L’organizzazione Reporter Senza Frontiere, tutti gli anni, elabora un report che monitora la libertà di stampa e l’accesso alle notizie in 180 paesi e crea una mappa che colora di bianco, arancione, rosso e nero i paesi del mondo a seconda delle condizioni in cui si trova la libertà di stampa, stilando una classifica globale. Ebbene, secondo il Report 2021 il giornalismo è ostacolato in 130 paesi, con la pandemia che ha aggravato le condizioni del sistema dei media, la qualità dell’informazione e la trasparenza nell’accesso alle notizie.
La “zona bianca” è rappresentata dai paesi scandinavi, i paesi più virtuosi, mentre quelli colorati di nero sono quei paesi in cui la repressione alla libertà di stampa è più evidente. Prima in classifica è la Norvegia, seguita da Finlandia e Svezia; alla fine della classifica si trovano invece Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan. Secondo Reporter Senza Frontiere la zona virtuosa non è mai stata così ristretta dal 2013 e c’è stato un peggioramento nella repressione della libertà di stampa a causa della pandemia in alcuni paesi già poco virtuosi come l’Arabia Saudita o la Siria.
La top ten della classifica è composta da sette paesi europei: Norvegia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo e Svizzera. Completano la prima decina Costa Rica, Giamaica e Nuova Zelanda. L’Italia si colloca al quarantunesimo posto in classifica, dopo la Repubblica Ceca e prima della Corea del Sud, ma anche prima degli Stati Uniti che occupano la posizione numero 44.
In Africa fare informazione è pressoché impossibile
Ci sono 23 paesi su 48 dell’Africa sub-sahariana che sono colorati di rosso o di nero sulla carta redatta da Reporter Senza Frontiere. In questi paesi, sottolinea il report, i giornalisti spesso sono aggrediti o arrestati, i media sono indeboliti dalla disinformazione e sono presenti leggi liberticide. Inoltre, la crisi da coronavirus ha evidenziato tutte le criticità che riguardano la libertà di stampa, poiché si tratta di nazioni in cui le autorità anziché difendere il lavoro d’informazione dei giornalisti hanno aumentato il controllo sui sistemi di informazione e intimorito i giornalisti indipendenti.
Nei territori dell’Africa del nord ci sono tre paesi che sono tra la zona rossa e nera sulla mappa di Reporter Senza Frontiere (RSF): l’Algeria, la Libia e il Marocco. In questa regione le pratiche di intimidazione verso i giornalisti sono molto diffuse, nonostante la continua richiesta di libertà di stampa e di accesso libero all’informazione anche della popolazione dalla rivoluzione del 2011. Sono molto frequenti arresti arbitrari, detenzioni provvisorie ingiustificate e processi regolarmente rinviati.
In America il giornalismo è messo in crisi dai negazionismi
La situazione nei paesi dell’America del nord non è sicuramente paragonabile a quella dei paesi africani, anche se il report ha messo in evidenza come negli Stati Uniti la libertà di stampa è in crisi, in relazione a come i media hanno trattato l’emergenza sanitaria da coronavirus, soprattutto nei primi mesi di pandemia durante i quali numerosi mezzi di informazione fornivano notizie false o fuorvianti sulla gravità della situazione e sul numero dei morti. Come se non bastasse, l’indicatore più preoccupante riguarda il numero di arresti e aggressioni contro gli operatori dei media durante le manifestazioni contro il razzismo organizzate dopo la morte di George Floyd.
Per i paesi dell’America latina si è invece verificato un peggioramento delle condizioni dell’ambiente di lavoro dei giornalisti in una situazione già complessa. La crisi sanitaria ha reso più difficile l’accesso alle informazioni sulla gestione della pandemia da parte delle autorità e i paesi dell’area hanno finito per registrare il più alto peggioramento degli indicatori della libertà di stampa. In Brasile l’accesso alle informazioni era già reso difficile dal tentativo del governo nazionale di minimizzare la gravità della crisi, generando tensioni tra i media e le autorità. A El Salvador il lavoro dei giornalisti è stato contrastato con il sequestro di materiale da parte delle autorità, l’interdizione agli spazi pubblici e la mancanza di trasparenza all’accesso di informazioni pubbliche.
In Medio Oriente il sistema dei media è sotto stretto controllo
In Medio Oriente la crisi sanitaria ha reso ancora più oppressivo il controllo delle autorità sugli organi di informazione, con dodici paesi nella zona rossa o nera della mappa di RSF e organi di informazione costretti a trasmettere comunicati ufficiali delle autorità. Nei paesi più autoritari i governi hanno avuto l’occasione di rafforzare la propria ingerenza sul sistema mediatico. In Arabia Saudita, Siria ed Egitto i governi esercitano già un controllo quasi totale attraverso leggi restrittive sulla libertà di stampa. In Egitto, per esempio, ci sono state incarcerazioni per la diffusione di notizie false e il governo ha vietato ai giornali di pubblicare dati che fossero diversi da quelli forniti dalle autorità.
Libertà di stampa in Europa, tra alti e bassi
Nonostante tutto, l’Europa resta la zona che tutela di più la libertà di stampa, con i sette paesi elencati prima nella top ten della classifica mondiale di RSF. Tuttavia non mancano dei segnali preoccupanti, come un aumento nelle aggressioni e il tentativo di alcuni paesi come l’Ungheria di porre limiti alla libertà di stampa e all’esercizio della professione giornalistica.
L’Italia è ben lontana dalle prime posizioni e dagli standard dell’Europa centro-settentrionale, che storicamente presenta modelli di giornalismo e sistema dei media differenti dal nostro. Nei paesi scandinavi, ad esempio, la struttura dei media segue un modello in cui la professionalizzazione è molto elevata, e nonostante il parallelismo politico gli organi di informazione riescono a mantenere la propria autonomia. Il sistema italiano dei media, invece, è un sistema in cui c’è un alto livello di parallelismo politico, ovvero in cui politica e media interagiscono molto, come la gestione governativa della televisione pubblica.
Sabrina Carnemolla