attuale, che vede il nostro Paese a capo della COP26 e del G20, l’Italia è ancora indietro nella realizzazione di buona parte dei diciassette goals. A confermarlo è l’ultimo rapporto dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), presentato in occasione della prima giornata del Festival.
Ben nove, infatti, sono gli obiettivi per i quali il rapporto ha registrato un peggioramento: povertà, salute, educazione, uguaglianza di genere, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze, condizioni delle città, ecosistema terrestre e cooperazione internazionale. Lo scenario che ci viene restituito, dunque, è particolarmente allarmante e non fa certo onore all’Italia, che anche nel confronto con gli altri Paesi membri dell’UE risulta in una situazione critica, collocandosi al disotto della media europea per dieci indicatori.
«Se non interverranno cambi di passo decisi, l’Italia non conseguirà gli Obiettivi dell’Agenda 2030 nei tempi concordati in sede Onu». Così si esprimono i presidenti dell’Asvis, Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, nel documento che hanno sottoscritto in occasione del lancio del rapporto “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”. Quest’ultimo, però, non si limita a descrivere lo scenario rovinoso in cui l’Italia rischia di trovarsi a causa dei suoi ritardi nell’attuazione dei 17 goals, ma propone anche una lunga serie di suggerimenti per scongiurare le conseguenze più gravi derivanti dal mancato adempimento.
Innanzitutto il rapporto Asvis invita a portare a compimento l’iter legislativo per l’inserimento in Costituzione del principio di sviluppo sostenibile, attribuendogli così quella giuridicità necessaria per orientare le politiche pubbliche a favore delle nuove e delle future generazioni. Una proposta in tal senso è attualmente in esame al Parlamento e la sua approvazione entro la legislatura corrente rappresenterebbe un passo significativo verso il raggiungimento della giustizia intergenerazionale. Un’altra indicazione fornita dall’Asvis consiste nel procedere a un chiarimento circa la definizione dei ruoli istituzionali chiamati a dare attuazione ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030. Dopo lo smantellamento della cabina di regia Benessere Italia, che non era riuscita a realizzare un loro effettivo coordinamento, l’incarico è stato affidato al Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica. Anche quest’ultimo, però, rischia di non avere una visione complessiva sulle azioni necessarie a dare attuazione all’Agenda, visto il suo focus in tema ambientale. Da qui la necessità di ridefinire con chiarezza le responsabilità ai più alti livelli di governo. In tal senso, la proposta dell’Alleanza è quella di designare il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) come punto di riferimento per l’Agenda 2030.
Quest’ultimo dovrebbe coordinare le proprie attività con quelle del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile, in modo da assicurare che le decisioni sulle infrastrutture e gli investimenti pubblici siano in linea con i 17 obiettivi dell’Agenda. A tal fine sarebbe utile introdurre uno strumento che consenta una sorta di “controllo di sostenibilità” dei progetti rispetto ai singoli goals. In materia di ambiente, invece, il rapporto Asvis propone di aggiornare il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) e allinearlo agli obiettivi europei del taglio alle emissioni per almeno il 55% entro il 2030, così da riuscire a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Queste, ovviamente, non sono che alcune delle proposte avanzate, ma è bene che nessuna di esse venga sottostimata. Ne andrebbe non solo della già precaria credibilità dell’Italia – che tra meno di un mese sarà tenuta, insieme al Regno Unito, a presiedere un evento di importanza storica come la COP26 – ma anche e soprattutto della sostenibilità della vita sul pianeta.
Virgilia De Cicco