Certo, spogliarsi di un pregiudizio è difficile e Napoli lo sa bene, soprattutto in questi tempi di emergenza è una città accerchiata dai media. Non basta la normalità a cui siamo sottoposti da prima dell’emergenza causata dalla Covid-19: continuamente gli ultimi della lista, il fanalino di coda del Paese ma i primi di una qualsiasi black list, Napoli c’è e primeggia, in tutti i sensi. Naturalmente si ricorre all’ironia, ma ci sarebbe poco da ironizzare, siamo un po’ come i matti: afflitti da uno stigma di cui è difficile liberarsi.
No, non è il solito piagnisteo, checché ne dica Mentana: certamente di questi tempi basta una goccia in più per fare rovesciare l’intero vaso. In questi giorni di quarantena c’è tanto tempo per riflettere, c’è così tanto spazio per mettere ordine che a un certo punto le risposte diventano necessarie. Non basta più “andare oltre” come molti consigliano: ma perché vi ripugna parlare bene di Napoli? Sarebbe umiliante se la mia città fosse presa in considerazione dai media solo perché siamo dei “ridicoli piagnoni“, citando nel merito Mentana, ma se in una emergenza come quella che stiamo affrontando riusciamo a distinguerci sul piano sanitario, per Open siamo quelli del “c’è anche una eccellenza”.
La povera Lombardia è in ginocchio: la regione più colpita dalla Covid-19 non ha retto anche per evidenti errori da parte del duo Fontana – Gallera, perché dobbiamo dircelo e non per ripicca o competizione, ma per consapevolezza. Dobbiamo dirci che in Lombardia il sistema sanitario ha fallito, e di come questi errori abbiano portato alla morte di centinaia di anziani e operatori sanitari all’interno delle RSA utilizzate come presidi senza alcuna organizzazione o prevenzione. Allo stesso tempo bisogna dire e raccontare, perché come diceva Luis Sepúlveda “raccontare è resistere”: ecco, i media raccontassero che nel bistrattato Sud Italia, nella “terra di nessuno” c’è un’eccellenza sanitaria che parte da Napoli, ed è l’ospedale Cotugno.
Perché quando i media lo scrivono non si fa una concessione al Mezzogiorno, ma si pongono le basi per una ampia riflessione. Una riflessione che dovrebbe portare ad un nexus idearum, a un collegamento delle idee per capire come migliorare la sanità nazionale partendo dalle esperienze attuali, nonché dagli errori. Invece cosa accade? Accade che le argomentazioni vengano ridotte a sterili competizioni, un’arringa permanente che non trova sintesi, non trova giudizio se non, come spesso accade, con sofismi verbali conclusivi che lasciano ognuno con le proprie ragioni.
Un altro paradosso è questa corsa affannosa che i media compiono per poter criticare Napoli: solo poco tempo fa al TG3 erano in cerca di possibili assembramenti, e non trovandoli si dichiaravano “sfortunati”. Insomma, sembrano non bastare i controlli da Stato di polizia, le dirette di elicotteri che stanano possibili untori in spiaggia e droni che impegnano i nostri cieli, in questo periodo di quarantena i media sembrano non voler firmare alcun armistizio con la città partenopea.
Nel frattempo, benché ci siano altri ad alimentare spaccature tra Nord e Sud – vedasi l’ultima supercazzola di Feltri che accusa il Mezzogiorno di aver “ciucciato quattrini dalle tasche di noi lavoratori” e avvisa di fare attenzione “a non tirare troppo la corda” perché “noi senza di voi campiamo alla grande”, l’idea dell’oncologo napoletano Ascierto contro la Covid-19 funziona e sta facendo scuola anche all’estero. Il metodo di Paolo Ascierto per combattere il virus dunque funziona, tantissimi pazienti vengono ogni giorno estubati seguendo lo stesso metodo; al Covid hospital Boscotrecase, per esempio, non c’è alcun paziente in terapia intensiva, questo quanto dichiarato dal direttore sanitario Gaetano D’Onofrio dell’Asl Napoli 3 Sud, che oltre a utilizzare il farmaco anti-artrite, utilizza l’eparina per prevenire il tromboembolismo venoso.
Intanto la Campania, malgrado questa incessante opposizione da parte dei media, inizia a vedere la luce in fondo al tunnel, grazie certamente al comportamento responsabile e coscienzioso dei propri cittadini (altro che sceriffo). Riportare i numeri, per quanto favorevoli, risulta azzardato: in Campania i positivi giornalieri sono ormai stabilmente sotto i 100, ma è un dato poco affidabile ed approssimativo, come i dati di una qualsiasi Regione d’Italia, perché non esiste un’analisi dei tamponi su un campione statistico rappresentativo che possa riguardare l’intera popolazione. Una prassi del genere non aiuta a capire il reale numero di contagi, degli asintomatici o dei sani e dei guariti, un errore che il Paese potrebbe pagare, e caro, in una possibile fase-2.
Anche questa volta, dinanzi alla pandemia, non sono la Campania o Napoli a risultare ultime degli ultimi: è il genere umano che, riprendendo Antonin Artaud, con “il liberalismo capitalista dei tempi moderni ha relegato all’ultimo posto i valori dell’intelligenza, l’uomo moderno si muove come una bestia o come l’uomo spaventato dei tempi primitivi. Per preoccuparsene, aspetta che queste verità diventino atti, e che si manifestino attraverso terremoti, epidemie, carestie, guerre, ossia col tuono del cannone”.
Il dolore di oggi è il dolore di tutti, come la rabbia che ognuno prova davanti alle negligenze di chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini. Eppure sappiate che qui nessuno festeggia le perdite in Lombardia, in Veneto, in Emilia; ognuno di noi ha persone care che vivono in quelle zone, siamo tutti disarmati davanti allo stesso nemico, auguriamoci semplicemente non solo di uscirne, ma di avere giustizia, affinché chi ha sbagliato paghi.
Bruna Di Dio
Trovo giustissimo quanto esposto, però noi Campani abbiamo alimentato e continuiamo ad alimentare una immagine distorta della nostra regione. I films, il teatro, la letteratura, gli attori, i cantanti, la TV, i catastrofisti non hanno fatto altro che far divenire la Campania da Felix a Terra dei Fuochi. Faccio un es.: gli episodi del “Commissario Montalbano” hanno portato a far conoscere con simpatia una Sicilia: bella, accogliente, moderna, con un linguaggio siculo comprensibile a tutti viceversa. Episodi, invece, come: “I bastardi di Pizzofalcone” peggio ancora il film “Gomorra”, hanno dato una immagine non solo violenta ma sicuramente peggiorativa della nostra regione. Hanno presentato gli aspetti peggiori con località paurose e con un linguaggio, specialmente Gomorra, che io da napoletano non riuscivo a capire. Se continuiamo a presentare agli altri una Campania violenta , incivile e sporca non dobbiamo lamentarci se qualcuno ci considera parassiti, incapaci, sfaticati, camorristi, violenti e lamentosi, perchè chi vede e sente episodi del genere , non conoscendo la vera realtà, da un pessimo giudizio di noi. Scusate il mio modesto parere, ma io la vedo cosi e mi dispiace tantissimo perché mi sento orgogliosamente NAPOLITANO.
Un articolo dove è chiaro che si può essere degli ottimi giornalisti senza essere ago della bilancia.
“Complimenti”
E’ vero, manca una voce nel giornalismo italiano che ha mancato di riportare, con atteggiamento di semplice rispetto e dignità, la cronaca di Napoli, da quando si vaticinava con eccesso di faciloneria il disastro biblico (che non c’è stato) alle ultime ore in cui, purtroppo (?!), si deve prendere atto che alcune realtà ospedaliere di Napoli hanno svolto ottimamente il loro ruolo e che gettano una luce di speranza in un futuro che non sia solo quello dei momenti emergenziali.
La brava autrice dell’articolo non se ne abbia, in Italia siamo refrattari a leggere la realtà per quella che è. Indossando casacche più o meno d’occasione strattoniamo la realtà a destra e a manca, penalizzando i tanti che lavorano con totale impegno in ogni campo e che non hanno cittadinanze prestabilite.
Non vivo a Napoli, non vivo in Campania ma mi piace sentirmi vicino ad un sentimento di orgoglio che deve essere giustamente rivendicato. Ottimo editoriale!