Parco Nazionale del Matese : l' immobilismo politico ostacola le aree interne
Parco Nazionale del Matese

Le aree interne rappresentano luoghi sempre più colpiti dal fenomeno dello spopolamento contro cui la politica locale sembra non saper contrapporre soluzioni efficaci. L’immobilismo politico e la paura di nuove soluzioni per nuovi tempi, tengono in ostaggio le popolazioni di queste aree, escludono le nuove generazioni da qualsiasi tipo di progetto politico, timbrano i biglietti di sola andata di quei giovani che con rammarico sono costretti ad abbandonare il proprio territorio. Come suggerito dalla scienza e come imposto dagli accordi politici internazionali, i futuri progetti di sviluppo dei Paesi dovranno basarsi inevitabilmente sulla tutela dell’ambiente. In particolare, per le aree interne lo sviluppo economico potrà essere favorito solo e soltanto dalla valorizzazione del capitale naturale, culturale e cognitivo e dell’energia sociale della popolazione locale. Proprio la valorizzazione del capitale naturale è oggetto di divisione nelle aree meno sviluppate del nostro Paese: se da una parte nuove forze politiche (partiti, associazioni, movimenti, etc.) tentano di smuovere le acque dell’inerzia amministrativa locale con piani di sviluppo sostenibile ambientale, economico e sociale, dall’altra il convinto conservatorismo di alcuni soggetti politici e di alcune associazioni di categoria, ostacola ogni possibilità di cambio di marcia di tali territori. Questi ultimi, infatti, vedono nello sviluppo di cui sopra, incentrato sulla tutela del capitale naturale, un’eventuale massiccia perdita di risorse economiche locali dovuta ai vincoli dettati dalle norme di difesa ambientale. Teoria questa smontata in maniera immediata da molteplici studi scientifici oltre che da piani politici quali la SNAI, la Strategia Nazionale delle Aree Interne, programma grazie al quale è possibile contrastare i fenomeni di declino demografico delle aree interne italiane, mettendo al centro proprio la tutela e valorizzazione del capitale naturale. L’eterno incompiuto Parco Nazionale del Matese è uno degli l’esempi lampanti di questa radicale divisione di vedute che riguardano le idee di sviluppo di un’area interna massicciamente interessata dallo spopolamento. Da una parte la società civile che crede e lotta per il futuro sostenibile di un’area pregna di ricchezze ambientali, culturali, umane. Dall’altra il conservatorismo partitico che, complice di importanti associazioni di categoria, prende tempo, che rimanda, che vede in un Parco Nazionale solo limiti e nessun’opportunità.

Tutela ambientale e opportunità per le aree interne

«Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, contrastare la desertificazione, arrestare il degrado del terreno, fermare la perdita della diversità biologica». Il quindicesimo dei diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) contenuti nell’Agenda 2030 chiarisce inequivocabilmente la direzione che la politica dovrà intraprendere per il raggiungimento di uno sviluppo ambientale, economico e sociale. Una sfida globale che va combattuta soprattutto su scala locale. In questo ambito, i Parchi Nazionali giocano un ruolo fondamentale nel «garantire la conservazione degli ecosistemi montani, compresa la loro biodiversità, al fine di migliorare la loro capacità di fornire prestazioni che sono essenziali per lo sviluppo sostenibile» entro il 2030. A tal proposito, prima di ogni discussione politica sull’argomento, è necessario comprendere a fondo le caratteristiche delle aree naturali protette da normative nazionali.

Nel 1987 due sentenze della Corte Costituzionale sancirono il diritto all’ambiente come diritto fondamentale per l’uomo. In particolare la Sentenza n.641/1987, chiarì che tale valore costituzionale primario avrebbe dovuto in ogni caso prevalere sugli interessi industriali, confermando il contenuto dell’articolo 117 c.2 lett.s della Costituzione italiana in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Con la Legge 394/91, l’Italia si fornì del primo strumento normativo per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette tra cui i Parchi nazionali, i Parchi regionali, le Zone umide, le Riserve naturali e le Aree marine protette.

Secondo il comma 1 dell’articolo 2 della L.394/91 «I parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l’intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future». Mantenere gli equilibri ecologici in queste aree è condizione necessaria non solo per la riduzione del degrado ambientale, ma anche per uno sviluppo socio-economico delle aree stesse che tenga conto del diritto delle future generazioni a una vita sana in un ambiente sano.

A oggi sono 24 i Parchi nazionali presenti sul territorio italiano. Un milione e mezzo di ettari di aree protette da normative nazionali, circa il 5% di tutto il territorio nazionale. Le aree protette costituiscono al contempo patrimoni naturali da difendere e luoghi ricchi d’interessi, in cui la conservazione e la valorizzazione del capitale naturale sono parallelamente accompagnate da obiettivi di promozione e sviluppo sostenibile dell’economia in un armonioso rapporto tra uomo e natura. Le varie forme di turismo responsabile, ad esempio, rappresentano senza dubbio un’importante arma contro lo spopolamento e l’inesorabile decadimento economico di territori in cui la politica ambientale è molto spesso in contrasto con quella finanziaria. Lo dimostrano i risultati ottenuti in aree protette quali il Parco Nazionale dello Stelvio o, più a sud, il Parco Nazionale del Gran Sasso, aree interne d’immenso valore naturalistico in cui la politica ha saputo coniugare salvaguardia ambientale e sviluppo economico.

Molto diversa è la situazione che riguarda il Parco Nazionale del Matese, istituito nel 2017 ma ostaggio di un immobilismo politico che è la principale causa di ritardi nella procedura attuativa del Parco.

L’immobilismo politico frena il Parco Nazionale del Matese

Istituito ufficialmente il 27 dicembre 2017 con la Legge 205/17, il Parco Nazionale del Matese, una vasta area di oltre centomila ettari, situata tra Campania e Molise, compresa in quattro provincie (Caserta, Benevento, Isernia e Campobasso) e che interessa ben 63 Comuni, attende i provvedimenti attuativi previsti dalla legge quadro sulle aree protette. Disposizioni che tardano ad arrivare a causa di un ingiustificabile immobilismo politico che riguarda soprattutto la Regione Molise. Alla proposta di perimetrazione, elaborata dalla VII Commissione Consiliare Ambiente ed Energia e trasmessa dalla Regione Campania al Ministero della Transizione Ecologica in data 28 gennaio 2021, il Molise ha risposto con una richiesta di tempo (fine febbraio 2021) utile a completare il percorso di consultazioni per la presentazione della proposta di zonizzazione. Parole al vento. Nonostante le sollecitazioni da parte del Ministero, l’ultima a metà aprile, della proposta nessuna traccia. L’immobilismo politico di fatto blocca il completamento dell’istruttoria tecnica, la prima convocazione del Tavolo tecnico interistituzionale e il perfezionamento del procedimento amministrativo istitutivo del Parco Nazionale del Matese.

Alcune personalità politiche, appartenenti a vari schieramenti, sono intervenute in merito alla questione. Per la parlamentare casertana Margherita Del Sesto (M5S), «Dalla verifica preliminare di tale proposta sarebbe emersa una diffusa contrarietà all’inclusione nel Parco Nazionale da parte di diversi Comuni, che continuano ad anteporre il concetto di “vincolo” a quello di “tutela e valorizzazione” territoriale. Tale decisione comporterebbe, di fatto, la potenziale esclusione di importanti sistemi ambientali da tutelare, alcuni dei quali già inseriti nell’esistente Parco regionale del Matese». Anche il senatore Sandro Ruotolo ha denunciato i ritardi dell’effettiva istituzione del Parco Nazionale del Matese, ponendo alcuni semplici domande al ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: «Quali sono i motivi dei ritardi e delle lungaggini che rimandano sempre più l’effettiva operatività del nascente Parco nazionale del Matese? Perché non s’interviene per la salvaguardia, la tutela e l’integrità dell’intera area? Quali iniziative saranno adottate affinché il Parco raggiunga il pieno funzionamento?».

A muoversi a favore del Parco Nazionale del Matese in maniera costante ed efficace non è però il mondo dei partiti. Ancora una volta è la società civile che tenta di sopperire alle mancanze della politica istituzionale. Il 19 aprile la Consulta del Matese, un sodalizio di 76 associazioni che operano nel territorio matesino, ha lanciato una petizione con la quale si chiede il completamento degli atti utili alla realizzazione del Parco Nazionale del Matese. Secondo le numerose associazioni presenti sul territorio, rappresentanti di una larga fetta di popolo, occorre urgentemente «rispondere alle aspettative delle comunità e delle istituzioni locali, ma anche dell’intera opinione pubblica, che non comprenderebbe ulteriori dilazioni nella attuazione di una previsione di legge perfettamente in linea  con la  dichiarata sensibilità del Governo e di tutte le forze politiche alla transizione ecologica, intesa anche come  promozione di un modello di sviluppo inclusivo che sappia tutelare e valorizzare le bellezze del nostro Paese, riequilibrare le diseguaglianze, creare nuovi lavori».

All’immobilismo politico degli enti preposti rispondono con determinazione i cittadini e le associazioni del territorio che, più di tutti, vivono in questo territorio, che vigilano su questo fondamentale corridoio ecologico in cui la paura di vincoli appartenente a singoli personaggi di partito e associazioni di categoria, può essere superata solo da una radicale voglia di cambiamento del popolo. Cambiamento nel modo di fare politica, cambiamento per un nuovo tipo di sviluppo che sostituisca le palesemente fallimentari metodologie utilizzate finora. Le aree interne come il Matese non possono più essere ostaggio di pochi uomini con un unico interesse. Il Parco Nazionale del Matese potrebbe essere una delle poche “eredità green” lasciate dalle passate e presenti generazioni a quelle future. Potrebbe: finché gli interessi economici di poche persone prevarranno sull’interesse collettivo, il condizionale è d’obbligo.

Marco Pisano

Sono Marco, un quasi trentenne appassionato di musica, lettura e agricoltura. Da tre e più anni mi occupo di difesa ambientale e, grazie a Libero Pensiero, torno a parlarne nello spazio concessomi. Anch'io come Andy Warhol "Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare". Pace interiore!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui