Lo stato di pandemia in cui tutto il globo terrestre si trova ha fatto sì che fossero attuati vari provvedimenti duri e restrittivi: tra questi c’è, ovviamente, la totale chiusura delle scuole. Da circa un mese e mezzo gli studenti e i docenti di tutta Italia sono alle prese con la didattica a distanza: la tecnologia, nemica dei rapporti umani e sociali, è l’ancora di salvezza dell’intero sistema scolastico. Certamente le varie piattaforme elettroniche accorciano le distanze ma non sostituiscono il contatto umano: per gli studenti partecipare ad una video lezione invece di essere tra i banchi di scuola non è la stessa cosa, così come è diverso leggere una poesia o svolgere un esercizio sul desktop del proprio portatile senza la guida fisica del professore.
“Si faccia di necessità virtù”: questo è il motto che all’unisono è ripetuto da studenti, professori e dirigenti scolastici, i quali hanno tutti come unico comune denominatore la scuola.
La didattica a distanza è il nuovo modo di fare scuola ai tempi del Covid-19
Si può continuare a fare lezione, a interrogare e a interfacciarsi solo con la didattica a distanza? Certamente non è quello che la comunità scolastica desidera: a tutti manca il suono della campanella – anche quella del tragico lunedì – che segna ufficialmente l’inizio di un nuovo giorno di scuola in cui si alternano noiose spiegazioni, terribili versioni da tradurre, le chiacchiere tra i corridoi oppure quelle con il compagno di banco.
Il Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina ha lavorato fin da subito per l’attivazione della didattica a distanza: l’intera comunità scolastica si è rimboccata le maniche e ha cominciato a cimentarsi con Gsuite, aule virtuali, Skype, Zoom Meeting e chi più ne ha più ne metta. La scuola – che sicuramente sarà una delle ultime cose a tornare attiva quando sarà finalmente terminata l’epidemia Covid-19 – si aggrappa alla potenza dei mezzi tecnologici e prova – barcollando – ad andare avanti.
Non è semplice cimentarsi in una sfida così paradossale quanto vera: gli studenti lamentano problemi di connessione e di comprensione, i docenti tentano di svolgere con una falsa naturalezza la loro missione. Seneca sosteneva che il tempo che abbiamo a disposizione deve essere impiegato con saggezza e non deve essere sprecato: il monito della filosofia senecana è oggi più attuale che mai e lo è ancor di più se relazionato al contesto scolastico. Studenti e docenti provano in tutti i modi a non sprecare tempo: qualcuno assegna lavori particolari che tra i banchi di scuola non è possibile svolgere perché “il tempo è poco”, altri tentano di rincorrere i programmi scolastici e la tanto odiata burocrazia, altri ancora si lasciano trasportare dal momento.
Dal punto di vista umano è indubbiamente vero che il tempo perso non sarà restituito agli studenti che fanno scuola ai tempi del Covid-19. Andare a scuola fisicamente non vuol dire soltanto entrare in classe e presenziare alle lezioni, ma significa instaurare rapporti umani di ogni genere, crearsi una personalità, costruirsi delle idee. Sotto questo punto di vista il fallimento è assicurato e il tempo fuori dall’edificio scolastico non sarà restituito a nessuno, né agli studenti né ai docenti.
Nelle aule scolastiche i maestri e i professori sono i responsabili della formazione di quelli che saranno gli adulti di un domani. E essere adulti non significa soltanto diventare un medico, un giornalista o un ingegnere, ma significa essere umani, uomini e donne capaci di esprimere idee e pensieri. E allora l’importanza fondamentale del tempo trascorso a scuola si ripercuote sugli studenti che sono desiderosi di apprendere, scoprire e studiare.
La preoccupazione degli studenti: come sarà la Maturità 2020?
Tante sono le domande che gli studenti sollevano ogni giorno e ancor più forti sono gli appelli dei maturandi: come saranno gli esami di Stato? E soprattutto come affronteremo con dignità e onestà le prove che ci saranno sottoposte?
La ministra Azzolina, nel suo intervento in Senato, ha ribadito ai maturandi di stare tranquilli, di non ascoltare le fake news e di prendere per buono solo ciò che proviene dai canali ufficiali del Miur. Inoltre, infondendo serenità agli studenti, ha precisato che gli esami di maturità saranno rimodulati e riorganizzati sulla base dell’evolversi dell’emergenza sanitaria; ma quel che è certo è che ci sarà una commissione di docenti tutti interni e un unico presidente esterno. La scelta di tale strategia è molto semplice: il corpo docente interamente interno potrà valutare con oggettività gli studenti che oramai conoscono bene e che hanno monitorato durante la didattica a distanza; al contempo è però fondamentale la presenza di un presidente esterno in quanto serve a dare ufficialità al momento più importante della vita di uno studente.
L’ansia dei maturandi è ancora scalpitante, ma la ministra si riserva dal prendere decisioni affrettate aspettando l’evolversi degli eventi.
Scuola come sinonimo di attaccamento alla vita
Cosa accadrà? Gli studenti torneranno mai tra i banchi di scuola oppure l’anno scolastico 2019-2020 si concluderà con un saluto virtuale tra alunni e professori? Certamente è ancora presto per dirlo anche se aleggiano ipotesi piuttosto contrastanti.
Quello che è certo è che gli studenti hanno bisogno di essere affascinati da qualcosa e questo non avviene con lo stesso impatto quando si assiste ad una lezione in streaming; hanno bisogno di confronti e di conforti umani, di toccare con mano la quotidianità scolastica e di crescere in modo da avere una personalità che sia senza rancori, pregiudizi e odio ma che sia solidale, intelligente, caritatevole.
Il Covid-19 sarà un’altra pagina di storia da raccontare e da inserire nei libri di scuola: i nostri studenti racconteranno di essere stati i protagonisti della contemporaneità, di aver sperimentato un nuovo modo di fare scuola che nonostante le difficoltà ha mostrato tutta la sua importanza.
Gli studenti ricorderanno con il sorriso di aver fatto lezione in pigiama, di aver inviato i compiti su WhatsApp alla professoressa, di essere stati interrogati sul divano di casa propria. Ma sicuramente ricorderanno delle gite scolastiche rimandate e soprattutto, con un velo di inaspettata tristezza, ricorderanno di quanto è stato duro non svegliarsi all’alba e di quanto è stato difficile non essere fisicamente a scuola tra amici e docenti, in quel luogo dove si apprende e si studia ma dove si instaurano anche rapporti umani. Insomma, ricorderanno di quanto è complicato e di quanto è strano vivere senza la scuola.
Il diritto all’istruzione è comunque garantito: la cooperazione tra alunni e professori prova a funzionare, la scuola davvero non si ferma e incessantemente lavora sodo per garantire una parvenza di normalità in un contesto paranormale. Ma la normalità è tutt’altro che didattica a distanza e aule virtuali: la normalità è fatta di rapporti umani che infondono calore, di abbracci consolatori agli studenti che più ne hanno bisogno, di risate fragorose che irrompono brutalmente nell’arco di una lezione che sta diventando troppo noiosa.
Il ritorno alla normalità è quello che tutti in questo momento desiderano, primi tra tutti gli studenti che alla fine di una video lezione accendono i loro microfoni e chiedono: «Prof, ma quando torniamo a scuola?»
E la risposta consolatoria e intrisa di speranza è sempre la stessa: «Speriamo di farlo presto, ragazzi cari.»
Arianna Spezzaferro