Matteo Salvini: il Capitano, il truce, il guappo ‘e cartone, l’uomo di fede e del Papeete Beach.
Salvini è un politicante che ha fondato, forse inconsapevolmente, la sua carriera dirigenziale sull’ambiguità. È stato un comunista padano, poi un secessionista e federalista con Bossi, ora un convinto nazional-sovranista. Insomma, l’unico dato certo è che Salvini è un prevedibile ma letale trasformista. Del resto non esiste una sola idea di cui la stupidità non abbia saputo servirsi: quest’ultima è rapida e versatile e può indossare tutti i vestiti della presunta verità. Durante la sua campagna elettorale permanente pur di capitalizzare consensi ha usufruito costantemente della «verità religiosa»: ma Salvini è veramente cattolico? Mistero della fede.
Il leader leghista in ogni suo comizio ha assunto le sembianze di Papa Urbano II ai tempi delle crociate. Ha ripetuto più volte sino alla nausea: «Io personalmente affido l’Italia, la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria, che son sicuro ci porterà alla vittoria».
Da questo vomitevole mercimonio della fede scaturiscono due verità: l’ipocrisia di Salvini e l’aver reso il Vaticano, per la prima volta nella storia, un’istituzione meno retrograda e politicamente più progressista di un governo rovinoso. Il mondo capovolto. Mentre Salvini s’appella alla fede cattolica, i suoi decreti-legge (Decreto Sicurezza, Decreto Sicurezza Bis) evidenziano la discrepanza tra le parole e i fatti. L’accoglienza cristiana è ben lontana dalla politica inumana e criminale delle navi respinte al confine, con esseri umani prigionieri in condizioni psicofisiche critiche, col fine di speculare sull’odio che funge da efficace fertilizzante per la propria campagna elettorale.
Salvini incarna il putrido paradigma del cattolico a intermittenza. Da un lato dimentica la laicità dello Stato, mischiando la politica con la religione: razzismo e bigottismo; dall’altro non rispetta quei valori cristiani che lui stesso tenta goffamente di difendere ed esaltare. È quantomeno cacofonico sentir difendere ferventemente la famiglia tradizionale, da chi è divorziato e ha figli da più compagne, da chi non rispetta lo stesso dogma che sostiene. Il bacio del rosario o del Vangelo è un atto ripugnante se poi è lo stesso Salvini a ordinare sgomberi scriteriati e a lasciare gente in mezzo alla strada, e come se non bastasse si è dedicato all’insulto dei preti che operano alacremente per l’inclusione e il sostentamento degli «ultimi».
Seneca scrisse: «La religione è considerata vera dalla gente comune, falsa dalle persone sagge, utile dai governanti».
D’altronde è sull’utilitarismo che ha basato la sua recente avventura politica: è stato un Ministro dell’Interno che ha creduto d’essere un factotum, ha agito come un Presidente del Consiglio o addirittura come un Presidente della Repubblica, è stato il socio di minoranza del Governo che con il 17% dei consensi ha dettato legge e ha sottomesso la compagine dei 5 stelle, è stato un tuttologo e in virtù di ciò ha dettato la linea sui vaccini, sulla cannabis legale, sulla magistratura, sulla famiglia, sulla castrazione chimica, su tutto lo scibile umano.
Ha indossato le divise da poliziotto, da pompiere e da guardia forestale; come se portando quegli abiti ne potesse assorbire anche il ruolo, ha strumentalizzato questi atti come una captatio benevolentiae nei confronti delle forze di polizia, pur di plasmarle in personali guardie del corpo. Il suo è stato un trasformismo che ha mirato al potere assoluto. Salvini non ha preteso soltanto di rappresentare tutti, ma di essere tutti. Come Mussolini contadino o Berlusconi operaio; Salvini ha mirato a un esercizio egemonico del potere, ispirato al tiranno che fagocita il popolo e ne fa quel che preferisce.
Ma l’uomo di fede e di Papeete Beach tra deejay, deliri d’onnipotenza e qualche mojito si è lasciato ottusamente fagocitare dalle sue stesse ambizioni. Sin da prima dell’inizio della «crisi balneare di governo» ha messo in luce tutta la sua ridicola tragicità: «Questo governo durerà cinque anni, questo è il governo dei NO, ho presentato mozione di sfiducia, se si vota la riduzione dei parlamentari non si vota più, votiamo subito la riduzione dei parlamentari, ritiro la mozione di sfiducia, io resto al governo, volete che resti o che mi dimetta? I 5S si son messi d’accordo con Renzi, il mio telefono è sempre acceso, proviamo a discutere con Di Maio, i poteri forti ci ostacolano».
Il leader leghista prima smentiva le sue precedenti affermazioni con il loro esatto contrario a distanza di tempo, poi i tempi si sono gradualmente accorciati, quindi è arrivato a pronunciare nello stesso discorso una cosa e il suo opposto: bipensiero o schizofrenia pura!
Salvini è un leader razzista, nazionalista, sessista, completamente disinteressato nella sostanza a rispettare i princìpi della democrazia pur di arrivare sempre più in profondità nella «pancia» del paese. Tutto questo, unito alla evidente strategia del marketing della comunicazione della paura, con la risultante di modificare propagandisticamente la narrazione della realtà sulla base di ciò che serve per ingrossare l’elettorato. Ma ora la «pancia» che risuona brontolante è proprio la sua: è stato demolito dal sasso che aveva sollevato in aria e che gli è pesantemente ricaduto in testa come macigno.
Al Papeete Beach è iniziato il suo declino, come il suo maestro Berlusconi è andato in crisi con il bunga bunga. Il bipolarismo di Salvini è il sintomo della democrazia dei sondaggi e dei mass media. Il classico politicante tronfio che si gonfia e poi esplode e di conseguenza la sua arroganza diviene esilarante confusione tra slogan, metafore e atti intimidatori contro gli avversari. Il gollum della politica italiana dà inizio alla crisi di governo, dal Ministero del Papeete chiede ai fedeli elettori «pieni poteri» (il suo tesssoro) poi cerca di riallacciare i rapporti con il M5S, successivamente si barcamena in affermazioni che sono tutto e il contrario di tutto: rappresenta, al contempo, potere e anti-potere. In un quadro di sostanziale omogeneità e scialbore del Parlamento, i diffusi episodi di trasformismo vanno qualificati come atti di mero tornaconto personale dei singoli parlamentari, di becera cura del proprio particulare.
Il «ducetto» mainstream appartiene alla cronaca d’una politica in decadimento che esprime un esercito di figure pseudo-carismatiche che emergono in fretta e con altrettanta celerità rifluiscono, inghiottiti dalla loro stessa mediocre estemporaneità. A garantire l’egemonia del capitano leghista è stata l’omologazione tra Tv pubblica e commerciale, la trattazione della politica solo come merce offerta nel talk show e sui social. Ad oggi la vicenda Salvini rimanda alla tragedia greca: hýbris (tracotanza), un’azione grave il cui movente è dato non da un utile ma dal piacere, dall’orgoglio di sé, e come diretta conseguenza ha la némesis (punizione).
Riecheggiano tristemente le parole di A. Gramsci: «La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati».
L’uomo del popolo ha tradito il suo stesso popolo, l’uomo del buonsenso si è rivelato un cinico arrivista, l’uomo di fede, affamato di supremazia non di benevolenza, credendosi Dio è divampato come il classico fuoco di paglia; il sovrano del Papeete, ovvero il regno della decadenza, ha sconfitto esclusivamente se stesso ed è stato vittima della sua stessa mediocrità. Salvini è il perfetto politicante italiano, colui che non sa niente ma crede di saper tutto.
Il capitano è naufragato. Non basteranno più né la fede né i mojito del Papeete Beach.
Gianmario Sabini