In Francia il dibattito politico in vista delle elezioni europee del prossimo maggio inizia a mostrare i suoi aspetti più interessanti. Macron resta l’unica figura a non aver ancora svelato il nome del candidato che correrà per la coalizione liberale contro il giovane Jordan Bardella, investito da Marine Le Pen per rappresentare il Rassemblement National – ex Front National. È già chiaro che il testa a testa per il primo posto si giocherà tra l’estrema destra, per la prima volta potenziale vincitrice alle elezioni in Francia, e i liberali di Macron.
Il gilet giallo funziona in piazza, non alle elezioni europee
Ampliando il panorama politico, è di pochi giorni fa l’annuncio della candidatura alle elezioni europee di uno dei volti noti dei gilet gialli, Christophe Chalençon, con la sua lista Evoluzione cittadina. I più attenti lo ricorderanno tra gli organizzatori di quel funesto incontro con Di Maio che ha scatenato una quasi-crisi diplomatica. I sondaggi più recenti, con tutte le loro limitazioni, non lasciano tuttavia speranze alla sua lista che non dovrebbe superare il 3% dei consensi. Peraltro, il 10% in meno rispetto al sostegno, un mese fa, a una precedente lista dei gilet gialli.
I tentativi di dare forma partitica a questo movimento continuano a scontrarsi con il principio, evidentemente non negoziabile, della non-rappresentanza: i gilet gialli probabilmente riscuoteranno consensi elettorali quasi impercettibili in Parlamento, meloniani, ma da diversi mesi continuano a tenere sotto scacco l’agenda di Macron, politicamente, tramite la mobilitazione in strada, fisicamente.
I liberali di Macron vacillano
Macron, volutamente o meno, sta esitando nella strategia elettorale e per questo non ha ancora presentato né il candidato a capo della lista né un programma. Anzi, una sorta “programma” l’ha presentato, avanzando alcune proposte nella lettera ai cittadini europei del 4 marzo, da lui riassunte in tre parole: libertà, protezione, progresso.
Ora però la coalizione liberale francese formata dal partito di Macron, La République En Marche (LREM), e dai democratici centristi del MoDem inizia a pagare questa attesa del candidato. Se a gennaio Macron vantava ancora quasi 5 punti di distacco rispetto a Marine Le Pen, ora i due si trovano in perfetta parità al 22% dei consensi.
Questa posizione di vantaggio nei confronti dell’estrema destra durava da sempre e sembrava ormai essere una condizione strutturale della V Repubblica francese. I sondaggi, per quanto approssimativi, sono lì a dimostrare il contrario, ovvero che se c’è una parte di Francia che voterà per un’Europa unita, liberale e liberista, ce n’è un’altra, altrettanto numerosa, che parte proprio dal rifiuto di questi valori e immagina un’Europa diversa, ancor più sovrana nei suoi Stati.
Sovranisti: Marine Le Pen cambia volto
Dall’altra parte di questa linea c’è il cosiddetto populismo, i sovranisti. La sinistra più radicale è incarnata da Mélenchon con La France Insoumise (LFI). Pur avendo tratto beneficio dal crescente malcontento anti-élitista e anti-establishment francese, la sinistra alle urne si inchinerà al partito di Marine Le Pen, che da questa situazione ne ha tratto maggior beneficio.
Il capolista scelto da Marine, Jordan Bardella, è un giovane ventitreenne, studente di geografia, già portavoce del Rassemblement National da più di un anno. Insomma, puntare su volti totalmente nuovi. Anche se, chiaramente, lui è un fedelissimo di Marine e proprio per questo è stato scelto. Più come portavoce che come candidato, probabilmente. Lui che, figlio di immigrati italiani, giustamente, si scaglia contro l’immigrazione in Francia. Solo la restante campagna elettorale ci dirà se la nuova linea scelta dalla Le Pen funzionerà.
La sopravvivenza di Macron in vista delle elezioni europee
Emmanuel Macron, nonostante l’esiguo consenso che ha sempre riscosso tra i francesi, riesce ancora a stare a galla grazie al discorso sulla sicurezza e al tentato avvicinamento al popolo.
Per quanto riguarda il primo, la difesa della Repubblica viene sbandierata contro la minaccia all’ordine pubblico del momento, i gilet gialli. Riguardo al secondo, sulle orme dell’appeasement, Macron dichiara di capire il malcontento dei suoi cittadini e così, senza cambiare programma, si apre però a una fase di ascolto con nuovi mezzi dei quali esaspera il carattere democratico.
Così a fine dicembre 2018 nasce il Grand Débat national, un “dibattito pubblico” in cui il Presidente ascolta le problematiche dei semplici cittadini e delle amministrazioni locali in giro per la Francia. I temi trattati sono transizione ecologica, fiscalità, organizzazione dello Stato, dibattito democratico e cittadinanza. Un bell’esercizio di democrazia di cui si aspettano i risultati a partire dal 16 marzo, data della sua conclusione.
Di sicuro tutto ciò non serve a scalfire l’avanzata della destra sovranista che va affrontata con mezzi, idee e persone totalmente differenti da Macron.
Macron: da dove non deve ripartire la sinistra
Nella lettera agli europei, il Presidente francese ripete più volte come i valori dell’Europa si possano esprimere soltanto se riusciamo a proteggerne i confini, definendo un’identità comunitaria, ostentando così una specificità culturale e valoriale che lega i Paesi europei che risulta, quantomeno, storicamente dubbia.
Soprattutto, Macron manca in pieno il bersaglio, continuando a cercare i nemici della civiltà e i responsabili della crisi non dentro i nostri confini, ma fuori. Cercando di colpire, in fondo, lo stesso nemico dei sovranisti: le forze non europee, siano esse commerciali o persone fisiche, che arrivano nel Vecchio Continente.
Se si punta su questo genere di contenuti, ossia gli indefiniti nemici esterni che attentano al progresso europeo, bisogna però fare i conti con Marine Le Pen, che porta avanti un discorso molto più semplice e lineare sugli stessi temi: fuori gli immigrati, sovranità nazionale, Europa delle nazioni.
Elezioni europee o meno, non si può sconfiggere elettoralmente i sovranisti sfruttando la loro stessa retorica; il discorso neoliberale resterà comunque incompleto, spesso incongruente, troppo distante e troppo complicato rispetto all’alternativa offerta a destra.
Tempi migliori, forse
A proposito, la sinistra? Mélenchon non arriverà al 10%. Allora il centro-sinistra, in tutto questo, che fine ha fatto? Non pervenuto.
Dopo aver ottenuto il peggior risultato elettorale della V Repubblica alle Presidenziali 2017 (6,36%, quinto partito nel paese dopo il primo turno), il Partito Socialista (PS) continua a non incidere minimamente e conta attualmente il 5% delle preferenze. Mentre l’ecologista Benoît Hamon, ex-candidato PS alle presidenziali, raccoglie il 3% con la nuova lista Génération.s.
La sinistra moderata è sempre più irrilevante alle elezioni e ciò sembra prescindere dalle fratture interne. Verranno tempi migliori anche per la vera sinistra, non alle imminenti elezioni europee, ovviamente. E soprattutto verranno soltanto a patto di liberarsi da idee di giustizia sociale all’interno di un mondo dominato da logiche di potere ancora lontane dalla democrazia.
La principale forza che contenderà il secondo posto all’estrema destra europea sarà una coalizione unita nel distruggere ma non nel costruire, che non conta su nessuna idea forte positiva da frapporre alla narrazione di paura dominante. È illusorio piegarsi alla politica macroniana come una strada percorribile per salvare la civiltà contro le barbarie; si continua a peccare di (immagin)azione.
Il ruolo di Macron come argine ai sovranisti è instabile e punta sulla creazione di logiche del nemico nelle quali la sinistra viene facilmente sconfitta 10-0 da un qualsiasi leader reazionario europeo. Insieme ai metodi, conviene rinnovare i contenuti – e gli attori.
Lorenzo Ghione
Questo è giornalismo. Grazie Lorenzo, leggo i tuoi articoli sempre con grande piacere
E’ il genere di articolo che cerco subito sul giornale per farmi un’idea chiara e obiettiva degli argomenti che mi interessano. Mi è piaciuto . Elda
Articolo molto dettagliato e chiaro nello spiegare una situazione che chiara non é
In effetti pare evidente che la partita si giocherà tra Macron e i sovranisti con ottime possibilità, purtroppo, per questi ultimi.
I socialisti, basandosi le europee su un sistema proporzionale, non avranno grandi possibilità perché, come da noi, da anni hanno mollato sulle proprie radici storico politiche attuando politiche moderate centriste che non fanno parte della loro natura. Per quanto riguarda poi la sinistra cosiddetta radicale se tentano di cavalcare l’onda dei gilet gialli male gliene incoglierà, confondere quella protesta con una nuova lotta di classe è quanto di più sbagliato.
Una considerazione, siamo certi dell’antiliberismo dei populisti? In passato abbiamo già visto chi in origine si propose come popolare, antiborghese e in difesa dei lavoratori, poi andò al potere con l’appoggio di industriali ed agrari. Articolo bello e molto interessante
Un quadro chiaro che mette in evidenza l’unica azione utile al rinnovamento auspicabile: il dibattito pubblico. Temi strategici potranno emergere con forza dal basso, da chi crede ancora che il cambiamento può avvenire attraverso una revisione dei propri comportamenti nei riguardi dell’ambiente e del sociale. Un sogno? Forse no; forse i nazional-sovranisti saranno destinati all’oblio, superati, annullati dai tanti giovani e giovanissimi che non hanno -nel bene e nel male- la percezione del confine fisico.