Ci risiamo. Come ogni anno in questo periodo si è ripresentata puntuale la polemica su Halloween, sulle zucche e sulle tradizioni cristiane. Questa volta ad aprirla è stato Mario Giordano, noto ex giornalista di Libero e conduttore della trasmissione “Fuori dal coro”, il quale con un eclatante quanto schizofrenico gesto ha impugnato una mazza da baseball tricolore (sulla scia di quelle usate da Casapound qualche anno fa a Piazza Navona) e ha colpito delle zucche finte al centro dello studio.
Peccato per lui che difendere le tradizioni cristiane richieda almeno un po’ di erudizione, onde evitare figuracce,come invece è successo. La voce dei sovranisti (e che voce) ha la strana abitudine di difendere delle cause di cui non conosce affatto la storia: da Bibbiano, di cui ha parlato per tre volte, esibendo una triste spettacolarizzazione con tanto di “supplica” in ginocchio, alle ONG in combutta con gli scafisti per il traffico di esseri umani, passando per alcune interessanti teorie del complotto “green” sul perché la Nazionale abbia giocato con una maglia verde e non azzurra.
La classica pretesa nevrotica di parlare di ciò che non si conosce. Nello specifico Mario Giordano ignora il fatto che entrambe le feste, quella di Halloween e quella di Ognissanti che lui vorrebbe tutelare in quanto vera “tradizione cristiana”, hanno origini comuni e sono addirittura festività sovrapponibili. Il fatto di inveire in prima serata contro le tradizioni straniere che hanno invaso (ancora…) il nostro Paese dimostra che il giornalismo italiano è arrivato a un punto di non ritorno.
È solo l’ennesima americanata… d’Irlanda
Le origini di Halloween risalgono a più di duemila anni fa. Tra il 31 ottobre e il primo novembre la popolazione celtica che abitava nel Regno Unito e in Irlanda festeggiava il Samhain (da Sah, vittoria), precedente di Halloween.
Durante le celebrazioni si pensava che gli spiriti di coloro che erano morti durante l’anno precedente passassero nell’Aldilà e che demoni, uomini e altre creature fossero libere di far visita alla Terra. Inoltre, similmente a quanto avviene oggi, sembra che la popolazione indossasse delle maschere e dei costumi. La tradizione irlandese vuole che si usassero delle rape intagliate per creare delle lanterne utili a ricordare alle anime la strada per l’Inferno e il Paradiso. Una volta negli USA, le zucche presero il loro posto perché alimento più facilmente reperibile.
Gli anglosassoni hanno poi continuato a celebrare la festività come evento laico anche dopo che la religione protestante aveva di fatto interrotto le tradizioni precedenti. Negli Stati Uniti, Halloween è arrivato solo nel tardo Ottocento con l’emigrazione della popolazione di origini irlandesi. La prima città americana in cui la festività è stata celebrata con una certa regolarità è stata Anoka, nel Minnesota (dal 1920).
Solo dal Novecento in poi la festività di Halloween si è diffusa così tanto negli Stati Uniti da essere considerata una delle principali ricorrenze della nazione, prendendo i connotati attuali e venendo assoggettata alle esigenze del consumismo.
Nemmeno il “dolcetto o scherzetto” fa parte della tradizione americana. Erano i Celti che in costume e in maschera facevano visita alle diverse abitazioni del proprio Paese recitando scene divertenti in cambio di cibo.
Politica, religione e le tradizioni cristiane “dimenticate”
Checché ne dica Giordano, Halloween ha diversi legami con la Chiesa e alcune pratiche sono state addirittura influenzate dal cristianesimo.
La sua ricorrenza coincide con le celebrazioni di Ognissanti, occasione in cui si celebrano i martiri della chiesa. In origine i cristiani celebravano i loro santi il 13 maggio: è stato Papa Gregorio III nel secolo VIII a proporre di spostare la festività al primo novembre per assorbire la pratica pagana.
Nel corso del tempo si sono diffuse al riguardo numerose bufale circa i rapporti conflittuali tra la festività pagana e la Chiesa Cattolica. Ad esempio si parla di una scomunica da parte dell’arcidiocesi di Roma nei confronti di un culto fondato da un satanista, un certo Anton Lavey, la notte del 31 ottobre. Inoltre, tale provvedimento avrebbe trovato l’appoggio dello Stato Italiano e del Ministero dell’Interno, il quale avrebbe imposto una sanzione pecuniaria di cinquecento euro nei confronti di chiunque si travestisse. Una bufala ben congegnata, nonostante sia parzialmente vero che la Chiesa Cattolica non veda di buon occhio la festa di Halloween.
Al contrario, le tradizioni cristiane vengono adoperate dalla politica, soprattutto di destra, per legittimare il consenso. Durante le campagne elettorali, tra cui anche l’ultima in Umbria, la classe dirigente si è recata in blocco a sostenere i propri candidati e nel frattempo si è lasciata andare anche a una stucchevole strumentalizzazione dei simboli religiosi. Salvini con il suo immancabile bacio al rosario, Giorgia Meloni con il motto “Dio, Patria e Famiglia” e Luigi Di Maio che ha invocato il patrono di Terni, San Valentino.
L’abuso dei simboli cristiani in politica non è nuovo, nonostante negli ultimi anni questa tendenza si sia attenuata in nome di una riconosciuta laicizzazione del potere pubblico. Però in questi ultimi anni, con l’imporsi sulla scena di giovani politici populisti e sovranisti sembra essere ritornata l’idea che la simbologia cattolica sia utile a ottenere il consenso popolare.
L’uomo politico ad aver approcciato sistematicamente questa ritrovata “tradizione” è proprio lui, Matteo Salvini. Dal rosario al sacro cuore immacolato di Maria, la politica salviniana è piena non solo di slogan di carattere xenofobo e razzista ma anche di richiami religiosi con fini propagandistici.
Ovviamente questa strana ostentazione ha dato il via a feroci polemiche, le quali hanno richiamato a più riprese la laicità delle istituzioni e l’ipocrisia di certi attori politici che da un lato si richiamano alla “misericordia del Signore” ma dall’altro concordano nel lasciare morire in mare o nei lager libici migliaia di innocenti. La Lega, assieme ai suoi alleati, si richiama ai principi della fede agendo apertamente contro di essi. Un atteggiamento rimproverato anche dalla stessa Chiesa Cattolica a cui vorrebbero rifarsi.
Perché richiamare le tradizioni cristiane quando non si è in grado di rispettarne i comandamenti? “Ama il prossimo tuo come te stesso”, recita il Vangelo. Perché il Ministro del Papeete, nell’atto di ostentare il rosario, si dimentica volontariamente dei morti in mare e di coloro lasciati per settimane in balia alle onde grazie alla sua politica dei porti chiusi? Perché Mario Giordano, la voce dei sovranisti, nel denunciare Halloween non ha altresì richiamato un’altra “tradizione cristiana”, quella della carità?
Ancor più grave è l’abuso di questi richiami da parte di coloro che dovrebbero garantire un’informazione imparziale e consapevole. Mario Giordano non è l’unico a distorcere la realtà per portare giovamento ai propri interessi. Anche in questo sta il declino dell’informazione italiana. Un giornalismo asservito all’audience, al potente di turno e ai due punti di share in più.
Purtroppo, al peggio non c’è mai limite. Ciò che dà ancora più da pensare è l’endorsement di taluni personaggi politici, dotati di diversa caratura morale, a questi spettacoli indegni. Ne è un esempio il tweet di Carlo Cottarelli, che ha appoggiato l’indecorosa pagliacciata di Mario Giordano adducendo delle giustificazioni che farebbero pensare a una trovata goliardica.
I nuovi approcci comunicativi adottati dalla politica e dai media non hanno nulla di cristiano, se non quello di suscitare nell’elettore una sorta di empatia legata al rispetto delle radici italiche. I simboli religiosi diventano simboli dell’unità nazionale, contro le dinamiche della globalizzazione e il centralismo europeo. Sacralizzare i confini, è questo il fine ultimo di una certa politica pronta a far ricorso alla religione, a Mario Giordano e ai nuovi mezzi di comunicazione per portare a termine la propria missione.
L’ipocrisia regna sovrana, e il richiamo alla religione rappresenta l’ennesimo passo falso di un dibattito politico vuoto di contenuti e di interpreti, ma sempre più ricco di queste buffonate.
Donatello D’Andrea