Perché il femminismo serve anche agli uomini è un saggio scritto dal filosofo femminista, blogger e attivista anti-sessista Lorenzo Gasparrini, attraverso cui si cerca di superare la visione machista e binaria della società capitalistica. Pertanto, l’obiettivo dell’opera è quello di divulgare una contronarrazione che possa dar vita effettivamente alla decostruzione materiale e concettuale del patriarcato. Già il titolo del testo è evocativo nella sua forma grammaticale in quanto non è un interrogativo bensì un’asserzione; v’è un chiaro intento pedagogico atto a porre in evidenza quanto il femminismo sia essenziale finanche per gli uomini e quanto non sia un qualcosa di cui dubitare, ma un dato di fatto.
È necessario scardinare i tabù e i cliché figli d’una onnipervasiva cultura maschiocentrica ormai istituzionalizzata. L’endemica acrimonia maschile nei riguardi delle teorie e delle lotte femministe rappresenta il naturale portato d’un condizionamento socio-culturale: difatti il legame invischiante che intercorre tra l’identità di genere e le opprimenti logiche dominanti è preminente nell’organizzazione dei rapporti sociali, permeandoli e perpetuandoli a tal punto da divenire subdolo e spesso irriconoscibile per molti. Di conseguenza da parte maschile la tendenza generale è quella di contrapporre alla verità fattuale un meccanismo coatto di minimizzazione o di rimozione delle disparità e delle discriminazioni, obnubilando così un privilegio esistente – ossia avere meno impedimenti sociali in conformità al proprio genere, orientamento sessuale e alla propria estrazione sociale – o peggio credendo che quest’ultimo derivi da meriti individuali. Non a caso stando alle stime dell’ultimo Global Gender Gap Report, l’impatto della pandemia da covid-19 ha generato l’effetto di esacerbare un’emorragia già ampiamente estesa, acutizzando perciò le disparità tra i sessi. Il documento prevede che, per colmare definitivamente questo gap, saranno necessari almeno altri 267,6 anni; ciò significa che ulteriori generazioni di donne saranno costrette a pagare per l’intera esistenza lo scotto delle disuguaglianze di genere.
A ogni modo, sia i casi di normalizzazione e di vittimizazzione di determinati pensieri e atteggiamenti sia i casi di rimozione o di violenta repulsione verso fenomeni sociali e sessuali oggettivi sono ascrivibili agli infestanti precetti patriarcali-religiosi e alle inique contingenze sistemiche che legittimano una strenua avversione per il femminile/femminismo, l’illusione d’una invulnerabilità emotiva, l’eteronormatività e una tossica idea di supremazia in ambito socio-affettivo e sessuale.
Pertanto, uno dei primi falsi miti che l’incisivo pamphlet di Gasparrini tenta di confutare è quello che concerne la presunta libertà secondo cui la perpetuazione – inconsapevole o acritica – del sistema attuale di potere garantirebbe agli uomini la possibilità sempiterna d’un mondo a loro completa disposizione con l’esclusivo scopo di soddisfare qualsivoglia desiderio. Un tale immaginario collettivo, mendace e nocivo affonda le proprie radici in un retroterra socio-culturale patriarcale, propagatosi a causa d’un corpus di consuetudini e condizionamenti – basati sulla figura del maschio bianco etero cisgender – che corredano sin dai primi vagiti l’esistenza del soggetto maschile e che contribuiscono tuttora a forgiare un tipo di mascolinità considerata naturale e, quindi, necessaria. Da ciò ne derivano forme di androcentrismo, di modelli relazionali fondati sulla sopraffazione, di sessismo, di mutismo emozionale (alessitimia normativa maschile), di narcisismo patologico, di vigoressia, d’ortoressia, di molti altri disturbi psicologici, e di conseguenza s’innescano finanche dinamiche di stigmatizzazione della sensibilità e delle fragilità umane.
Dunque, seguire pedissequamente il percorso coercitivo tipico dell’imperituro modello del maschio alpha consolida, nel tempo, la possibilità di riconoscersi in determinate caratteristiche fisiche, emotive e sociali che sanciscono l’essere realmente uomini. È evidente che gli uomini stessi sono imprigionati negli arbitrari stereotipi tradizionali e nella rigidità del binarismo di genere, dal momento in cui viene fissato un unico modo legittimo di essere uomo e a cui tutti devono inevitabilmente conformarsi. Dunque, il patriarcato è un sistema di potere prevaricante che reitera ruoli atti a favorire la subordinazione e l’oppressione di determinati soggetti sociali.
In un contesto simile, preso atto della condizione di subalternità forzata e mostruosa della donna rispetto all’uomo, l’intento di Gasparrini è rendere conoscibile agli uomini il florido e vitale patrimonio dei molteplici femminismi costituiti di «pratiche di libertà create – con l’azione, il pensiero, la parola scritta e pronunciata – da donne che hanno provato, provano e proveranno a liberarsi dalle oppressioni della società in cui vivono». Quindi il femminismo può divenire un potente ed efficace strumento di contro-potere e di liberazione anche per gli uomini, al di là dei pregiudizi e delle falsità generate dalle convinzioni che il femminismo instauri una superiorità femminile: non è in atto una «guerra tra sessi» bensì bisogna demistificare le strutture concettuali del dominio e perciò collettivamente sradicare le logiche patriarcali e capitalistiche.
«Questi inganni, queste sviste, sono il prodotto di precise strategie culturali: il racconto ossessivo e ripetuto della «naturalità» e «normalità» dell’eterosessualità tradizionale, la delirante religione dell’«essere se stessi» in un mondo culturale che penalizza chiunque non si conforma, il culto del successo ottenibile soltanto tramite forme di potere non condiviso (essere il più ricco, il più bello, il più geniale, il più potente) mentre vengono chiamati «spirito di squadra» il cameratismo e il controllo reciproco, l’annullamento o la svalutazione dell’interiorità, dello spazio delle emozioni, del lavoro sui sentimenti maschili che vengono riabilitati solo come scuse per gesti irrazionali e violenti, il continuo evidenziare una colpa individuale per non lasciar mai emergere una responsabilità di genere». (L. Gasparrini, Perché il femminismo serve anche agli uomini).
Pertanto, è palese l’urgenza di provvedere a una revisione radicale dei rapporti socio-economici di base e dei valori che fungono da humus della moderna società industriale. Il femminismo combatte la prevaricazione su tuttə e rivendica la parità per tuttə. Fare ciò non significa sottrarre diritti riconosciuti a chi già li ha, tutt’altro: il lungo percorso in direzione dell’equità sostanziale interseca, a fortiori, una riflessione sia sul principio d’autodeterminazione della propria soggettività sia sul corpo in quanto medium politico. Secondo Gasparrini la riconsiderazione critica del sistema gerarchizzante e disumanizzante, e dei valori costitutivi della mascolinità tossica e tradizionale rappresenta la conditio sine qua per pervenire a un’effettiva alleanza intersezionale tra i sessi (in un’ottica di lotta di classe), ciononostante l’autore evidenzia come ciò non vada concepito come un traguardo: si tratta d’un semplice punto di partenza. Sovvertire il dispositivo patriarcale è necessario e in virtù di ciò il femminismo è una forma di vita che si rinnova nelle lotte, nel confronto di natura inclusiva e pluralistica, nel disfarsi degli schemi dualistici e dei canoni universali e consumistici, nei gesti quotidiani e nei modi d’interagire con l’Altrə.
Il femminismo è una pratica di libertà, di rivalutazione, di celebrazione e di difesa di tutto quello che la società patriarcale ha svalutato: il femminile, la natura non-umana, il corpo e le emozioni. Ciò incarna una visione non gerarchica dell’esistente, in cui le diversità e le molteplici interazioni tra gli individui compongono la necessaria base d’ogni struttura complessa, il fulcro d’ogni società libera, evoluta e auto-consapevole. Chi desidera veramente essere libero nella coesistenza con altri soggetti liberi, dovrebbe cominciare a essere femminista.
«Dobbiamo liberare metà della razza umana, le donne, così che possano aiutare a liberare l’altra metà». (Emmeline Pankhurst)
Gianmario Sabini