Il diritto all’aborto in Spagna e in Oklahoma: due leggi a confronto
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Se in alcuni Paesi la legge sull’aborto garantisce sempre più libertà alle donne, in altri sembra invece di retrocedere, arrivando al divieto quasi totale. È quello che sta succedendo in questi giorni in Oklahoma, mentre la Corte suprema potrebbe rovesciare la storica sentenza Roe contro Wade, che nel 1973 ha permesso la legalizzazione dell’aborto.

La legge anti-aborto, la Senate Bill 612, approvata dal congresso dello stato americano con 73 voti favorevoli e 16 contrari e firmata dal repubblicano Kevin Stitt, consente di abortire non oltre le sei settimane di gravidanza. L’interruzione volontaria di gravidanza è anche ammessa laddove la vita di una donna si trovi in emergenza medica o in caso di gravidanze causate da stupro o incesto.

«Con questo disegno di legge le persone saranno costrette a viaggiare centinaia di miglia per abortire, e coloro che non possono permettersi di viaggiare saranno costretti a partorire contro la propria volontà o a tentare di porre fine alla gravidanza da soli» dichiara Nancy Northup, presidente e amministratore delegato del Center For Reproductive Rights. Inoltre, gli operatori sanitari di Trust Woman e Tulsa Women’s Clinic raccontano lo sgomento di fronte a una legge così restrittiva e il senso di impotenza nel non poter più offrire assistenza alle tante donne che continuano a chiamare ogni giorno in cerca di aiuto. A quanto pare, l’unica soluzione per queste donne è quella di lasciare lo Stato.

Sabato 14 maggio, al Campidoglio dell’Oklahoma, erano in moltissimi a rivendicare il diritto all’aborto, un diritto indispensabile, se si pensa che l’aborto clandestino è fra i maggiori responsabili della mortalità materna. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno vengono praticati 25 milioni di aborti illegali che causano la morte di 39 mila donne; criminalizzarlo infatti non impedisce alle donne di abortire, ma incoraggia pratiche insicure e pericolose.

Nelle cliniche la tensione è tanta. Si teme che in qualsiasi momento l’Oklahoma possa diventare il primo Stato a bandire completamente l’aborto. «Il governatore Stitt ha detto più volte che parla a nome di tutti gli abitanti dell’Oklahoma e vogliamo chiarire che non lo fa. Le donne dell’Oklahoma sono pronte a lottare per i propri diritti» afferma Abby Cotton, una delle responsabili della manifestazione. Le proteste non si sono limitate allo Stato dell’Oklahoma e per merito di Women’s March, un’organizzazione no-profit, numerosi eventi hanno preso vita in tutta la Nazione.

La Spagna si impegna a proteggere le donne che decidono di abortire

Quella dell’aborto è una legge che fa ancora tanto rumore e che è da sempre contrastata dai movimenti no-choice di tutto il mondo. Nonostante le numerose proteste da parte di questi ultimi, in Spagna si è finalmente arrivati ad approvare una legge che mira a tutelare le donne che decidono di abortire.

Mercoledì 6 aprile, il Partito Socialista del premier Pedro Sánchez ha stabilito che ostacolare l’aborto sarà considerato reato e la pena prevederà da un minimo di tre mesi fino a un anno di carcere. Che il provvedimento abbia anche suscitato del malcontento va senza dire, e a pronunciarsi in merito alla questione è l’Asociación Católica de Propagandistas, che dall’inizio del nuovo anno ha portato avanti la campagna Cancelados. «Pregare davanti alle cliniche abortiste è fantastico» questa la dicitura riportata sui 260 pannelli installati in giro per la città dal movimento. «Il crimine di chi prega davanti ai centri per gli aborti è di voler salvare alcune di queste vite» dichiara il dott. Jesus Poveda, uno dei maggiori promotori del movimento no-choice in Spagna.

Eppure, la legge – entrata in vigore lunedì 14 aprile tramite la sua pubblicazione sul Boletín Oficial del Estado – si rivela più che mai necessaria, data l’alta percentuale di donne che subisce accuse e intimidazioni. Secondo alcuni dati elaborati nel 2018 dall’Asociación de Clínicas Acreditadas, l’89% delle donne che hanno praticato l’aborto in Spagna si sono sentite accusate e nel 66% dei casi minacciate. Nonostante l’atto legislativo da poco approvato, questi dati confermano che c’è ancora tanta strada da fare affinché diritti indispensabili come quello riguardante l’aborto vengano finalmente riconosciuti non solo istituzionalmente, ma anche e soprattutto sul piano culturale.

Melissa Sellitto

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