Si celebra oggi la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, istituita dall’UNESCO nel 1996 con l’obiettivo di promuovere il valore della lettura e tutelare la proprietà intellettuale tramite il diritto d’autore.
Per l’occasione ci sarà, in tantissimi Paesi, una programmazione ricca di conferenze, approfondimenti sul tema, presentazioni di libri, spazi creativi in cui raccogliere una comunità di lettori (che siano incalliti o nuovi adepti, che siano bambini, adolescenti, adulti, o anziani).
La giornata, tra le più seguite nel mondo della cultura e tra le più diffuse a livello globale, vuole stimolare anche l’accesso alla lettura nel maggior numero di persone: non è mai troppo tardi per aprire un libro e cominciare a leggere.
In Italia, ad esempio, la Commissione Nazionale Italiana per UNESCO propone la lettura di due libri per regione al fine di «legare la narrativa al territorio e stimolare l’interesse dei lettori».
Le origini dell’evento e la Capitale mondiale del libro
L’idea di dedicare una giornata al valore del libro e del diritto d’autore risale a una tradizione catalana: seguendo le orme di Vincent Clavel Andrés, editore e scrittore valenciano, il re Alfonso XIII, nel 1926, istituì una vera e propria giornata del libro spagnolo, scegliendo come data quella del 23 aprile. L’UNESCO poi l’ha proclamata “Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore” giustificando la scelta della data con la morte di pietre miliari della letteratura mondiale, quali William Shakespeare, Miguel de Cervantes e Garcilaso de la Vega, oltre che con la nascita di Vladimir Nabokov.
Ogni anno a partire dal 2001, inoltre, l’UNESCO conferisce a una città il titolo di “Capitale mondiale del libro” in virtù della funzionalità e della incisività del suo programma culturale.
Il 2019 è l’anno di Sharja, negli Emirati Arabi Uniti: una notizia positiva, considerando la bassa presenza dei Paesi arabi nella lista delle capitali dal 2001 ad oggi. A dispetto dell’immagine mediatica con cui è ritratta, quest’area è ricca di sfumature a livello culturale tutte da scoprire.
Due le opere significative che, a ben vedere, sono chiavi di comprensione del mondo arabo e, al contempo, non tralasciano l’inscindibile connessione con il mondo occidentale.
“Leggere Lolita a Teheran”: una dichiarazione d’amore alla letteratura, contro ogni negazione della libertà individuale
È del 2003 il best seller scritto dall’iraniana Azar Nafisi ma ha ancora in sé una voce che parla al presente. L’autrice racconta la vita a Teheran nei decenni successivi alla rivoluzione iraniana di Khomeini, che portò alla Repubblica Islamica dell’Iran. In particolare segue le vicende del seminario di letteratura da lei organizzato dopo aver abbandonato la cattedra all’università per pressioni politiche e religiose. All’interno del suo gruppo vengono analizzati grandi classici occidentali (“Lolita“, “Il grande Gatsby“, “Orgoglio e pregiudizio“, “Cime tempestose“, “Daisy Miller“, “Invito a una decapitazione“) e orientali (“Le mille e una notte“) attraverso lucidi dibattiti sul valore della letteratura e sul potenziale rivoluzionario del libro. A partecipare al seminario sono tutte donne: ognuna di loro si trova in una condizione di repressione e svilimento della propria identità femminile ma ritaglia, da quelle lezioni con la professoressa Nafisi, un angolo di libertà. “
«Nabokov lo aveva descritto, quello che ci sarebbe successo: avremmo scoperto come il banale ciottolo della vita quotidiana, se guardato attraverso l’occhio magico della letteratura, possa trasformarsi in pietra preziosa».
L’autrice sceglie come libro chiave “Lolita“, anche se apparentemente in un rapporto ossimorico con la città di Teheran. Il suo obiettivo, chiaramente esplicitato, è quello di denunciare «l’essenza stessa di ogni totalitarismo», che comporta la subordinazione dell’uomo a un unico potere e della cultura all’ideologia.
Leggere, per le donne soprattutto, rappresentava uno stupendo atto di insubordinazione.
Gli incontri letterari, colonna portante del libro, si rivelavano pian piano degli spazi vitali in cui discutere di opere letterarie occidentali che al tempo dell’autrice vennero fortemente svalutate dal regime e in cui, soprattutto, scoprire una autenticità negata nella vita reale soprattutto alle donne.
Un libro, secondo Nafisi, può portare alla rivolta se racconta in un’altra forma la realtà che ha intorno, facendo letteralmente ribellare la perfezione e la bellezza agli orrori circostanti.
«L’amore nel mondo arabo è prigioniero e io voglio liberarlo»: Nizar Qabbani e il riscatto del mondo arabo
Probabilmente pochissimi conoscono questo poeta originario di Damasco, a causa anche della scarsa visibilità che ha in Italia e una traduzione – l’unica, finora – arrivata in netto ritardo (la raccolta “Le mie poesie più belle“, pubblicata a Beirut per la prima volta nel 1999, è arrivata in Italia nel 2016 per Jouvence grazie al prezioso lavoro di Silvia Moresi, arabista, e Nabil Salameh, giornalista).
Eppure, è uno dei maggiori poeti arabi del Novecento la cui opera ha avuto risonanza enorme nel mondo arabo. Rompendo gli schemi classici, nella sua poesia esplode tutta la libertà a cui aspira lo stesso autore: l’amore (anche omosessuale), il sesso, il corpo della donna e la sua autodeterminazione (presente una poesia sull’aborto), questi sono i temi che maggiormente affollano le pagine del suo libro più rilevante.
Secondo Nabil Salameh, Nizar Qabbani «plasmò l’educazione sentimentale di un’intera generazione»: fu infatti molto apprezzato dai giovani.
La sua particolare sensibilità nei confronti delle sofferenze umane e dei soprusi soprattutto ai danni delle donne lo rende un poeta rivoluzionario, in un ambiente tradizionalmente chiuso e ostile.
L’importanza di aver istituito una giornata mondiale del libro risiede nel riconoscimento della sua portata rivoluzionaria che, come le idee che custodisce, non conosce confini spazio-temporali. Si potrebbe essere d’accordo con una delle raccomandazioni di Azar Nafisi ai propri studenti:
«Non sminuire mai, in nessuna circostanza, un’opera letteraria cercando di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella letteratura (e nella poesia, ndr, non ce ne voglia l’autrice), non è la realtà, ma un’epifania della verità».
Perché, in fondo, tutti cercano una verità.
Arianna Saggio