Tanti dubbi, poche certezze. Questa è l’estrema sintesi del dibattito sulla scuola che ci porteremo avanti per tanto altro tempo. La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, intanto, chiede fiducia e meno rumore da parte dell’ambiente mediatico. La riapertura delle scuole, dopo quella delle discoteche, è un rischio che a maggior ragione dobbiamo e possiamo correre, senz’altro per obbligo morale. Non faranno PIL come i locali della movida, ma sicuramente contribuiscono al capitale culturale del Paese e vista la qualità delle polemiche attuali, è bene dire che ne abbiamo bisogno.
Oltre alle varie problematiche sulle misure di sicurezza, quello che appare più sfumato sullo sfondo è il futuro dell’istruzione. Il timore è che si vada incontro ad una soluzione dei problemi “all’italiana”; risolvere questioni più urgenti per silenziare il dibattito pubblico e le sterili polemiche dell’opposizione parlamentare, senza l’adozione di una visione a lungo termine di cui necessiterebbe non solo il sistema scolastico, ma la politica in generale.
Il punto di riferimento sarà il Protocollo di sicurezza
L’accordo raggiunto tra il Ministero dell’Istruzione ed i Sindacati sul Protocollo di sicurezza , è e sarà una guida per tutti i dirigenti scolastici in vista della riapertura e in caso di future situazioni di emergenza. «Un accordo importante che contiene le misure da adottare per garantire la tutela della salute di studentesse, studenti e personale – scrive la ministra – ma anche impegni che guardano al futuro e al miglioramento della scuola come il contrasto delle classi cosiddette ‘pollaio’, una battaglia che porto avanti da tempo e che rappresenta per me una priorità».
Anche le Organizzazioni sindacali, interlocutori fondamentali nei tavoli di confronto che hanno portato alla stesura del Protocollo, si dichiarano soddisfatti del risultato raggiunto, epilogo di un impegno che avevano già assunto in vista della formazione delle direttive per lo svolgimento degli Esami di Stato. In particolare, all’interno del comunicato firmato da FLC CGIL, CISL scuola, UIL scuola e SNALS CONFSAL, vengono sottolineati diversi punti nevralgici tra cui la collaborazione tra MIUR e Ministero della Salute per la previsione di test diagnostici per il personale scolastico, il mantenimento della durata complessiva del tempo scuola e una particolare attenzione all’insegnamento di sostegno.
«Ora è necessario che la traduzione di questi impegni avvenga in tempi brevi attraverso un provvedimento normativo specifico sulla scuola – scrivono i Sindacati – assumendone la complessità e riconoscendone la funzione fondamentale svolta a garanzia del diritto allo studio sancito dalla Costituzione». Alla scuola sono stati destinati 2,9 miliardi, che aggiunti a quelli già stanziati da quando Azzolina è ministra, fanno 6 miliardi complessivi. Una somma che impone provvedimenti coraggiosi che provino a guardare oltre l’emergenza e che facciano in modo che questa non vada ad intaccare le relazioni sociali tra gli studenti e il loro rapporto con i docenti, imprescindibili per una sana formazione.
Le scuole tra misure anti-contagio e innovazione
Tutti gli istituti d’istruzione si stanno confrontando con gli stessi problemi, che almeno nel nostro caso, sembrano davvero difficili da sbrogliare. Da una parte l’inadeguatezza delle strutture a disposizione, dall’altra le battaglie ideologiche tra Stato e Regioni delle quali la vittima è sempre e soltanto il bene comune. In ogni caso, come rilanciava l’UNESCO all’inizio della diffusione del contagio, l’imperativo è univoco e condiviso da tutti: Learning Never Stops.
Le misure di sicurezza, con qualche piccola differenza e con ancora qualche punto interrogativo da risolvere, sono sulla stessa linea della maggior parte dei paesi europei. Tra i punti fondamentali va segnalato che dove gli ambienti non permettano il distanziamento di un metro sarà obbligatorio l’uso della mascherina e che ogni mattina i genitori dello studente dovranno verificare la sua temperatura corporea, evitando di portarlo a scuola qualora superi i 37,5 gradi centigradi. Il nodo da risolvere, adesso, è sui trasporti. Come poter garantire sistemi di trasporto pubblico efficienti e allo stesso tempo scongiurare assembramenti (specie nelle grandi città)? Un dettaglio non da poco, che di certo doveva essere affrontato ben prima.
L’altro tema, invece, è quello dell’innovazione. I finanziamenti stanziati per la scuola permettono di fare un salto in avanti importante sotto questo punto di vista, perché quello in cui investiremo oggi, cambierà la scuola di domani. Tutto sta nel non farsi ingannare dalla solita miopia politica e nel cercare di guardare lontano. Uno dei punti di conflitto è stato quello sul prototipo di banchi a rotelle individuale, che sicuramente distrae da fattori più importanti e sminuisce la complessità e l’ampiezza della discussione, ma che comunque andrà a rivoluzionare la didattica e la conformazione delle classi di molte scuole secondarie di primo e secondo grado. La ministra dell’Istruzione sostiene che questi banchi, oltre ad essere necessari per il distanziamento, consentano il lavoro in gruppo degli studenti e metodologie innovative della didattica.
Fabio Lorenzoni, in un articolo per Internazionale, propone riflessioni e spunti molto interessanti sul tema. La sua è una critica aspra e costruttiva verso questi nuovi banchi che non sono proprio in linea con l’idea di innovazione. Dalla sua analisi ne risultano vari punti deboli: la loro struttura in plastica, non proprio conforme ai principi ecologici e al rispetto dell’ambiente, il costo, tre volte quello dei banchi normali, ed i loro piani da lavoro, pensati per i tablet ma non per libri e quaderni. Conclude scrivendo che immaginare l’innovazione legandola solo al digitale è fuorviante e pericoloso e che “nella scuola dovrebbero prevalere il corpo, l’incontro diretto ed il dialogo, capaci di rendere viva una relazione con le conoscenze”.
In un’intervista rilasciata ad Orizzonte Scuola, anche Paolo Masini, docente e fondatore di “Avanguardie Educative”, sostiene che l’innovazione didattica non passa automaticamente attraverso tecnologie o arredi. Potremo parlare di innovazione soltanto quando il docente avrà preso consapevolezza che per raggiungere determinati modelli pedagogici, ha bisogno di “quei determinati” arredi e tecnologie. È a quel punto che essi si inseriscono in un percorso di innovazione. L’apprendimento, infatti, deve essere visto con una visione di insieme, nel quale la disposizione degli arredi, l’attenzione alla luce, l’insonorizzazione del suono danno luogo, insieme alla relazione tra gli studenti ed il loro rapporto con il docente, ad un unico risultato finale.
Il silenzio che circonda le università
Un altro clima, invece, quello che si respira negli ambienti dell’università e della ricerca, con un silenzio da parte delle istituzioni che lascia un po’ perplessi e disorientati. La linea strategica per cui ha optato il ministro Gaetano Manfredi è stata quella del non agire, che per certi versi potrebbe rivelarsi anche la più adatta. La palla è stata passata ai rettori delle università, che a loro volta daranno carta bianca ai direttori dei vari dipartimenti per attuare i provvedimenti che meglio si prestano alle diverse situazioni.
La realtà è che le condizioni in cui si trovano i vari atenei e i rispettivi dipartimenti è quanto mai eterogenea e le soluzioni dovranno essere prese in base a vari fattori quali il numero di studenti, il livello di digitalizzazione, la qualità delle strutture e la quantità di aule disponibili. Così si dovrà fare finalmente i conti con aule sovraffollate e ambienti inadeguati a ospitare determinati corsi di laurea. Ci voleva una pandemia, insomma. Quel che è certo è che senza ulteriori provvedimenti, a farne le spese sarà ancora una volta la ricerca, declassata dalla mancanza di fondi e dalle complesse modalità d’accesso ai laboratori.
Anche nelle università, da settembre, le lezioni saranno “essenzialmente” in presenza. Questo vuol dire che comunque continuerà ad essere offerta la possibilità di seguire i corsi da remoto. L’auspicio è che non vengano incentivate le lezioni online, ma che restino semplicemente un’opzione temporanea per far fronte all’emergenza. Anche qui le relazioni sociali, il confronto e i dibattiti, sono momenti di crescita personale dei quali non si può fare a meno. È giusto attenersi agli standard di sicurezza e sfruttare gli strumenti tecnologici per quanto possibile. Altrettanta attenzione, però, deve essere fatta per fare in modo che l’emergenza non vada ad inficiare l’istruzione ed il suo futuro. La scuola, l’università e la ricerca, come la stessa ministra Azzolina ha affermato, devono essere il motore di sviluppo di questo paese, ascensore sociale di studenti capaci e meritevoli. Proviamo a fidarci, ma è sola la consapevolezza della realtà delle cose a tradirci.
Matteo Mercuri